Per le aziende in arrivo il nuovo decreto che farà chiarezza tra rifiuti “speciali” e “urbani”. Nel frattempo le tariffe crescono: un costo nazionale di 9 miliardi per imprese e cittadini – Matzutzi (Confartigianato Sardegna): “Il Ministero ha recepito le nostre richieste: decreto atteso dal 1984”. Ma lo scoglio da superare saranno gli Enti Locali.
Sono in arrivo novità importanti per lo smaltimento rifiuti delle aziende e, di conseguenza, per le tariffe da applicare e corrispondere.
A breve, un decreto del Ministero dell’Ambiente stabilirà quali saranno i rifiuti delle attività produttive che potranno essere immessi nel servizio pubblico e da quali superfici dovranno derivare. Secondo ciò che verrà approvato si capirà quali saranno le nuove norme per regolamentare il servizio pubblico di smaltimento per le aziende, quindi la regolamentazione dell’applicazione della tariffa da imporre.
“É dal 1984 che attendiamo il decreto – afferma Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – per questo, da alcuni mesi, la Confartigianato porta avanti un confronto con i funzionari del Ministero dell’Ambiente, proponendo il punto di vista delle imprese e sottolineando le molte differenze comportamentali e di regolamentazione dei singoli Comuni”. “Le nostre proposte sono semplici e chiare – precisa Matzutzi – chiediamo l’esclusione dell’assimilazione dei rifiuti urbani prodotti nelle superfici dei laboratori, nei magazzini, di materie prime e prodotti finiti e nelle mostre, lasciando comunque la possibilità alle singole imprese di richiedere il servizio pubblico al comune”.
Tale indicazione potrebbe significare che la non assimilazione dei rifiuti, avrà come inevitabile conseguenza la non applicazione della tassa (TARI). Se invece la singola impresa richiederà il servizio di smaltimento comunale, allora dovrà pagare l’apposito tributo. Questo è ciò che è stato sostenuto nel confronto con il Ministero dell’Ambiente.
Confartigianato Imprese Sardegna sottolinea come molti Comuni, indipendentemente dalla effettiva produzione di rifiuti assimilabili, impongano il pagamento del servizio di smaltimento per il semplice fatto di essere previsto. In molti casi viene poi ancora applicata la TARI su quelle superfici in cui sono installati macchinari e attrezzature, aree in cui è evidente l’impossibilità di produrre rifiuti.
“Noi auspichiamo che il decreto venga approvato senza alcuna modifica rispetto alla bozza che conosciamo e per la quale abbiamo lavorato – riprende il Presidente di Confartigianato Sardegna – anche se crediamo che questa difficilmente verrà condivisa delle Pubbliche Amministrazioni. In ogni caso, questo passaggio chiarirà definitivamente alcuni aspetti oggetto di confronto e, a volte, scontro, fra aziende e pubbliche amministrazioni”.
Per Confartigianato Sardegna è una normativa quindi molto attesa che potrebbe rivoluzionare l’impostazione del servizio pubblico ma che offre anche la possibilità alle Pubbliche Amministrazioni di dare una diversa impostazione al servizio basandolo prevalentemente sull’effettivo peso dei rifiuti consegnato e applicando il giusto costo (ognuno paga per i rifiuti che produce e smaltisce), e questo renderebbe tutti, cittadini e imprese, più consapevoli dell’importanza del servizio.
Ma quale è il costo dei rifiuti? Per famiglie e imprese un salasso da 9 miliardi l’anno
Secondo una recente indagine della CGIA di Mestre, il costo dell’asporto rifiuti continua a salire: quest’anno le famiglie e le imprese italiane pagheranno 9,1 miliardi di euro. E gli aumenti che interesseranno le attività produttive doppieranno l’inflazione.
E’ stato calcolato che tra il 2016 e il 2017, infatti, i negozi di frutta, i bar, i ristoranti, gli alberghi e le botteghe artigiane subiranno un aumento della tariffa dei rifiuti oscillante tra il 2 e il 2,6 per cento. Per le famiglie, invece, l’incremento sarà leggermente più contenuto. Per un nucleo con 2 componenti la maggiore spesa sarà del 2 per cento, con 3 dell’ 1,9 per cento e con 4 dello 0,9 per cento. Per l’anno in corso, viceversa, l’inflazione è prevista in aumento dell’1,2 per cento.
Le tariffe salgono nonostante la produzione dei rifiuti abbia subito in questi ultimi anni di crisi una contrazione di 3 milioni di tonnellate, l’incidenza della raccolta differenziata sia aumentata di 20 punti percentuali e la qualità del servizio non abbia registrato alcun miglioramento. Anzi, in molte grandi aree urbane del paese è addirittura peggiorata.
Con il pagamento della bolletta non si coprono solo i costi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, ma anche le inefficienze e gli sprechi del sistema.
Sebbene in questi ultimi 2 anni il Governo abbia imposto l’obbligo di non aumentare le tasse locali, gli amministratori si sono “difesi” tagliando i servizi e/o aumentando le tariffe che, per loro natura, non contribuiscono ad appesantire la pressione fiscale, anche se hanno un impatto molto negativo sui bilanci di famiglie e imprese.
Nel corso degli ultimi anni sono state numerose le novità che hanno riguardato il prelievo dei rifiuti: si è passati dalla TARSU (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) alla TIA (Tariffa di igiene ambientale); nel 2013 ha fatto il suo debutto la TARES (Tassa rifiuti e servizi) e dal 2014, infine, tutti i Comuni applicano la TARI (Tassa sui rifiuti). Quest’ultima tassa si basa sul principio stabilito dall’Ue che “chi inquina paga”, confermando il legame tra la produzione dei rifiuti e l’ammontare del tributo. Rispetto alla Tarsu, le successive forme di prelievo sono andate nella direzione di coprire integralmente il costo del servizio. Con la TIA questa previsione era stata prorogata e mitigata, mentre con la TARES prima e la TARI poi, questa prescrizione è stata resa operativa.
L’applicazione di questo principio si è tradotto in un forte incremento dei costi per gli utenti. I risultati riportati più sopra sono stati ottenuti considerando le superfici medie definite dall’Istat di alcune tipologie di immobili strumentali presenti nel paese. Le tariffe, invece, sono quelle medie applicate dai principali Comuni capoluogo di regione.
Con l’introduzione della Tari è stato ulteriormente confermato l’assunto che il costo del servizio in capo all’azienda che raccoglie i rifiuti dev’essere interamente coperto dagli utenti, attraverso il pagamento del tributo. E il problema, purtroppo, sta proprio in questo principio. Le aziende di asporto rifiuti, di fatto, operano in condizioni di monopolio, con dei costi spesso fuori mercato che famiglie e attività produttive, nonostante la produzione dei rifiuti sia diminuita e la qualità del servizio offerto non sia migliorata, sono chiamate a coprire con importi che in alcuni casi sono del tutto ingiustificati.
Rifiuti: prelievo sulle attività economiche (media nazionale – Indagine CGIA)
Costo 2017 |
Differenza % 2016-2017 |
Differenza assoluta 2016-2017 |
|
Ortofrutta 50 mq |
1.385 |
+2,1% |
+29 |
Ristoranti 150 mq |
3.442 |
+2,0% |
+69 |
Bar 50 mq |
895 |
+2,5% |
+22 |
Attività artigianali parrucchiere e barbiere 70 mq |
464 |
+2,6% |
+12 |
Albergo 1.200 mq |
6.837 |
+2,0% |
+132 |
Studi professionali 130 mq |
1.002 |
1,9% |
+19 |
Attività artigianali: carrozzeria, autofficina, elettrauto 150 mq |
584 |
+2,6% |
+15 |