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Giuseppe Lavenia: «Togliere il cellulare ai ragazzi è come prendere la loro identità»

cellulareSenigallia (An), 9 ottobre 2017 – Mentre al Ministero discutono sul tema dei cellulari in classe a titolo di strumenti didattici, le cronache continuano a raccontarci episodi di violenze o di denunce da parte dei ragazzi ai docenti e agli istituti scolastici. Un’insegnante, a Monserrato, nel cagliaritano, non più tardi della scorsa settimana, per aver più volte rimproverato un alunno che usava il cellulare in classe è stata picchiata: sono dovuti intervenire i carabinieri. Sempre nella provincia sarda, un diciottenne redarguito per l’uso del device in classe viene invitato a estrarre la Sim dal telefono e a metterlo in una cassetta, come tutti gli altri compagni, ma anziché adempiere al compito, minaccia la prof e tenta di danneggiare la sua auto fuori dalla scuola. Leggeremo sempre più spesso di questi fenomeni? «Stiamo assistendo a un grosso cambiamento: da utilizzatori di internet siamo diventati creatori del mondo in internet», premette il Professor Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullismo. «Per nutrire i social con post e immagini serve tempo, altrimenti, la rete non esisterebbe. Tempo che gli adolescenti impiegano sia come anti noia sia per costruire la loro identità, che per forza di cosa oggi passa anche dal virtuale».

Perché i ragazzi scattano e aggrediscono senza pensarci su due volte? «Viviamo in una realtà aumentata e chi ha a che fare con gli adolescenti deve comprendere che sottrarre loro il cellulare è come prendere una parte di sé, una parte della loro identità.Inevitabilmente fa arrabbiare, e in alcuni casi diventare violenti, esattamente come succedeva agli adolescenti pre-internet quando veniva vietato loro l’uso di qualcosa che consideravano importante. È cambiato l’oggetto di interesse, ma non il modo di reagire. Questo, però, non giustifica la violenza, in nessun caso», spiega il Presidente Giuseppe Lavenia. «A mio avviso, dobbiamo utilizzare modalità differenti e non repressive, anche a scuola». E a casa? «I genitori dovrebbero conoscere sempre di più questo mondo, accompagnando i figli nei vari passaggi della crescita, come è sempre stato prima di internet. Gli strumenti tecnologici sono parte integrante dei nostri giorni e dobbiamo imparare a dosarli prima noi adulti, dando il buon esempio ai ragazzi».  

 

Giuseppe Lavenia è psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo. Dal 2002 si occupa di dipendenze tecnologiche ed è Direttore Responsabile dell’Area Nuove Dipendenze del Centro Salus e di Dipendenze.com. Dal 2013 è Vice Presidente dell’Ordine degli Psicologici della Regione Marche e consigliere nazionale ENPAP. Oltre alle numerose pubblicazioni scientifiche su riviste di settore accredite sulla tematiche delle dipendenze, è autore di “Internet e le sue dipendenze. Dal coinvolgimento alla psicopatologia” (Franco Angeli) ed è coautore del romanzo clinico che racchiude quattro racconti sul tema delle internet dipendenze intitolato “Net Addiction. Prigionieri della rete” (Delos Digital). Attualmente è Docente a contratto di Psicologia del lavoro e delle Organizzazioni presso l’Università degli Studi di Ancona, già docente di diversi insegnamenti presso l’università degli Studi di Chieti e Urbino (Psicologica dell’Età Evolutiva, Psicologia della Salute e Nuove Dipendenze, Psicologia Dinamica, Teorie e tecniche del colloquio psicologico, psicologia clinica). Partecipa a Congressi in ambito nazione e internazionale, scrive e collabora con diverse testate giornaliste, radio e Tv.

www.dipendenze.com

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