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Convegno “Il Carcere che verrà” – Verso la riforma del sistema penitenziario.

6abe4cc4-e3d7-4bc1-932f-e0408caa81c9Organizzato dal Garante regionale dei Diritti dei Detenuti in collaborazione con l’Università di Macerata, l’Ordine degli Avvocati di Macerata, l’Ordine degli Assistenti Sociali delle Marche e la Società di San Vincenzo De Paoli,venerdì 1 e sabato 2 dicembre si volgerà a Macerata il convegno IL CARCERE CHE VERRÀ – Verso la riforma del Sistema penitenziario.

La prima sessione inizierà alle 15 di venerdì nell’auditorium dell’Università e avrà per tema: “Infanzia e carcere: quale tutela”. Interverranno Francesco Cascini, magistrato e Capo Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità; Antonio Crispino, giornalista collaboratore del Corriere della Sera; Antonio Marsella, docente di Politica Sociale Università del Salento; Lia Sacerdote dell’Associazione Bambini senza Sbarre e Piergiorgio Morosini, componente del Consiglio Superiore della Magistratura. Introdurrà i lavori Gian Piero Turchi, psicologo dell’Università di Padova. A presiedere la sessione sarà Andrea Nobili, Garante Regionale dei diritti di adulti e bambini. Porterà i saluti della San Vincenzo De Paoli Claudio Messina, volontario penitenziario e delegato nazionale del Settore carcere.

La sessione di sabato 2 dicembre si terrà invece presso il Polo didattico Pantaleoni e affronterà il tema della riforma dell’Ordinamento penitenziario, sulla base delle risultanze degli Stati generali dell’esecuzione penale. L’introduzione sarà affidata a Lia Caraceni, docente di Diritto penitenziario all’Università di Macerata. Si confronteranno sul tema: Glauco Giostra, che presiede la Commissione di Riforma dell’Ordinamento penitenziario; Fabrizio Siracusano dell’Università di Catania; Marcello Bortolato, presidente del Tribunale di sorveglianza di Firenze; Gabriele Terranova, dell’Unione Camere Penali e Lucia Castellano, D.G. dell’Amministrazione Penitenziaria – Ufficio Esecuzione Penale Esterna. In veste di moderatore Maria Cristina Ottavianoni dell’Ordine degli Avvocati maceratese.

Per partecipare al convegno è necessario accreditarsi inviando una e-mail a:

garantediritti@consiglio. marche.it

NOTE

Si calcola che nell’Unione Europea siano circa 800.000 i minori che vivono una situazione di separazione a causa delle detenzione di uno o di entrambi i genitori. Ogni anno in Italia sono circa 100.000 i minori che varcano le soglie degli Istituti penali per andare a trovare i loro cari (padri, madri, fratelli, sorelle, nonni, zii). I dati sopra citati sono una stima molto prudente, poiché non rilevata nelle statistiche ufficiali, ma frutto di un’analisi di associazioni di volontariato che si occupano dei detenuti e dei loro figli.

Nelle carceri italiane ci sono attualmente circa 60 bambini di età compresa da pochi mesi a 6 anni, che vivono dietro le sbarre con le loro madri, anche se in regime di custodia attenuata rispetto alle altre detenute. La presenza dei bambini in carcere è una scelta della madre, che spesso non ha altre alternative che tenere con sé il figlio, perché anche il marito è detenuto o non ci sono parenti cui affidare il bambino.

Dal 1975 ad oggi vi sono stati vari interventi legislativi tendenti a correggere questa stortura, poiché i bambini sono per definizione innocenti e hanno diritto a vivere una condizione adatta al loro sviluppo fisico e mentale, cosa che il carcere, pur con tutti gli accorgimenti possibili, non può garantire. “Mai più bambini in carcere” è diventato lo slogan di varie associazioni (come “A Roma insieme”) che da anni si battono per eliminare questa palese ingiustizia, ma i bambini che vivono in cella con la madre continuano a crescere con i ritmi carcerari, ad orari fissi, tra divise e chiavistelli, sbarre e blindi, odori e rumori del carcere.

Un’alternativa assai più vivibile per le madri ed i bambini sono gli Icam (Istituti a Custodia Attenuata per detenute madri). Il primo sorse nel 2006 a Milano, ma in questi anni solo pochi altri se ne sono aggiunti (a Venezia e a Torino, ma questi nelle pertinenze del carcere).

Gli Icam sono concepiti per essere al di fuori delle strutture carcerarie, seppure in case attrezzate per garantire la sicurezza. Quindi ancora porte blindate e sbarre alle finestre, ma i locali sono assai più accoglienti e colorati, molto simili ad un ambiente familiare. Gli agenti hanno abiti civili, ci sono più educatori e il volontariato è molto attivo nel seguire i bambini, accompagnandoli fuori durante la giornata. Tuttavia i piccoli continuano a percepire le inevitabili restrizioni, vedono persone femminili di cui non comprendono il ruolo, mentre manca completamente la figura maschile di riferimento. La Casa famiglia protetta è un’altra possibile soluzione nei casi in cui alla madre vengano concesse misure alternative alla detenzione. Vi sono associazioni disponibili ad accogliere, con tutte le precauzioni e i vincoli imposti, ma passare all’attuazione pratica non è così scontato.

È una situazione molto complessa da districare per il legislatore, che deve comunque garantire l’espiazione della pena della madre, tutelare i diritti del bambino e il rapporto madre-figlio, particolarmente importante in tenera età.

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