Sclerosi Multipla: un editoriale smonta l’interpretazione dei risultati dello studio Brave Dreams sulla CCSVI
E’ stato pubblicato sul sito della rivista scientifica Veins and Lymphatics un editoriale di commento allo studio clinico Brave Dreams intitolato “Brave Dreams: An overestimated study, crippled by recruitment failure and misleading conclusions” (Brave Dreams: uno studio sopravvalutato, con il fallimento nel reclutamento e delle conclusioni fuorvianti) da parte di un gruppo internazionale di medici e scienziati, che smonta l’interpretazione dei risultati dello studio Brave Dreams sull’efficacia dell’angioplastica per la CCSVI nella sclerosi multipla.
Di seguito il testo tradotto in italiano:
Brave Dreams: uno studio sopravvalutato, con il fallimento nel reclutamento e delle conclusioni fuorvianti
Un recente studio, pubblicato su JAMA Neurology, di indagine sull’utilizzo dell’angioplastica transluminale percutanea (PTA) per correggere l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI) nei pazienti con sclerosi multipla (SM) ha concluso che: la PTA venosa ha dimostrato di essere una tecnica sicura, ma in gran parte inefficace; il trattamento non può essere raccomandato nei pazienti con SM. Questa è una dichiarazione piuttosto curiosa per uno studio che è stato gravemente sottodimensionato. Non sorprende che, viste le reazioni all’idea che la compromissione del ritorno venoso possa influenzare la progressione della SM, la pubblicazione di questo studio sia stata seguita da diversi editoriali che hanno evidenziato il potere dei social media di influenzare gli studi ed il trattamento delle malattie.
Lo studio clinico Brave Dreams è stato una valutazione multicentrica, randomizzata, controllata con placebo sull’efficacia e sulla sicurezza della PTA venosa delle vene extracraniche ed extravertebrali che contribuiscono alla CCSVI nei pazienti con SM. Coinvolti sei centri accreditati dal servizio sanitario nazionale italiano. Hanno partecipato solo medici formati ed accreditati in risultati funzionali, il funzionamento dell’ecocolordoppler (ECD) e della flebografia con catetere con e senza PTA. I pazienti nello studio avevano tra i 18 ed i 65 anni e avevano una diagnosi di SM recidivante-remittente (RR) o secondariamente progressiva (SP) con punteggio della scala EDSS (Extended Disability Status Scale) tra 2 e 5,5, una durata della malattia di 15 anni o meno, una condizione neurologica stabile da almeno 30 giorni, la CCSVI come determinata dall’ECD, non aver ricevuto un trattamento specifico per la SM da almeno sei mesi, nessuna PTA precedente né una esperienza con determinati farmaci come il fingolimod.
I risultati primari misurati a 12 mesi erano un punteggio composito funzionale e lesioni rilevabili con la risonanza magnetica. E’ stato sviluppato un nuovo punteggio composito funzionale sulla base di menomazioni funzionali comunemente vissute come il controllo della deambulazione, l’equilibrio, l’abilità manuale, il volume del residuo urinario post-minzionale, l’acutezza visiva, ecc. I pazienti sono stati valutati ed inseriti in categorie migliorati, stabili, peggiorati o misti . L’analisi con RM ha raggruppato i pazienti in categorie con nuove lesioni e / o ingrandite rispetto al basale e quelli privi di lesioni. I risultati secondari includevano i tassi annuali delle recidive, i cambiamenti nel punteggio della scala EDSS e la proporzione dei pazienti con un flusso venoso ripristinato.
È stata eseguita un’analisi statistica sulla potenza che ha dimostrato che rilevare lesioni minori nei pazienti con SM RR al 90% di potenza (un a di 0,05) richiederebbe l’inserimento nello studio di 423 pazienti mentre all’80% di potenza richiederebbe l’inserimento di 300 pazienti. Per i pazienti con SM SP una potenza del 90% richiederebbe l’inserimento di 222 pazienti. Ma quanti pazienti sono stati effettivamente inseriti nella sperimentazione clinica? Solo 115 pazienti con SM RR, di cui 112 hanno completato lo studio mentre sono stati inseriti solo 15 pazienti con SM SP. Qui sta il problema principale dello studio: la potenza statistica insufficiente. Questo studio incompleto non avrebbe dovuto essere pubblicato, ma dovrebbero essere stati istituiti centri aggiuntivi per garantire un adeguato numero di pazienti.
Quello che lo studio ha scoperto è che non c’erano sostanzialmente differenze nel punteggio composito funzionale tra i gruppi PTA e placebo della SM RR. Tuttavia, il 73% del gruppo PTA non presentava nuove lesioni che potenziavano il gadolinio (ndr: mezzo di contrasto) rispetto al 49% nel gruppo placebo (P = 0,08). Per i risultati secondari lo studio ha mostrato che il 23% del gruppo PTA aveva almeno una recidiva (tasso annualizzato dello 0,32) rispetto al 31% (tasso annualizzato di 0,39) del gruppo placebo, ma questa non era una differenza significativa.
Nella SM SP non c’erano differenze nel punteggio funzionale composito tra i due gruppi; tuttavia, il 100% del gruppo PTA (n = 10) non ha sviluppato nuove lesioni rispetto al 40% nel gruppo placebo (n = 5).
In sintesi, c’era una tendenza per un minor numero di nuove lesioni in entrambi i gruppi SM RR e SP se avevano avuto la PTA e meno recidive nel gruppo PTA di pazienti con SM RR.
Tuttavia, non c’erano differenze tra i due gruppi per i punteggi compositi funzionali e di EDSS. Circa il 41% del gruppo SM RR è migliorato rispetto al 49% del placebo, mentre il 12% del gruppo SM RR e il 19% del placebo sono peggiorati nei restanti pazienti che mostravano un esito misto. Curiosamente, i punteggi medi di EDSS sono diminuiti da un punteggio medio di 2,5 a 2,0 sia nei gruppi trattati con PTA sia in quelli trattati con placebo.
Quali sarebbero stati i risultati se lo studio avesse avuto la potenza statistica necessaria? Si evidenzia che in un ampio studio in cui 366 pazienti con SM che sono stati sottoposti a PTA per correggere la CCSVI e sono stati seguiti per 4 anni, la PTA ha portato a miglioramenti clinici significativi, specialmente nel gruppo di pazienti con SM RR. I pazienti sono stati suddivisi nei gruppi RR (264), primariamente progressivi (PP) e SP. Tutti i pazienti erano stati sottoposti ad un colordoppler e hanno compilato un questionario sui seguenti sintomi: diplopia, stanchezza, cefalea, intorpidimento / mobilità degli arti superiori, intorpidimento / mobilità degli arti inferiori, sensibilità termica alterata, controllo della vescica, coordinazione dell’equilibrio, qualità del sonno, vertigini, concentrazione mentale ed attività lavorativa. I pazienti con CCSVI sono stati quindi sottoposti a PTA e sono stati seguiti per 4 anni. È importante osservare che il ricercatore che ha effettuato gli esami ecocolordoppler e ha analizzato i dati del questionario era completamente indipendente dai chirurghi vascolari che avevano eseguito la PTA. Questo ampio studio ha dimostrato che nei pazienti con SM RR i miglioramenti del flusso venoso erano di lunga durata quando le anormalità non erano così gravi.
Inoltre, il miglioramento del deflusso venoso è stato associato a miglioramenti duraturi dei sintomi clinici con miglioramenti in: oltre il 90% di diplopia, stanchezza, cefalea, qualità del sonno, vertigini e capacità di concentrazione mentale; oltre l’80% nel controllo dell’equilibrio e nelle funzioni degli arti superiori e inferiori; e oltre il 65% nel controllo della vescica e nella sensibilità termica. Al contrario, sebbene i pazienti con SM SP e PP abbiano mostrato alcuni miglioramenti clinici iniziali dopo l’angioplastica, questi sono scomparsi entro 2-12 settimane.
Un problema con lo studio Brave Dreams è che solo circa la metà dei pazienti aveva migliorato il flusso venoso dopo la PTA. Chiaramente, le ragioni alla base di questa sorprendente incapacità di migliorare il flusso sanguigno in quasi il 50% dei pazienti trattati per CCSVI devono essere studiate. Gli autori sono incoraggiati a pubblicare una revisione della metodologia tecnica e dei risultati del loro studio in modo che le tecniche possano essere analizzate e che venga preso in considerazione il miglioramento della tecnica utilizzata. È ugualmente importante delineare quale sottoinsieme di pazienti con SM risponde alla PTA. Si evidenzia che l’endoarterioctomia carotidea, che ora è una tecnica di prevenzione dell’ictus comunemente accettata in un sottogruppo di pazienti, era stata contestata nel 1984. La sfida nel determinare l’efficacia dell’endoarterioctomia consisteva nel definire quale sottoinsieme di pazienti aveva beneficiato dell’intervento. Tutto ciò è stato ora chiarito. Coloro che hanno eseguito l’angioplastica per correggere la CCSVI nei pazienti con SM hanno notato che solo un sottogruppo di pazienti ha beneficiato del trattamento. Sono necessari ulteriori studi per identificare il sottogruppo di pazienti con SM e con CCSVI che possono beneficiare del trattamento.
Ciò che si è osservato è stata la mancanza di un’analisi funzionale composita dei risultati del sottogruppo di pazienti trattati con PTA (54%) in cui il flusso sanguigno è migliorato rispetto ai pazienti in cui il flusso sanguigno non è stato migliorato. Dopotutto, uno degli obiettivi della PTA nel trattamento della CCSVI è il miglioramento del deflusso venoso e del drenaggio del liquido cerebrospinale per migliorare la perfusione cerebrospinale. E, come osservato sopra, nello studio di follow-up di Bavera sono stati rilevati miglioramenti clinici solo se ci sono stati miglioramenti nel deflusso venoso dopo la PTA. Inoltre, perché non è stata prestata attenzione al fatto che il 38% del gruppo trattato con il placebo aveva un flusso sanguigno migliorato, dopo tutto il miglioramento del flusso sanguigno, indipendentemente dal tipo di trattamento è auspicato per migliorare i sintomi della SM. A prima vista, il miglioramento del flusso sanguigno dopo il trattamento con placebo è sorprendente; forse è possibile migliorare il flusso valvolare ed altre alterazioni endoluminali con la sola cateterizzazione stessa. Inoltre, vi sono alcune evidenze che suggeriscono che la PTA può migliorare la funzione autonomica che può migliorare il flusso sanguigno stesso. In questo caso diventa importante sapere se il miglioramento del flusso venoso, indipendentemente dal trattamento, migliora i risultati. Questo non è stato affrontato nella pubblicazione.
Dovrebbe essere considerata nello studio Brave Dreams la possibilità di carenze tecniche come contributo allo scarso ripristino del flusso. Segnalare i risultati clinici di una nuova procedura senza riportare anche i parametri tecnici della procedura come raccomandato dalla Società Internazionale per le Malattie Neurovascolari (ISNVD) e dalla Società di Radiologia Interventistica impedisce una vera critica della procedura. Molti aspetti di questa terapia dipendono dai risultati diagnostici, come l’uso dell’ecografia intravascolare, il grado di stenosi, il numero di compressioni estrinseche, l’incidenza di reti, frammenti, la duplicazione del setto e delle reti, il tempo di transito, il ristagno, il reflusso e anche sulla tecnica, come la dimensione del palloncino rispetto alla dimensione del vaso, punto finale dell’angioplastica, la pressione dell’angioplastica, il numero e la durata dei gonfiamenti del palloncino, la stenosi residua, l’incidenza di dissezione. Senza queste informazioni, i radiologi interventisti non possono valutare la validità dei risultati, o capire perché a quasi la metà dei pazienti non è stato possibile migliorare il flusso dopo l’angioplastica né si possono sviluppare miglioramenti nelle tecniche.
Una conclusione definitiva da questo studio randomizzato, in cieco, è che la PTA per correggere la CCSVI è sicura. Questa non è una nuova scoperta dal momento che la sicurezza della PTA per correggere la CCSVI era già stata descritta in precedenza. Abbiamo inoltre osservato che se si uniscono i pazienti con SM recidivante-remittente e secondariamente progressiva nella PTA (rispettivamente n = 73 e n = 10) e placebo (rispettivamente n = 37 e n = 5) e si esamina l’assenza di nuove lesioni, si trova che 56/83 pazienti PTA e 21/42 pazienti placebo non presentavano nuove lesioni. Un’analisi del test chi quadrato mostra che la probabilità che il trattamento con PTA non abbia alcun effetto è di 0,058. Come già osservato, lo studio di Brave Dreams è stato notevolmente sottodimensionato e l’analisi statistica suggerisce che su questa base sono ben giustificati ulteriori studi e si invitano gli autori a continuare ad inserire altri pazienti nel loro studio clinico e, in particolare, a scavare più a fondo nei dati. Vi è un’abbondanza di evidenze del fatto che le comorbilità hanno un effetto sulla progressione della disabilità nella SM ed è quindi non irragionevole ipotizzare che i problemi di deflusso venoso dal SNC comprometterebbero la progressione verso la disabilità.
Fonte: http://www.pagepressjournals.org/index.php/vl/article/view/7340