LIMBADI (VV). – «Me ne vado con la coscienza a posto, da semplice cittadina ho sempre fatto anche più del mio dovere, i rimorsi li lascio a chi non fa il proprio dovere». Lia Staropoli.
Con queste parole, Lia Staropoli poche ore fa sul suo profilo facebook ha annunciato che andrà via dalla sua terra natia, da Limbadi, in quel di Vibo Valentia, in Calabria.
La motivazione? Minacce, minacce… e sempre minacce di morte.
E sì, Lia è una donna che da anni sta combattendo contro il cancro della Calabria, dalla ‘ndrangheta, che ogni ora di ogni santo giorno la controlla, la minaccia. Da sempre impegnata in prima linea contro le mafie, in particolare contro quella calabrese, Lia Staropoli è laureata in Giurisprudenza. È un’attivista antimafia ed è la presidente di “ConDivisa – Sicurezza e Giustizia”, l’Associazione Nazionale che Sostiene gli Uomini e le Donne in Divisa perché la sicurezza è un obiettivo comune tra cittadini ed Istituzioni. È anche presidente del “Legale Sindacato Autonomo Polizia Vibo Valentia”. Ha scritto, per chi non lo sapesse ancora, un libro “La «santa» setta” – Laruffa Editore, che narra il potere della ‘ndrangheta sugli affiliati e il consenso sociale sul territorio, mettendo a nudo tuto ciò che fa la mafia calabrese. Un libro che ha nel suo intrinseco messaggio quello di scardinare il “sistema ‘ndrangheta”, che non è solo l’attività criminale più efferata, anche commistioni e tentacolari allacci con tutte le istituzioni, scritto con attente ricerche antropologiche, culturali e sociali, di un territorio avvelenato dalla mafia. Ma è anche un libro che indica la strada per come combattere con tecnicismi giurisprudenziali la criminalità organizzata.
Una donna sempre al fianco delle istituzioni, a chi indossa una divisa, a chi difende i cittadini dall’oppressione e dalla malvagità dei mafiosi. Perfino durante i nove mesi di gravidanza Lia è stata oggetto di attenzioni, appostamenti, minacce della ‘ndrangheta. Quello della Staropoli non il solito gesto di “gettar la spugna”. Lei vuol vivere la sua vita da madre, donna e sposa, senza l’ombra di di chi la vuol morta. “Mi scrivono che mUna donna sempre al fianco delle istituzioni, in osmosi con chi indossa una divisa, vicina a chi difende i cittadini dall’oppressione e dalla malvagità dei mafiosi, con una mano tesa sempre a chi per paura si nasconde dietro l’omertà e pronta a denunciare. Perfino durante i nove mesi di gravidanza Lia è stata oggetto di attenzioni, appostamenti, minacce della ‘ndrangheta. Quello della Staropoli non il solito gesto di “gettar la spugna”. Lei vuol vivere la sua vita da madre, donna e sposa, senza l’ombra di di chi la vuol morta. “Mi scrivono che meriterei di morire bruciata viva” è la paura che accompagna Lia. Come lo è quella della scioccante verità dell’immobilismo della giustizia calabrese che non è riuscita a far quadrato intorno alle sue molteplici denunce, nonostante l’intervento degli organi preposti anche per quello che ha rivelato nel suo libro verità contro la ‘ndrangheta. Un immobilismo che non è solo percezione, ma fatti, scritti in calce, oltre nei messaggi minatori, che riceve anche sui social.
Lia Staropoli va via dalla sua Calabria ma, conoscendola, non finirà mai di combattere le mafie. In queste ore succedute alla sua dichiarazione, che è anchLia Staropoli va via dalla sua Calabria ma, conoscendola, non finirà mai di combattere le mafie. In queste ore trascorse alla sua dichiarazione, che è anche un messaggio chiaro alle istituzioni, tanti son stati i messaggi di solidarietà: da chi indossa una divisa a chi una toga, da chi come lei è impegnato nell’associazionismo antimafia a chi liberamente lo fa sui social, nel quotidian vivere, dal mondo di alcuni giornalisti che come lei narrano e denunciano le mafie, da esercenti che in lei traevano forza per denunciare.
A noi spiace molto la sua decisione, ma la comprendiamo e la invitiamo a continuare altrove. Permettici di dirlo Lia: da una terra cui hai dato tanto hai ricevuto poco e spesso