Società

Violenza donne nel milanese, Somaschi: Forte ripresa delle richieste di aiuto

La onlus che gestisce tutti i centri antiviolenza dell’hinterland di Milano fotografa la situazione

e punta sulla rieducazione degli uomini con il progetto sperimentale Nonpiùviolenti

Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Fondazione Somaschi Onlus, tra i principali enti del Terzo Settore che compongono la rete antiviolenza di Milano e dell’hinterland, fa il bilancio dell’attività svolta nell’ultimo anno e lancia un messaggio: “Punire gli uomini violenti è fondamentale ma non basta – dice Chiara Sainaghi, responsabile dei servizi antiviolenza della onlus – per prevenire la recidiva è necessario intervenire anche sulla loro rieducazione”.

I DATI – A Milano e in periferia Fondazione Somaschi gestisce complessivamente 11 presidi di aiuto per le donne vittime di maltrattamento: un centro nel capoluogo (in piazza XXV aprile) più l’intera rete dell’hinterland (composta da 5 centri principali a Rho, Cassano d’Adda, Melzo, Rozzano e San Donato Milanese) e altrettanti sportelli decentrati a Bollate, Cernusco Sul Naviglio, Corsico, Assago, Peschiera Borromeo).

Da gennaio a oggi si sono rivolte a queste strutture 491 donne, principalmente italiane (62%), di età compresa tra i 35 e i 44 anni (32%) e tra i 45 e 54 anni (25%), con un discreto livello di istruzione (diploma di scuola secondaria di secondo grado 30%). La maggior parte di loro ha uno o più figli minori (60%), per lo più tra i 6 e i 13 anni di età (35%). La violenza più frequentemente denunciata è psicologica (82%), seguita da quella fisica (65%), economica (16%), sessuale (12%) e stalking (8,7%). Nella maggioranza dei casi gli autori del maltrattamento sono i mariti (62%) o i conviventi (21%).

Numeri sostanzialmente in linea con quelli del 2019, quando gli accessi totali ai centri della Fondazione Somaschi – che all’epoca erano 7 – sono stati in tutto 550. La media di donne che ogni mese si rivolge a ogni singolo centro della onlus è leggermente calata, passando da più di 6 a circa 5. Un calo dovuto sicuramente alle restrizioni di movimento imposte dalla pandemia, che solo nel mese di marzo ha determinato una riduzione degli accessi di circa il 40%.

“Nel primo lockdown – dice Sainaghi – la sorveglianza da parte dell’autore di violenza è diventata costante rendendo molto difficile per le donne anche solo contattarci telefonicamente. Le situazioni di maltrattamento si sono spesso acuite a causa della convivenza continua e nei mesi successivi si è registrata una forte ripresa delle richieste di aiuto”.

Non a caso il numero di donne messe in protezione, ovvero accolte con urgenza negli alloggi secretati della Fondazione Somaschi, ha già quasi raggiuto quello dello scorso anno: ad oggi sono state accolte 27 donne, di cui 23 con figli (in totale 33 minori). Nel 2019 erano 29, di cui 17 con figli (in totale 31 minori).

NONPIÙVIOLENTI – Secondo le stime più recenti, in Italia ogni 3 giorni viene compiuto un femminicidio. Gli uomini autori di violenza nell’85% dei casi reiterano il proprio comportamento, spesso con un’escalation di gravità. Dati allarmanti che portano a chiedersi sempre di più se punire gli autori di violenza sia sufficiente per prevenire e contrastare la recidiva in modo efficace. Per questo Fondazione Somaschi ha scelto di avviare un progetto sperimentale, completamente autofinanziato, dedicato alla rieducazione degli uomini maltrattanti.

Si chiama Non più violenti ed è partito a Milano nella primavera 2018 coinvolgendo 11 uomini. Si tratta di un percorso gratuito guidato da uno psichiatra e uno psicoterapeuta con incontri di gruppo a cadenza quindicinale. L’obiettivo è guidare i partecipanti alla presa di coscienza della gravità delle azioni compiute e all’apprendimento di nuove strategie di comportamento, con un monitoraggio costante della violenza anche tramite il confronto con le compagne degli uomini coinvolti. 

“Le donne che accogliamo nei nostri centri e nelle case protette hanno paura di tornare, presto o tardi, a essere in pericolo – dice Sainaghi -. Per questo è necessario lavorare sulla prevenzione: il trattamento degli uomini deve diventare a tutti gli effetti un pezzo del sistema del contrasto alla violenza di genere.”

Ad oggi gli uomini coinvolti nel progetto Nonpiùviolenti – spontaneamente, su richiesta della compagna vittima di violenza o in seguito all’invio di servizi sociali, legali di parte e autorità giudiziarie – sono 32, di ogni età (dai 18 ai 70 anni), principalmente italiani. Non tutti hanno portato a termine il percorso, soprattutto quest’anno che gli incontri devono tenersi a distanza. I risultati però sono incoraggianti: sul totale di uomini che hanno partecipato al trattamento finora si è registrato un solo caso di recidiva, e si tratta di un uomo che aveva appena iniziato a frequentare il gruppo.

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