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RICCI BITTI: “Restituire allo sport il suo futuro”

All’inizio dell’anno olimpico “dispari”, in questo colloquio con Francesco Ricci Bitti, presidente della potente AISOF – l’associazione delle Federazioni Olimpiche Internazionali – facciamo il punto su uno dei momenti più critici che l’organizzazione sportiva italiana abbia mai dovuto fronteggiare. Privato, per forza di una legge dello Stato, di gran parte della sua autonomia di gestione (garantita e protetta dalla Carta Olimpica del CIO), ingabbiato da una serie di disposizioni calate dall’alto, il CONI di Giovanni Malagò si trova a dover far fronte agli impegni derivanti dalle scadenze olimpiche immediate (Tokyo ’21 e Pechino ’22) e meno (Milano-Cortina ’26) senza la necessaria serenità di gestione e le certezze economiche che dal 1946 il potere politico repubblicano gli ha sempre garantito. Dalla sua posizione privilegiata all’interno del Movimento Olimpico e per il suo ruolo a fianco del presidente Thomas Bach, Ricci Bitti esamina per noi la situazione che si è venuta a creare, ma soprattutto indica le strade e le strategie per uscirne e per restituire allo sport italiano il futuro cui ha diritto e che si è conquistato sul campo in oltre settant’anni di autonomia e di successi.

Intervista con Francesco Ricci Bitti

di Gianfranco Colasante


– La legge di “riforma” imposta allo sport dalla politica ha superato i due anni di vita. Senza che abbia introdotto nulla di innovativo ma moltiplicato le poltrone, resta l’enorme danno causato dall’aver “smontato” un sistema sportivo che aveva portato l’Italia ai primi posti nel mondo. E ora?

“Parlare di legge di riforma mi sembra molto generoso visto che manca del tassello fondamentale, la cosiddetta ‘Governance’ intesa nel caso specifico come la definizione delle missioni e dei compiti relativi alle varie entità previste nel futuro assetto dello sport italiano. Mi riferisco a quelle tradizionali, come il CONI, riconvertite come Sport e Salute, o nuove come l’eventuale Dipartimento dello Sport.”

– In questi due anni la “riforma” voluta dal governo Lega-M5S, peggiorata dalla successiva coalizione M5S-PD, ha privato il CONI di personale e di impianti riducendo del 90% le sue disponibilità economiche a “vantaggio” di un indistinto sport “sociale” per ora solo reclamizzato su Facebook dal ministro “grillino” Vincenzo Spadafora. Come si potrà uscire da questo tunnel restituendo dignità e operatività al CONI e allo Sport olimpico?


“La cosiddetta riforma è semplicemente vissuta in due fasi. La prima (governo Lega-M5S) fu semplicemente un ‘azzeramento’ unilaterale del CONI col trasferimento della pianta organica e di vari asset dalla CONI Servizi, società meramente strumentale, alla sua attività istituzionale ad una società di proprietà pubblica denominata infaustamente Sport e Salute. Il tutto senza precise indicazioni sul nuovo ruolo, salvo la sempre più marcata e diretta dipendenza dall’autorità di governo. Definirei la seconda fase (governo PD-M5S), incaricata di produrre i decreti delegati, quella della ‘complicazione’ perché caratterizzata da un’ambizione tuttologa che ha prodotto decreti ridondanti su temi di interesse, ma marginali rispetto al tema irrisolto dell’Articolo 1, fondamentale per l’operatività del sistema sportivo italiano nel suo insieme. Ho indicato in svariate occasioni la soluzione più razionale ed immediata: ridare una pianta organica, gli asset relativi, e le risorse necessarie ad un CONI rinnovato, dal perimetro ridotto rispetto al passato, ma rispondente ai dettami della Carta Olimpica che in pratica richiede ai Comitati Olimpici Nazionali di rappresentare l’unico riferimento dell’attività sportiva-agonistica sul territorio.”

– Questi due anni di vuoto paiono aver dato ragione a quanti temevano che il legislatore non volesse tanto “riformare” lo sport, che pure ne avrebbe necessità, quanto mortificare il CONI colpendo il suo vertice. Partendo soprattutto da un falso obiettivo: la pluralità dei mandati elettorali. Sbagliavano quanti lo avevano previsto?

“Purtroppo la realtà ha superato la peggiore delle previsioni, a conferma che l’intento riformatore era ispirato anche da problemi personali e di visibilità, forse legata ai nostri successi sportivi di indubbio rilievo. Addurre come causa del mancato completamento della riforma la pluralità dei mandati è semplicemente risibile. È nota la mia posizione favorevole all’inserimento di una clausola per il limite dei mandati negli statuti delle Federazioni Internazionali: basta rispettare alcuni criteri di applicazione sensati, come la non retroattività, la gradualità, le dimensioni e le storie delle organizzazioni in questione.”

– Nella realtà, il potere politico si è impegnato non tanto nella tutela del cosiddetto sport di base, quanto nel rafforzare la struttura burocratica dell’intero comparto sport. Dopo l’imposizione della SpA Sport e Salute, il ministro Spadafora ha fondato un Dipartimento Sport presso la PCM. Come si potrebbero razionalmente raccordare queste due sovrastrutture “nominate” dalla politica con la missione olimpica di un CONI privato delle sue risorse ma che vive pur sempre di elezioni e di volontariato? Sarebbe al riguardo utile l’istituzione di un vero ministero dello sport?

“L’analisi è corretta, ma ritengo che la classe politica italiana abbia sottovalutato le conseguenze di delibere incomplete, ridondanti e quindi inefficienti. L’istituzione di un ministero dello sport non è di per se’ rilevante, basta guardare fuori dall’Italia a svariati sistemi-paese che lo prevedono con funzioni di indirizzo generale di politica sportiva e vigilanza formale sull’uso dei finanziamenti pubblici allo sport. Il vero problema resta la distribuzione organica delle responsabilità e delle risorse assegnate alle varie entità operanti sul territorio. Dato per scontato il CONI come riferimento per lo sport agonistico, e logicamente dotato di personale riassunto da Sport e Salute, si potrebbe pensare ad una Agenzia Governativa per lo “sport per tutti” costituita dalla restante parte e collocata all’interno, o all’esterno del ministero a seconda che si ipotizzi il modello con o senza portafoglio.”

– Le scelte della politica generano il fondato sospetto che tendano alla ricerca di quella visibilità che solo lo sport è in grado di distribuire. Come si potrebbe diversamente giustificare che persone che nulla sanno di sport possano intervenire col bisturi, quando a due membri della Giunta del CONI – come lei stesso per quelle Estive ed Ivo Ferriani per quelle Invernali – vengono posti a capo di tutte le federazioni internazionali?

“È un sospetto fondato, basta aver seguito i comportamenti dei rappresentanti delle nostre ultime due compagini governative, caratterizzate da un presenzialismo inversamente proporzionale alle capacità di risolvere i problemi dalla prevalente origine politica. Personalmente, mi sento pienamente gratificato dal fatto di essere stato chiamato a partecipare e contribuire prima come membro CIO, poi come presidente ASOIF, a tutti i progetti più importanti per l’evoluzione e la modernizzazione del CIO negli ultimi vent’ anni. Come membro di Giunta CONI, trovandomi al pari di tutti i colleghi da due anni nella condizione irreale di non poter esercitare in alcun modo il ruolo per cui siamo stati eletti o cooptati nel 2017, non posso che limitarmi ad esprimere periodicamente il mio punto di vista. È una condizione che giudico irrispettosa e che fa riferimento ad una classe politica molto più incline al controllo che al confronto e all’approfondimento.”

– Il 15 novembre del 2018 il C.N. del CONI indirizzò al governo una lettera rivendicando il diritto alla sua autonomia. Da quell’atto si tennero volutamente alla larga le federazioni Basket, Calcio, Nuoto, Tennis i cui presidenti erano accorsi, come dire, in aiuto del vincitore: assenze viste in chiave anti-Malagò che indebolirono soprattutto il CONI rafforzando gli appetiti politici. Oggi pare che il fronte CONI-Federazione si sia ricompattato: è una scelta occasionale o le Federazioni hanno compreso che il loro futuro è solo nel CONI?

“Ho avuto modo già un anno fa di giudicare questo fenomeno come “miope” e prevedere aggiustamenti di tiro, se non addirittura pentimenti. Ero stato facile profeta perché, escluso qualche rigurgito dettato da specifici interessi, o ambizioni represse, mi è sembrato di rilevare una coesione sostanzialmente ritrovata. Ho apprezzato le recenti coraggiose prese di posizione di Gianni Petrucci a conferma della sua onestà intellettuale e del suo spessore dirigenziale. Un CONI essenziale, credibile ed efficace sarebbe una garanzia a livello nazionale contro future interferenze e un valore aggiunto a livello internazionale, per un mondo dello sport che assume ogni giorno di più una dimensione sovranazionale.”

– Tutto ciò premesso, e in base a quanto visto in questi due anni di “occupazione” politica, non sarebbe finalmente ora di operare un distinguo tra le varie anime che compongono l’Universo Sport individuando con realismo ambiti e ruoli. Lo Sport “sociale” o “promozionale” allo Stato tramite i suoi Ministeri (Finanze, Scuola, Lavoro, Salute), lo Sport olimpico e di vertice in piena autonomia al CONI?

“Tale distinzione è molto chiara, almeno in quei paesi dove lo sport agonistico e quello sociale sono opportunamente valorizzati e seguiti. Nel caso Italia, si potrebbe sfruttare l’opportunità di adibire ai rapporti con i vari ministeri e con il CONI quella parte di Sport e Salute che, non rientrando nel nuovo CONI, potrebbe chiaramente diventare il braccio operativo del ministero, come d’altra parte il ministro ha affermato in varie occasioni di recente. Una precisazione va fatta anche alla luce della Carta Olimpica su questo tema. Il CONI, come federazione delle federazioni, non può limitarsi allo sport di vertice ed olimpico ma deve essere attivo anche alla base in due essenziali funzioni come la promozione e il reclutamento, presupposti di una qualificata assistenza ai giovani talenti per progredire. Per questo mi batterò sempre perché il CONI non sia escluso da funzioni ausiliarie alla propria missione come la Scuola dello Sport, fucina dei quadri tecnici e dirigenziali, il Centro di Preparazione Olimpica e l’Istituto di Medicina Sportiva che deve la sua eccellenza, non certo all’attività generica, ma alla cura degli atleti di interesse nazionale.”

– Giovanni Malagò che si trova in prima linea a fronteggiare questo desolante scenario, nella sua conferenza di fine anno ha parlato di “superficialità e leggerezza” da parte della politica e del rischio per lo sport italiano di ritrovarsi “fuori dagli ordinamenti internazionali”. Secondo lei è andato oltre o ha centrato il nocciolo della questione?

“Alla luce dell’imbarazzante situazione giuridico-organizzativa del CONI negli ultimi ventiquattro mesi, il presidente, dopo molto pazientare, aveva il dovere di informare anche il grande pubblico sui rischi dello sport italiano a livello di ordinamenti internazionali. A fronte di grandi traguardi raggiunti come la nomina individuale a membro CIO e l’assegnazione all’Italia dei Giochi 2026, si è trovato a rappresentare un organismo praticamente azzerato e ha cercato di garantire la continuità con impegno e spirito di servizio. Credo vada capito il disagio di dover gestire così a lungo una condizione imprevedibile ed irrispettosa non tanto, e non solo per la persona, ma soprattutto per la massima istituzione sportiva italiana.”

– In effetti nel “contratto di governo” Lega-M5S dell’estate 2018 era già scritto: “si ritiene necessaria una revisione delle competenze del Comitato Olimpico Nazionale Italiano […] e risulta importante che il governo assuma il ruolo di controllore [sic!] delle spese e delle risorse destinate al CONI”. Non era già questa affermazione una chiara violazione della Carta Olimpica che tutela l’indipendenza degli organismi sportivi nazionali?

“Ritengo che il contenuto del ‘contratto di governo’ (Lega-M5S) avrebbe dovuto suscitare maggiori preoccupazioni. Era comunque impossibile prevedere che i politici della coalizione sarebbero arrivati a tanto. Parlare di autonomia dello sport è puro eufemismo di fronte a un vero e proprio azzeramento funzionale ed è indice di un attenzione superficiale nei riguardi della crescente importanza del ruolo dello sport nella società. Sarei curioso di sapere quanti politici italiani siano a conoscenza di due eccezionali messaggi contenuti nella risoluzione, approvata all’ultima sessione delle Nazione Unite, dove il CIO è “osservatore permanente” da alcuni anni. La raccomandazione ai governi degli stati membri di includere lo sport nei loro “Recovery Plan” e il riconoscimento della Carta Olimpica e, specificatamente, del suo contenuto in termini di autonomia. Tra l’altro, secondo la recente “letteratura”, lo sport rivendica il diritto ad una autonomia responsabile e non assoluta, che significa il dovere di battersi per la compatibilità ed il rispetto tra le legislazioni vigenti e la Carta Olimpica.”

– Il sistema sportivo italiano, pur con i suoi errori e la mancata revisione della legge sul professionismo vecchia di quarant’anni, è sempre stato portato ad esempio dal CIO. L’irritazione più volte manifestata dal presidente Thomas Bach per le mancate risposte alle sue richieste di chiarimento sulla legge e sull’autonomia del CONI, potrebbe trovare un punto fermo il prossimo 27 gennaio con sanzioni contro tutto lo sport azzurro. Sarebbe ancora possibile evitarlo?

“L’ irritazione del CIO è il derivato della impossibilità di stabilire un dialogo sostanziale sulle osservazioni puntuali, segnalate nella prima lettera ufficiale datata fine Luglio 2019, che si riferiva ai punti di non rispondenza della Legge delega ai dettami della Carta Olimpica. Mi sembra una irritazione più che giustificata, anche dalla irrituale recente richiesta da buontemponi di un’audizione parlamentare del presidente Bach, mentre non si è in grado, o non si ritiene di farlo, di rispondere a chiari e ripetuti rilievi. Mi auguro che qualcosa possa succedere prima del 27 Gennaio, ma i tempi sono molto stretti.”

– In quest’ottica è credibile che l’Italia sportiva – per colpe tutte ascrivibili alla politica – come già la Bielorussia o la Russia o l’Iran, possa essere penalizzata in chiave olimpica a tal punto che i nostri atleti ai Giochi potranno andare solo a titolo individuale, sotto la bandiera a cinque cerchi piuttosto che col Tricolore e senza Inno nel caso di vittoria?

“La Carta Olimpica è molto chiara e prevede sanzioni di grande impatto simbolico come il recente caso Russia dimostra, ma mi permetto di segnalare soprattutto a chi ha responsabilità di Governo che oltre alle sanzioni, il vero rischio è la perdita di credibilità ed il declassamento dello storico marchio CONI, con conseguenze sia organizzative (manifestazioni internazionali), che competitive (atleti) molto serie e preoccupanti.”

– Guardando in prospettiva alle insistenti voci di crisi dell’Esecutivo e alla nascita di un nuovo Governo, si sente di indicare quali priorità dovrebbero essere perseguite da chi dovrà guidare il Paese per ridare funzionalità allo Sport italiano e piena autonomia al CONI?

“A questo punto non rimane che affrontare e definire urgentemente una serie di elementi in sospeso con un processo se possibile rapido di consultazione aperta ai contributi di tutte le parti interessate, incluso il CIO, per giungere ad un risultato accettabile all’autorità di governo responsabile della emanazione di un decreto ad hoc. Mi riferisco, per citare solo i temi più importanti, alla:

·      Forma giuridica del nuovo CONI e di Sport e Salute;

·      Tipologia dei vertici gestionali di Sport e Salute che dovrebbero includere uomini di sport liberi da conflitti d’interesse;

·      Missione e obiettivi di tutte le componenti previste, incluso il Dipartimento dello Sport onde evitare duplicazioni e sovrapposizioni;

·      Definizione delle piante organiche e degli organigrammi;

·      Sistema di distribuzione delle risorse necessarie per lo svolgimento delle sopracitate attività.

Sarebbe questa, a mio avviso, la strada da imboccare per riportare lo Sport italiano in carreggiata. Un CONI ‘dimagrito’ secondo i dettami della Carta Olimpica, ma non ‘azzerato’ da una legge spacciata per Riforma. Sport e Salute che torna ad essere un ‘ente utile’ dopo un anno di navigazione molto nebulosa, tra ambizioni sostitutive e, più recentemente, iniziative mediatiche dal valore aggiunto poco evidente. Per ragioni di Carta Olimpica il CONI non può delegare le note funzioni primarie e quindi va definitivamente archiviato il concetto e l’esigenza di un ‘contratto di servizio’ tra il CONI e Sport e Salute, senza per questo escludere collaborazioni per iniziative specifiche in settori quali l’organizzazione e l’impiantistica.”

– Per finire, parliamo di Olimpiadi. Causa la pandemia, fino al 31 gennaio 2021 il Giappone ha chiuso i suoi confini agli stranieri. Si tratta solo un provvedimento prudenziale o si può intendere come una concreta minaccia allo svolgimento posticipato dei Giochi?


“Al momento, anche se la prefettura di Tokyo ha richiesto lo stato di emergenza, non ci sono elementi tali da giustificare speculazioni, nella speranza che la situazione pandemica si avvii a migliorare anche grazie alle campagne di vaccinazione. Il comitato organizzatore e le autorità pubbliche giapponesi, hanno reagito con rapidità e professionalità alle sollecitazioni emerse in una commissione di coordinamento molto importante di fine Agosto e a cui ho partecipato. Il Movimento Olimpico vuole fortemente lo svolgimento dei Giochi anche in condizioni non ideali. Tutte le componenti interessate (Comitati Olimpici Nazionali e Federazioni Internazionali) sono pronte a Giochi “diversi” e con varie misure semplificative che aiutino a compensare parzialmente i costi derivanti dal rinvio, valutati in circa 2,5 miliardi di dollari. Serve prepararsi a Giochi non completamente liberi dal Covid-19 e quindi mettere in atto contromisure e protocolli sanitari tali da garantire condizioni di sicurezza di tutti i gruppi di interesse coinvolti, a cominciare dagli atleti, dagli ufficiali di gara, dai dirigenti e dal pubblico, diversificate a seconda dei vari scenari ipotizzati per il periodo Luglio-Agosto in Giappone.”

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