Sardegna: ripresa economica. Appuntamento perso?
Ripresa economica: la Sardegna rischia di mancare l’appuntamento
Il 2020 potrebbe essersi chiuso nell’isola con un risultato meno negativo rispetto alla media nazionale (- 8,6% del Pil contro una media del -10% rispetto al 2019) ma nel 2021 si attende un crollo: + 1% contro una media nazionale del +3,2%.
Nel biennio 2020-2021 l’isola potrebbe far registrare uno dei risultati peggiori:
– 8,9% rispetto al 2019
Turismo: tra gennaio e settembre 2020 sono crollati del 63% gli arrivi stranieri, il calo degli arrivi nazionali è stato solo del -2%
Tra giugno e ottobre 2020 quasi un’impresa sarda su cinque (19,1%) ha subito perdite superiori al 50% del fatturato o non ha conseguito alcun fatturato; il 40% si prepara ad affrontare una crisi di liquidità senza precedenti e il 35% teme seri rischi di tenuta della propria attività. Tra giugno e novembre il 39% delle imprese sarde ha fatto ricorso a nuovo indebitamento bancario (35% la media italiana); il 29% ha ridotto il personale o ha rinviato le assunzioni previste, mentre il 14,1% ha indicato di prevedere riduzioni significative nel primo semestre 2021
La struttura del mercato del lavoro regionale è caratterizzata da una quota elevata di precari (24%) e da alti livelli di disoccupazione giovanile (15% nelle classi di età 24-34 anni). La Sardegna è la quarta regione per incidenza del turismo sull’occupazione e la terza per incidenza del turismo sul valore aggiunto
Il sistema bancario ha registrato nel 2020 la percentuale di crediti deteriorati più alta nel panorama nazionale: c’è il forte rischio di una intensa restrizione del mercato del credito nonostante le aziende siano in forte crisi di liquidità
Critica anche la situazione dell’export: oltre l’80% è rappresentato da prodotti petroliferi raffinati e nel 2021 si attende un calo della domanda di prodotti agroalimentari
Piras e Porcu (CNA): La Sardegna rischia di mancare l’appuntamento con la ripresa economica. La Regione apra il confronto con le forze sociali: l’eccezionale e irripetibile occasione fornita dalla contestuale contemporaneità dell’avvio della nuova programmazione comunitaria e dalla gestione del Recovery Plan devono segnare l’avvio di un serio processo riformatore a cui affidare la mitigazione dei deficit strutturali di cui soffre l’economia isolana
La Sardegna rischia di mancare l’appuntamento con la ripresa del 2021 e di far registrare, nel biennio 2020-2021, uno dei risultati peggiori tra le regioni italiane. Archiviato un 2020 disastroso, l’economia sarda si prepara infatti ad affrontare una fase di ripartenza estremamente complessa e incerta in cui incideranno sicuramente le vulnerabilità strutturali della nostra regione (le forti difficoltà delle piccole e medie imprese, che rappresentano ancora una quota cospicua dell’economia isolana, un’economia poco diversificata, il peso del settore turistico-ricettivo, l’elevata quota di lavoratori precari e stagionali, la maggiore esposizione al rischio liquidità per le imprese, l’alto livello delle importazioni e la concentrazione dell’export nel settore petrolifero). Nel 2021 la ripresa economica potrebbe faticare ad arrivare al +1%, a fronte di una previsione nazionale pari al +3,2%. Guardando al biennio 2020-2021, l’economia sarda potrebbe far registrare uno dei risultati peggiori nel panorama regionale italiano: -8,9% il PIL previsto per il 2021 rispetto al livello del 2019.
È quanto si evince da uno studio della Cna Sardegna che misura l’impatto economico della crisi sulle diverse componenti del Pil regionale. Sebbene l’epidemia abbia colpito più duramente le regioni del Nord Italia, le conseguenze dei diversi lock-down (quello nazionale di aprile, quello su base regionale di novembre e quello intermittente del periodo natalizio) e della compressione della domanda interna lasceranno infatti una profonda cicatrice sull’economia regionale. Nonostante un trimestre estivo migliore delle aspettative – in parte grazie alla tenuta della domanda turistica nazionale (tra gennaio e settembre, il calo degli arrivi di connazionali nelle strutture ricettive è stato solo del -2%, contro il -63% degli stranieri) – consenta di migliorare leggermente le previsioni sulla caduta del Pil per il 2020.
“Nonostante un trimestre estivo in grado di dare un po’ direspiro a molte attività economiche regionali messe in ginocchio dal lock-down di marzo-aprile”, commentano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, presidente e segretario regionale della Cna Sardegna -. Anche escludendo nuovi lock-down generalizzati e il verificarsi di una nuova ondata epidemica, la nostra regione corre seriamente il rischio di mancare clamorosamente l’appuntamento con la ripresa economica. Guardando alle stime previsionali per il biennio pandemico 2020-2021, l’Isola risulta una delle economie regionali più colpite, alle spalle soltanto di Valle d’Aosta, Trentino Alto-Adige e Toscana. La Regione – continuano Piras e Porcu – apra il confronto con le forze sociali: l’eccezionale e irripetibile occasione fornita dalla contestuale contemporaneità dell’avvio della nuova programmazione Comunitaria (settennio 2021/2027) e la gestione del Recovery Plan devono segnare l’avvio di un serio processo riformatore a cui affidare la mitigazione dei deficit strutturali di cui soffre l’economia isolana”.
Il dossier della Cna
Al fine di definire uno scenario previsionale per l’economia della Sardegna nell’ipotesi che nel 2021 non si verifichino una nuova recrudescenza epidemica e nuovi lock-down generalizzati, la Cna sarda stima la congiuntura regionale partendo da una misura dell’impatto economico sulle diverse componenti del Pil: spesa finale di famiglie, residenti e non residenti (e quindi turisti), spesa della PA (tra cui sanità, scuole e protezione sociale), investimenti (macchinari e costruzioni), import ed export.
Figura 1 – Scenario economico per l’economia regionale: variazione del PIL rispetto all’anno corrispondente a valori correnti
Fonte: elaborazione CNA su fonti varie
Lo studio evidenzia che il 2020 potrebbe essersi chiuso in Sardegna con un risultato leggermente meno negativo rispetto alla media nazionale. Considerando le previsioni di dicembre dei principali previsori istituzionali, il calo del PIL nazionale dovrebbe attestarsi al intorno al -10% rispetto al 2019, mentre l’economia regionale, in base alle stime CNA, dovrebbe aver chiuso l’anno mettendo a bilancio un – 8,6%. Si tratta di un dato che, sebbene migliore della media nazionale, risulta significativamente peggiore di quanto atteso per le altre regioni del Sud (-6,6% la media territoriale). È però nel 2021 che l’economia sarda potrebbe pagare il dazio maggiore, in termini di una ripresa economica che si attende anemica e che potrebbe faticare ad arrivare al +1%, a fronte di una previsione nazionale pari al +3,2%. Se si guarda all’intero biennio, quindi, l’economia sarda potrebbe far registrare uno dei risultati peggiori nel panorama regionale italiano (-8,9% il PIL previsto per il 2021 rispetto al livello del 2019), precedendo soltanto di Valle d’Aosta, Trentino Alto-Adige e Toscana.
Figura 2. – Livello atteso del PIL nel 2021 rispetto al 2019 (valori correnti)
Fonte: elaborazione e stime Cna Sardegna su fonti varie
I fattori di vulnerabilità
Ma quali sono i fattori che, in questa crisi, fanno della Sardegna una delle economie regionali più vulnerabili?
Debolezza delle piccole imprese. Sicuramente uno degli aspetti più critici riguarda la debolezza del sistema delle imprese, nel complesso poco attrezzate per affrontare una crisi complessa e inedita come quella attuale. Indicazioni al riguardo arrivano da una recente indagine campionaria Istat sulle imprese con più di tre addetti: quasi un’impresa sarda su cinque (il 19,1%) ha più che dimezzato o non ha conseguito alcun fatturato nel periodo tra giugno e ottobre del 2020 (contro una media nazionale pari al 15,5%); inoltre, il 21% delle imprese sarde non prevede di conseguire un risultato migliore nella prima parte del 2021 (18% è la media nazionale); ben il 40,1% degli imprenditori si aspetta gravi problemi di liquidità durante l’anno in corso, percentuali significativamente superiori alla media nazionale (33,5%); come conseguenza, tra giugno e novembre dell’anno passato il 29% delle imprese è intervenuto riducendo il personale dipendente con contratti a termine o ha rinviato le assunzioni previste, secondo peggior risultato dopo il Trentino Alto Adige (19,9% la media nazionale), mentre il 14,1% ha indicato di prevedere riduzioni significative del personale nel primo semestre del 2021, in questo caso, il dato in assoluto peggiore tra le regioni italiane (10% la media nazionale).
Figura 3 – Quota del settore turistico su occupazione e valore aggiunto (2017)
Fonte: elaborazione CNA/Cresme su fonti varie
Vulnerabilità del mercato del lavoro. Altro fattore di forte vulnerabilità è dell’economia sarda la struttura del mercato del lavoro regionale, che si caratterizza per una quota elevata di lavoratori precari (il 24% nella media 2019, terzo valore tra le regioni italiane) e da alti livelli di disoccupazione giovanile (15% nelle classi di età 24-34 anni). A questo va aggiunto che la Sardegna è, tra le regioni italiane, la quarta per incidenza del turismo sull’occupazione e la terza per incidenza del turismo sul valore aggiunto, con il settore turistico (ricettività, trasporti, ristorazione, intrattenimento) che è destinato a pagare le conseguenze maggiori della crisi attuale anche nel 2021, soprattutto in termini di minore domanda da parte di viaggiatori internazionali. Questi elementi rappresentano fattori di forte vulnerabilità che si traducono, nel medio-breve termine, in un impatto negativo sulla spesa finale delle famiglie residenti e non residenti (i turisti).
Figura 4 – Posizioni lavorative a termine (quota sul totale, media 2019)
Fonte: elaborazione CNA su dati Istat
Figura 5 – Tasso di disoccupazione giovanile (25-34 anni, media 2019)
Fonte: elaborazione CNA su dati Istat
Crisi di liquidità. La difficoltà delle imprese si riflettono sul livello degli investimenti in macchinari e impianti. In questo caso è soprattutto la capacità di autofinanziamento delle aziende a destare preoccupazione, ovvero la crisi di liquidità indotta dal blocco dell’attività economica e dal calo del giro d’affari. Centrale, a questo proposito, sarà il ruolo svolto dal sistema bancario regionale, che però entrava nel 2020 con la percentuale di crediti deteriorati più alta nel panorama nazionale. Questo elemento, in particolare, espone il sistema al rischio di una più intensa restrizione del mercato del credito nella fase più critica.
Figura 6 – Quota di crediti deteriorati (2019)
Fonte: elaborazione CNA su dati Banca d’Italia
Export legato ai prodotti petroliferi. Anche l’export nel 2020 non ha aiutato. È vero che nel primo semestre dell’anno il calo delle vendite estere di prodotti sardi nel comparto agroalimentare è stato tutto sommato contenuto, specialmente per quanto riguarda formaggi e prodotti lattiero caseari, tuttavia oltre l’80% del valore delle esportazioni regionali è rappresentato da prodotti petroliferi raffinati e se si guarda al complesso dell’export sardo il calo registrato nella prima parte del 2020 non ha avuto eguali nel contesto regionale italiano. Se nel 2021 la stabilizzazione dei prezzi dei prodotti energetici, alimentato dalla ripresa della domanda internazionale, dovrebbe sostenere la ripresa delle esportazioni, d’altro lato ci si attende una dinamica meno brillante per quanto riguarda la domanda agroalimentare, troppo concentrata territorialmente (Stati Uniti e Germania assorbono il 70% dell’export di prodotti lattiero caseari sardi) e poco diversificata in termini di prodotto (oltre il 60% del valore dell’export agroalimentare fa riferimento a latte e formaggi).
Figura 7 – Variazione % del valore delle esportazioni trimestrali (rispetto allo stesso periodo dell’anno prima)
Fonte: elaborazione CNA su dati Istat
Elevato livello di importazioni. Ulteriore elemento di debolezza riguarda l’alto livello delle importazioni che determina il contributo estero netto alla formazione del reddito regionale, con la Sardegna che mostra un deficit strutturale delle partite correnti tra i più elevati in Italia. Le regioni che mostrano un livello di importazioni nette più elevato, specialmente quando l’import non è caratterizzato dall’acquisto di prodotti intermedi o semilavorati per le produzioni destinate all’export, potrebbero infatti risultare più vulnerabili durante la fase di ripresa nel 2021.
Figura 8 – Saldo delle partite correnti (export-import) rispetto al PIL (2017)
Fonte: elaborazione CNA su dati Istat