Da Mattinata in Spagna, a Puerto del Carmen, per giocare al calcio. È la scelta fatta anni fa da Simona Lapomarda, quasi 31enne, per dar vita al sogno della sua vita.
A dir il vero il calcio lo aveva già giocato in Italia, sia tra le dilettanti, sia tra le professioniste, militando in società locali e in altre regioni, tra le migliori sulla piazza italiana. È stata la prima donna in provincia di Foggia a giocare con gli uomini.
Nel 2019 la conoscemmo con un’intervista, “Simona Lapomarda, la calciatrice mattinatese che gioca in Spagna”, dove raccontò la sua vita, le sue passioni, i suoi sogni, dove ha giocato e le scelte fatte per dare una sferzata vincente alla sua carriera. Ha vinto tanto e ce l’ha fatta. Oggi è in Spagna, nel F.C. Puerto del Carmen Lanzarote, squadra di calcio a 11, nel campionato regionale della provincia di Las Palmas e Gran Canarie. Quest’anno ha militato nel campionato nacional arrivando ai play off, purtroppo persi ed ha rifiutato anche una proposta calcistica in un’altra nazione. Tutto per inseguire un sogno, perché se non potrà realizzarlo in Italia cercherà di farlo in Spagna.
Ma Simona è tenace, non si arrende, ci crede e infatti, come avviene sempre per chi pratica sport, seppur con largo anticipo, pensa al dopo, sul suo futuro, desiderandolo in Italia a Mattinata, il suo paese.
Vorrebbe fondare una società di calcio femminile, dove lei sarebbe presidente. Per farlo ci vogliono soldi, e non pochi, oltre che una montagna di documenti, ma questo è l’ultimo dei pensieri di Simona. Quello primario è trovare fondi e partner. Ha chiesto aiuti alle istituzioni locali, a imprenditori e commercianti vari, ottenendo sempre esito negativo. Simona è una persona di umili origini, non è figlia di politici, di imprenditori, neanche di un mafioso poiché nella nostra terra bisogna anche metter in conto questa ultima spregevole parentela, e ottenere fondi non è una cosa semplice. Ci sono quelli europei, ma la spuntano sempre progetti molto articolati e con offerte lavoro a molte persone. Il sociale è sempre relegato.
L’abbiamo incontrata nuovamente, con l’augurio che chi nelle istituzioni impegnate nel sociale la ascolti e la aiuti.
D: Innanzitutto come va Simona? Il periodo pandemico ti ha fermata calcisticamente?
R: Si tutto bene, Il periodo pandemico mi ha fermata da marzo a maggio 2020. Fortunatamente non ho perso nulla, anche perché ero in fase di recupero per un infortunio. Ora sono in forma e a differenza del campionato italiano, qui in Spagna abbiamo avuto a possibilità di continuare ad allenarci, ovviamente rispettando le normative di sicurezza sanitaria, distanza in primis. A Settembre abbiamo iniziato il campionato, terminato tre settimane fa purtroppo perdendo i play-off. Sinceramente posso dire che qui alle Isole Canarie non abbiamo sofferto tanto gli effetti della pandemia per la libertà di movimento, ma dal punto di vista sanitario è stato sentito come in altri paesi.
D: Hai parlato del tuo sogno, una società femminile di calcio, con te presidente, da fondare nella tua città natale, a Mattinata. Hai preso contatti?
R: Essendo stata la prima calciatrice che nella provincia di Foggia ha giocato assieme ai ragazzi, ho sempre desiderato di realizzare un progetto di calcio tutto al femminile. L’esperienza con il calcio maschile è stato fondamentale, e lo rifarei. Ma sono una donna e giocare al calcio è la mia passione, come del resto l’hanno altre donne, che è diventato un lavoro. Purtroppo le società maschili si approfittano di noi donne. Ecco che, dopo l’assenza istituzionale a Mattinata, decisi di realizzarlo a San Marco in Lamis, dove avevo trovato un gruppo disposto a sostenermi. All’inizio sembrava che andasse tutto bene, avevo una rosa ampia di calciatrici che credevano in me, in Simona Lapomarda. Poi la verità. Il gruppo sostenitore fatto di uomini iniziò a cambiar le carte in tavola e capii che la fine del progetto era vicino. Compresi che le promesse fatte erano solo un palliativo per appropriarsi del progetto e trasformarlo al maschile. Cosicché lasciai tutto, spiegando la verità alle ragazze e a malincuore andai via. Soffrii tanto. Avevo tutte le carte in regola, finanche l’ok della federazione. La Spagna fu l’ancora di salvataggio, dove alle Isole Canarie ritrovai serenità e soprattutto il calcio, come passione e soprattutto lavoro.
D: Da quanto hai detto la finalità oltre che sportiva sarebbe sociale. In altre parole ti piacerebbe far praticare sport a ragazze con difficoltà motorie, diversamente abili, con problemi inclusivi, che lo sport fa superare. Giusto?
R: Mi piacerebbe che il calcio non sia solo un ritrovo dove ragazze e ragazzi possano giocare e divertirsi. Vorrei che il mio progetto con una società sportiva sia il punto di riferimento a chi piace lo sport, la casa di tutti, di chi è meno fortunato non solo fisicamente per problemi motorii e diversamente abili, anche per chi non ha possibilità economiche. Voglio una società sportiva inclusiva a 360°. Mi piacerebbe fosse anche un riferimento per quei ragazzi con problemi familiari legati alla mafia e ala droga, che invece di delinquere possano imparare una disciplina sportiva, per trasformarla prima lontananza dalla criminalità, poi in opportunità e infine in lavoro. Il sociale rende e ti rende una persona migliore e libera.
D: Nel racconto fatto prima di questa intervista, è stato colto un particolare, quello delle difficoltà nel fondare la società, ottenere fondi. Ha chi ti sei rivolta per chiedere questo sostanziale aiuto? E qual è stato il risultato?
R: A Mattinata avevo preso contatti. Ma l’esistenza di solo società di calcio maschile limitava il tutto, anche perché qui il calcio è solo giovanile. Con il mio progetto volevo dare la possibilità al mio paese di ritornare a credere nello sport come volano per un’esistenza migliore dei giovani. Al tempo ne avevo parlato con tutte le figure istituzionali, con gli imprenditori cui avevo chiesto un semplice e piccolo aiuto economico, con una quota mensile e non le solite richieste di migliaia di euro. La proposta fu anche quella che chi aderiva diventava socio e dirigente della società calcistica femminile. Purtroppo io con il mio umile lavoro da barista non avrei potuto finanziare tutto, ma avrei contribuito con una mia quota, oltre qualche sponsor. All’inizio le persone contattate erano favorevoli, poi quando dovevano concretamente finanziare, cacciare i soldi, son sparite. Rimasi sola e delusa. Lì capii che non avrei realizzato nulla. Spero davvero a cuore aperto che Mattinata possa cambiare, migliorarsi e crescere su queste tematiche. Un paese, come del resto tanti altri e non solo della Capitanata, dove vanno avanti sempre le solite persone, i figli di importanti personaggi, nel bene e nel male. Chi mi conosce bene io sono una persona determinata, non mollo mai e farò di tutto affinché il mio sogno diventi realtà.
D: Simona, forse di ritorno in Italia per realizzare il tuo sogno, che è quello per aiutare tante ragazze, dovrai metter mano alle tue tasche. Vorresti lanciare un appello, nella speranza che venga letto e colto da chi è impegnato nelle istituzioni che lavorano per il sociale, il welfare, l’inclusione?
R: In verità questo progetto non è facile da realizzare. Non dobbiamo nasconderci dietro l’entusiasmo perché la realtà e altra e tortuosa, ma percorribile e superabile. In questi giorni ne parlavo con alcune mie colleghe e amiche spagnole per vedere la fattibilità del progetto qui in Spagna. Ma farlo nella tua terra, a Mattinata, è davvero il sogno realizzato, che ti rende orgogliosa per il bene di altri. Ma ho anche compreso che se un giorno ritornerò in Italia, e lo farò solo per realizzare il progetto perché qui sto bene, dovrò da sola affrontare sacrifici, mettendo mano alla mia tasca se voglio costituire una società sportiva di calcio femminile. Sarebbe anche meglio giacché nessuno si può intromettere, nessuno può dirti come e quando fare, nessuno ti potrà più illudere. Ovviamente dovrò sempre trovare degli sponsor e dirigenti assunti, ma questo è un aspetto puramente contrattuale. Perciò il mio appello è rivolto alle istituzioni locali, a quelle persone che con cariche importanti, sia politiche, sia istituzionali, sia imprenditoriali, possano dar seguito a questo progetto. Chiedo aiuto, una mano, che altro non è uno strumento per ridare speranze a giovani in cerca di futuro, quello sano, libero e nella totale legalità. Il mio è un progetto che valorizza le persone, le ragazze, lo sport, l’inclusione e la socializzazione. Il mio sogno è anche quello di giocare con la nazionale di calcio femminile, indossare la mitica e sempre desiderata maglia Azzurra. La Spagna mi ha dato tanto e sportivamente è diversa dall’Italia. Infatti, qui c’è chi ti osserva e sceglie, come avviene in Italia da Roma in su ma non da Roma in giù. E ciò è una falla in un sistema sportivo che permane da decenni, salvo che non ci sia una squadra del sud dell’Italia che milita nella massima categoria, altrimenti sei destinata a rimanere nell’ombra, pur avendo doti calcistiche eccellenti. È questione di mentalità, di agenti che non valorizzano le calciatrici, di società maschili che predominano. Auguro a tutti buona vita.
Bene Simona, altre parole diverrebbero superflue al fine preposto. Nell’attesa di vederti con la mitica maglia Azzurra e soprattutto presidente di una società di calcio femminile, ti ringraziamo per aver la fiducia accordata e per la nobile proposta in favore di chi è meno fortunata. L’augurio che qualche nostro rappresentante istituzionale prenda a cuore il progetto e ti aiuti a realizzarlo. Grazie di cuore.