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La transazione ecologica nei settori dell’impiantistica e della moda: indagine della Cna

I tempi della burocrazia italiana sono molto più lenti di quelli immaginati per la transizione ecologica. La tutela del territorio dovrebbe teoricamente andare di pari passo con la predisposizione degli strumenti giusti per realizzarla, ma spesso e volentieri la burocrazia continua ad essere un impedimento enorme per le aziende italiane. Una corretta “transizione burocratica” sottesa alla transizione ecologica sta alla base della terza edizione dell’Osservatorio “Comune che vai burocrazia che trovi”, il progetto della Cna che ha l’obiettivo di monitorare il peso della burocrazia sulle imprese.

Lo studio cerca di analizzare nel dettaglio gli adempimenti più gravosi per le imprese che operano nel settore dell’installazione di impianti e in quello della moda, con un focus sugli ostacoli normativi ed interpretativi che incontrano nell’attuazione delle politiche di sostenibilità. Tante volte, infatti, l’investimento delle aziende in scelte sostenibili, pur determinando una serie di vantaggi per l’impresa, oltre che per l’ambiente, nella pratica diventa troppo oneroso a causa dell’eccessiva burocrazia. Nel merito, l’analisi dimostra quanto la normativa sull’attività di installazione di impianti, prevalentemente di carattere tecnico, sia farraginosa e soggetta a diverse interpretazioni a livello comunale e regionale. Per la moda, invece, si indaga l’impatto burocratico dell’intero ciclo produttivo di materie tessili, calzaturiere e della concia, a partire dagli adempimenti legati alla produzione e poi quelli legati al fine vita degli scarti di lavorazione, fino al recupero degli scarti.

Dall’analisi emerge che gli adempimenti tendono ad aumentare nel tempo per livello di tecnicismo e si moltiplicano nonostante l’esistenza dei processi di digitalizzazione. Questo dal punto di vista dell’impresa si traduce in assegnazione di risorse umane ed economiche dedicate oppure, nel caso delle aziende più piccole, in alti costi di consulenza. In conclusione, l’indagine dimostra come la semplificazione sia diventata la lotta contro le complicazioni inutili anziché il diritto ad una buona amministrazione (art. 41 Carta dei diritti fondamentali UE).

L’Osservatorio della Cna

L’Osservatorio della Cna analizza il peso della burocrazia con riferimento a due tipologie di attività fortemente impattate dalla normativa ambientale: l’installazione di impianti e la moda. Per ciascuna di queste attività assumono infatti importanza le variabili rappresentate dai tempi di rilascio e conclusione dei procedimenti, dai costi sostenuti per portare a termine la procedura, degli enti coinvolti nella stessa e dalle prassi locali. La rilevazione in questione è avvenuta attraverso la somministrazione di un questionario ad hoc per tipologia di attività da parte delle sedi Territoriali della Confederazione che ha permesso, con un lavoro corale e capillare, di raccogliere e mettere a sistema le informazioni quali-quantitative relative alle singole realtà.

Installazione di impianti. La prima parte dell’analisi ha ad oggetto l’attività degli installatori di impianti che operano sulle fonti energetiche rinnovabili. Il decreto legislativo n. 28/2011, che regola la qualificazione di installatore di impianti a fonti energia rinnovabile (FER), prevede ad esempio un percorso di aggiornamento al quale devono sottoporsi obbligatoriamente i professionisti del settore per poter mantenere l’abilitazione. In particolare, l’art. 15 del d.lgs. 28/20013 consente il mantenimento della qualificazione ottenuta attraverso la frequenza obbligatoria di almeno 16 ore di aggiornamento ogni 3 anni. La formazione obbligatoria è in capo al responsabile tecnico, ma nonostante tale corso assuma una grande importanza per gli operatori, la sua attivazione non è uniforme in tutte le regioni. Non tutte le regioni lo hanno attivato alla data richiesta e questo ha causato disomogeneità nell’applicazione della norma nei vari territori. La prima scadenza per l’attivazione era fissata al 31 ottobre 2013, ma a tale data solo poche regioni avevano ottemperato all’obbligo, con il rischio di alterare la concorrenza tra operatori in ragione dell’avvio o meno del corso nella propria regione. Ciò ha portato ad una proroga dapprima al 2016 (data in cui i corsi sono stati attivati ad esempio in Sardegna) e poi fino al 2019 che, se da un lato, ha consentito alle regioni ritardatarie di attivare i corsi, dall’altro, ha mantenuto la disparità tra operatori in possesso dell’aggiornamento professionale e quelli sprovvisti.

Oltre a prendere in considerazione altri aspetti burocratici dell’attività di installazione l’indagine fa riferimento al catasto degli impianti di climatizzazione estiva e invernale. Il catasto degli impianti termici è una banca dati nata per raccogliere e gestire i dati relativi a tutti gli impianti termici ai fini dell’efficienza energetica e consentirne un monitoraggio sulla regolarità delle operazioni di manutenzione di controllo anche tramite accertamenti e verifiche ispettive. Tale banca dati è istituita autonomamente da ogni regione ai sensi del DPR 74/2013 e consiste nella raccolta informatica dei libretti e dei rapporti di efficienza energetica. Ogni regione ha sviluppato una propria piattaforma autonoma con specifiche modalità di accesso e procedure. Tuttavia, le regioni hanno provveduto gradualmente all’istituzione del catasto in forma digitale e, come si evince dal grafico, in ben otto regioni (tra le quali la Sardegna) non risulta ancora attivato.

Moda. Con un fatturato in costante incremento, più di 470 mila addetti e quasi 58 mila aziende, il settore della moda rappresenta una filiera sempre più significativa nello scenario economico italiano. Tuttavia, le imprese affrontano con difficoltà il processo di transizione ecologica. La redditività economica dei modelli di business circolari non è garantita dai meccanismi di mercato, in quanto l’utilizzo di materiali recuperati e/o riciclati in un’ottica di economia circolare, nella gran parte dei casi, non risulta economicamente più conveniente rispetto al consumo di materia prima vergine. Lo stallo dei mercati di materia secondaria, ed in particolare del riciclo, è di matrice burocratica. In assenza di una armonizzazione della normativa ambientale, l’ostacolo burocratico rappresenta insomma la principale criticità. Inoltre, si evidenzia il deficit di reti impiantistiche destinate al trattamento/valorizzazione dei rifiuti in cui vengono effettuate le operazioni di raccolta, selezione e trattamento dei rifiuti tessili.

Nel dettaglio, l’Osservatorio indaga aspetti diversi del ciclo produttivo: la produzione e prevenzione (sottoprodotto) e il recupero dei materiali. Quanto alla fase della produzione, la ricerca della Cna evidenzia le criticità della AUA, l’autorizzazione unica ambientale introdotta al fine di sostituire gli atti di comunicazione, notifica ed autorizzazione in materia ambientale. L’AUA sostituisce sette titoli abilitativi e va presentata in via telematica al SUAP, che poi si occupa di rilasciare materialmente l’atto, ma rispetto alle previsioni legislative, la situazione in concreto differisce da territorio a territorio. Secondo le previsioni normative, la domanda deve essere corredata dai documenti, dalle dichiarazioni e dalle altre attestazioni previste dalle vigenti normative di settore relative agli atti di comunicazione, notifica e autorizzazione. Il SUAP a quel punto deve interessare gli altri enti coinvolti nella pratica (provincia ad esempio) e comunicare con loro in via telematica. Qualora sia necessario acquisire esclusivamente l’autorizzazione unica ambientale ai fini del rilascio, della formazione, del rinnovo o dell’aggiornamento di titoli abilitativi il SUAP trasmette la relativa documentazione all’autorità competente che, ove previsto, convoca la conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della l. n. 241/1990. L’autorità competente adotta il provvedimento e lo trasmette immediatamente al SUAP per il rilascio del titolo

Quanto alla fase finale del ciclo, l’indagine della Cna pone l’attenzione sull’entrata in vigore della nuova definizione di rifiuti urbani e speciali introdotta lo scorso anno dal d.lgs. 116/2020. Tale novità ha creato molta confusione e difficoltà operative e rappresenta tuttora un tema critico per le imprese.

Le conclusioni della Cna

In generale, dall’analisi dell’Osservatorio si evince che i tempi della burocrazia per i due settori esaminati sono molto più lenti di quelli immaginati per la transizione ecologica. In generale, si riscontra ancora una PA a due velocità, fatta di ritardi, inefficienze e troppi enti coinvolti, che non dà risposte univoche. L’indagine conferma ancora una burocrazia difensiva, che chiede lo stesso documento in formato digitale e cartaceo, che allunga i tempi per l’entrata in vigore delle nuove misure per non sbagliare per primo e non agisce esprimendo parere se non dopo aver acquisito un surplus di pareri e documentazioni esplicite, preferendo comunque richiedere all’utente anche quegli atti e documenti che potrebbero essere reperiti in banche dati in uso da altre PA o addirittura un altro ufficio dello stesso ente. Le Amministrazioni posseggono un enorme mole di dati di ogni natura e anziché utilizzarli in modo strategico, al fine di prendere decisioni mirate ed efficaci per l’intera collettività, ne limitano al minimo l’utilizzo.

Per arrivare ad una reale semplificazione – se legge nella ricerca – è sicuramente necessario potenziare l’aspetto della digitalizzazione, non intesa solo come utilizzo del mezzo tecnologico quanto più nel considerare il digitale il primo ed unico metodo di acquisizione dei dati, non sempre affiancato a quello cartaceo. Non di rado si assiste ad un utilizzo infinitesimale delle potenzialità tecnologiche disponibili, poiché si fatica a far nascere e sviluppare esclusivamente in formato digitale un provvedimento amministrativo e dall’altro lato si riscontra uno scarso sfruttamento dell’interoperabilità tra sistemi operativi PA.

Altro fattore di complicazione – si legge – è la sovrapposizione delle competenze tra Stato, Regioni ed Enti locali che ha creato un vero e proprio caos legislativo e amministrativo a causa della modifica del titolo V della Costituzione del 2001, a cui è seguita una scarsa capacità di operare nel solco del principio della leale collaborazione. Di conseguenza, ci troviamo di fronte ad una smisurata produzione di norme provenienti da soggetti istituzionali diversi che sono accomunati dall’impulso di normare qualsiasi comportamento e azione.

Come si evince dalla ricerca, le troppe norme limitano le libertà fondamentali e rafforzano il potere degli uffici. In più, non seguendo un filo logico le stesse autorità deputate al controllo non sanno orientarsi su quale comportamento o interpretazione assumere in modo univoco in un dato territorio. Questo determina nelle imprese e nei cittadini una condizione di incertezza interpretativa e un continuo destreggiarsi tra norme contraddittorie e chiaramente alimenta uno scetticismo verso le istituzioni.

I suggerimenti della Cna

L’indagine “Comune che vai burocrazia che trovi” presenta infine alcune proposte di semplificazione. Lo scopo dei suggerimenti della Cna è l’eliminazione di regole inutili, ridondanti e procedure complesse che allungano i tempi di realizzazione dei progetti e quindi di fatto minano la competitività e produttività delle imprese. In questo quadro, una transizione burocratica può essere realizzata tenendo presente tre aspetti. Primo, una migliore qualità della regolazione, mediante strumenti come una attenta valutazione di impatto della regolamentazione sui destinatari (Le imprese di piccole dimensioni). Secondo, sul lato della semplificazione organizzativa, potenziando la digitalizzazione in tutti gli uffici e fasi del procedimento amministrativo. Terzo, con riguardo alla semplificazione procedimentale, sottraendo o modificando fasi e oneri della sequenza decisionale e semplificando gli adempimenti richiesti alle imprese.

Questi i suggerimenti distinti per settore:

Attività di installazione di impianti

1. Adeguare l’intervallo temporale tra i corsi di aggiornamento alle norme tecniche (che vengono modificate con cadenza quadriennale/quinquennale)

2. Uniformare la scadenza degli attestati, che differisce a livello regionale, poiché non è chiaro con quale frequenza triennale vadano effettuati gli aggiornamenti.

3. Unificare i catasti informatici con un’unica piattaforma nazionale

4. Prevedere un glossario nazionale per le attività ispettive utile a rendere univoche le interpretazioni normative sul territorio

5. Creare un organismo di controllo regionale unico ed un sistema unico di acquisto bollini per i contributi relative alle ispezioni sugli impianti

6. Predisporre una piattaforma nazionale per l’invio della dichiarazione di conformità

7. Rivedere complessivamente la disciplina dei RAEE ed in particolare intervenire con una completa revisione del DM 65/2010.

8. Unificare la documentazione relativa alla gestione rifiuti e alla gestione dei RAEE attualmente caratterizzata da modulistica e adempimenti diversi che generano confusione negli operatori

9. Eliminare la doppia iscrizione all’Albo gestori ambientali e prevedere una categoria semplificata di iscrizione per il trasporto dalla sede del cliente alla sede dell’azienda

10. Rendere operativa la disposizione volta ad agevolare il trasporto di piccole quantità di rifiuti attraverso la sola compilazione del documento di trasporto (DDT) al posto del formulario

11. Istituire una cabina di regia dedicata al coordinamento delle attività di ispezione e di controllo

Moda

1. Prevedere la riduzione dei tempi delle istruttorie autorizzative e semplificazione della documentazione da allegare all’istanza.

2. Prevedere una piattaforma unica regionale per la gestione totale del procedimento in AUA dall’inserimento dell’istanza da parte delle imprese fino al rilascio dell’autorizzazione prevedendo anche l’interoperabilità con tutti gli enti coinvolti.

3. Semplificare e razionalizzare la disciplina del sottoprodotto, come avviene per le biomasse residuali. Vi è l’opportunità di prevedere percorsi semplificati per alcune tipologie di scarti del settore tessile e calzaturiero facilmente classificabili come sottoprodotto.

4. Favorire un meccanismo che faciliti ai produttori di rifiuto nella classificazione attraverso l’utilizzo di informazioni a sua disposizione evitando così il proliferare di richieste di analisi per la classificazione del rifiuto laddove non richieste.

5. Favorire un’interpretazione e applicazione uniforme della norma da parte degli organi di controllo, attraverso l’adozione di linee guida nazionali.

6. Semplificare tempi e procedure con chiarezza anche dei soggetti coinvolti (provincia regione ecc) relativamente alle procedure autorizzatorie per l’avvio di piccoli impianti di recupero.

7. Emanare un Decreto specifico su End of waste tessile e della lavorazione delle pelli.

Transizione burocratica ed ecologica

1. Favorire iniziative di simbiosi industriale in grado di coinvolgere anche le imprese più piccole, al fine di favorire concretamente la valorizzazione degli scarti di produzione come risorse lungo tutta la filiera.

2. Indirizzare in maniera efficace le risorse a disposizione al fine di sostenere gli investimenti delle imprese.

3. Favorire campagne di sensibilizzazione e informazione sui temi dell’economia circolare, anche attraverso l’apporto delle associazioni di categoria, destinate alle imprese e ai consumatori.

4. Favorire lo sviluppo di una dotazione impiantistica per il settore, favorendo così una migliore gestione e riducendo i costi. 5. Individuare misure e strumenti in grado di valorizzare il mercato delle materie prime seconde per il settore.

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