Editoriali

La cooperazione bilaterale antiterrorismo tra Spagna e Marocco è di per sé un successo: Ora estendiamola a tutta Europa

E’ appena uscito una interessante analisi dell’ osservatorio internazionale di studi sul terrorismo ha elogiato ha sottolineato come  «La cooperazione bilaterale antiterrorismo tra Spagna e Marocco è di per sé un successo per il superamento delle precedenti difficoltà e l’ampia attuazione di misure e accordi al riguardo”. L’inchiesta sostiene che “l’azione congiunta nella lotta alla radicalizzazione non è altrettanto definita e sviluppata come sul fronte giudiziario, di polizia e di intelligence”. “La sfiducia di entrambi i paesi è ancora latente, il che impedisce il pieno sviluppo di molte delle azioni necessarie di questa cooperazione bilaterale”, sottolineano i ricercatori. Il capitolo firmato da Daniel Pérez sottolinea la necessità di un maggiore coinvolgimento della società civile – oltre alle istituzioni pubbliche e alle agenzie giudiziarie e di polizia – per arginare la minaccia del terrorismo jihadista e della radicalizzazione violenta. Nell’evoluzione di queste relazioni specifiche, si è passati dalla condivisione di dati su cellule o persone legate al jihadismo alla formazione di squadre congiunte e pattuglie miste di truppe spagnole e marocchine, pur non avendo quadri giuridici comuni, come nel caso tra i paesi europei . Il “cambio di paradigma” è avvenuto, secondo l’OIET, con la coincidenza tra “l’inizio della fine dell’ETA” e gli attentati di Casablanca nel 2003 e quello dell’11-M 2004 a Madrid, che ha aperto una “profonda riflessione in merito fallimenti in ambito preventivo, sia in ambito giudiziario, di polizia e di intelligence, sia nella lotta alla radicalizzazione”.

Il Marocco è un modello nella lotta al radicalismo che le nazioni europee dovrebbero conoscere ed imparare . L’approccio marocchino alla de radicalizzazione e alla lotta contro l’estremismo violento si basa sulla sicurezza religiosa, la prevenzione e l’anticipazione della sicurezza e lo sviluppo umano  Il ruolo della moschea è essenziale, soprattutto nelle aree rurali dove l’Imam deve porsi a modello nella sua azione per la promozione del ruolo della moschea nella socializzazione religiosa e nazionale, basata sulle costanti della personalità marocchina.  La strategia marocchina di de radicalizzazione si basa anche sulla re- visione ideologica degli elementi del pensiero radicale, basata sull’in- terpretazione pragmatica e logica dei testi religiosi. In effetti, l’azione di successo del ritorno di alcuni volti noti del sa lafismo jihadista in Marocco ha permesso la loro integrazione nella società che ha incoraggiato altri salafiti a rifiutare la violenza e rinun- ciare pubblicamente all’incitamento all’odio. Questa azione ha consentito non solo la condivisione dei valori della società, ma in alcuni casi anche l’impegno nella vita politica di alcuni ex detenuti islamisti nonché dei loro seguaci. La politica marocchina contro la radicalizzazione ha colpito anche i centri penitenziari. Per quanto riguarda le persone coinvolte in attività terroristiche e detenute nelle carceri marocchine, il Marocco ha svi- luppato un approccio di riabilitazione e dialogo con questi detenuti, prendendo in considerazione il contesto marocchino e la natura del discorso radicale nei confronti dei circoli islamisti marocchini. Questo orientamento comprendeva anche il coinvolgimento di diversi dipartimenti statali competenti oltre agli attori della società civile che intervengono tutti per garantire il disimpegno dei detenuti islamisti dai progetti terroristici. La deradicalizzazione delle persone convinte della correttezza della loro fede, associando a questo lavoro predicatori religiosi ufficiali marocchini, assistiti da psicologi e assistenti sociali per aiutarli a comprendere le specificità di ciascun candidato per questo programma di riabilitazione. Tra le azioni svolte in questo contesto, la Delegazione generale per l’amministrazione e il reinserimento penitenziario facilita l’accesso dei detenuti, nel contesto della lotta all’estremismo, all’istruzione di base o universitaria fornendo al contempo formazione professionale a quest’ultima. Allo stesso modo, la “Fondazione Mohammed VI per il reinserimento dei detenuti” svolge un ruolo importante nel loro reinserimento attraverso, in particolare, programmi di sostegno a microprogetti e lavoro autonomo e l’inserimento di questi ex detenuti in aziende cittadine Così, il Marocco è riuscito a raccogliere la sfida di trasformare l’ambiente carcerario per gli estremisti da un luogo di disperazione a un luogo di ottimismo. Attraverso questa strategia che preserva la dignità umana anche in una situazione di detenzione, il Marocco ha il più basso tasso di reci- diva in Africa e nel mondo arabo. La politica di de radicalizzazione è stata anche accompagnata da azio-ni socio-economiche, coinvolgendo iniziative come l’Iniziativa Nazionale per lo Sviluppo Umano (INDH) e l’impegno dei media nella prevenzione e nella lotta all’estremismo violento. In questo senso, il Marocco ha lanciato nel 2005 “l’Iniziativa Nazionale per lo Sviluppo Umano” che sostiene la lotta contro l’esclusione, la precarietà e il radicalismo. Questa iniziativa funziona in modo efficace, grazie al suo approccio partecipativo, inclusi i servizi governativi e la società civile, incoraggiando progetti generatori di reddito e di occupazione. L’integrazione sociale delle persone destinatarie è realizzata dagli sforzi compiuti dall’amministrazione di riabilitazione e reinserimento all’interno dell’amministrazione delle carceri, dalle strutture di inizia- tiva di sviluppo umano, dal Consiglio Nazionale dei Diritti dell’Uomo e da associazioni per la difesa dei diritti umani oltre che dalla società civile. Anche il settore dei media è stato coinvolto in questa strategia di ri- forma, attraverso i canali radiofonici e televisivi Mohammed VI del Sacro Corano, il cui pubblico continua ad espandersi oltre i confini nazionali. A tal fine, il lancio del “canale radiotelevisivo Mohammed VI” per la trasmissione di programmi educativi e la divulgazione degli inse- gnamenti dell’Islam basati sulla moderazione e la tolleranza secondo il rito Maliki ha svolto un ruolo importante nella consapevolezza reli- giosa dei cittadini. Questi programmi vengono trasmessi anche nelle moschee dove vengono commentati e spiegati da predicatori qualificati nominati dal ministero responsabile.

Il Modello del Marocco potrebbe essere un esempio per molte nazioni dovrebbero conoscere per creare sinergie e collaborazione

Marco Baratto

Marco Baratto

Nato a Milano , Laureato in Legge. Si interessa di storia dei rapporti tra l'Europa e il Mediterraneo.

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