Riflessioni sul libro “Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli” di Marco Termenana
Il racconto del dramma di chi ha vissuto la crisi dovuta all’identità di genere e ha scelto l’isolamento
A Milano, mercoledì 11 maggio alle ore 18.30, presso una delle sale del BAR ATTIMI all’interno della Parrocchia San Pietro in Sala, in piazza Wagner 2, il giornalista Fabio Benati dialoga con Marco Termenana (pseudonimo) autore del libro “Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli“, edito a giugno 2021.
L’evento si inserisce nell’ambito della rassegna “Eventi di Primavera” promossa dall’Associazione “I sempre vivi” guidata da Simona Police. Interviene Giulio Gallera, Presidente Commissione Programmazione e Bilancio Consiglio regionale Lombardia e già assessore regionale al Welfare.
Chi è Marco Termenana? Con lo pseudonimo di El Grinta, sullo stesso argomento, ha già pubblicato “Giuseppe”. I romanzi sono ispirati al suicidio di Giuseppe, il figlio ventunenne (il primo di tre), quando in una notte di marzo 2014 apre la finestra della sua camera, all’ottavo piano di un palazzo, e si lancia nel vuoto. Senza mai cadere nella retorica, la storia racconta il (mal) vivere di chi si è sentito sin dall’adolescenza intrappolato nel proprio corpo: la storia di Giuseppe è infatti anche la storia di Noemi, alter ego femminile, che assume contorni definiti nella vita dei genitori solo nel momento in cui si toglie la vita.
Tragedia non solo di mancata transessualità ma anche di mortale isolamento, al secolo hikikomori, malattia consistente nella scelta di rifuggire totalmente dalla vita sociale e familiare.
“Mio figlio“, in linea con il libro precedente, sta mietendo numerosi riconoscimenti nei Concorsi letterari di tutta Italia: l’ultimo (per data), il diciassettesimo, a Palermo, con “Città di Cefalù”.
Ma perché questo evento? Ce lo dice l’avvocato Giulio Gallera che ha avuto l’idea: “Ho letto il libro e ho trovato davvero straziante la lettera che Giuseppe lascia ai genitori, riportata integralmente. Mi è piaciuto lo stile di scrittura, diretto, dell’autore che racconta le vicende tormentate che ha dovuto fronteggiare e ho immediatamente realizzato che quel vissuto quotidiano, quelle situazioni avrebbero potuto toccare ciascuno di noi”. “Non è facile – conclude Gallera – raccontare i sentimenti e i fatti che ha vissuto, anche i più tragici, attraverso uno stile vivace”.
“Ho scritto questi libri solo per commemorare Giuseppe, ma se la storia gira per l’Italia e aiuta i ragazzi a capire che bisogna sempre aprirsi sui propri problemi, sono contento – afferma l’autore -. Credo poi che noi genitori non dobbiamo mai stancarci di ascoltare i figli. Non è mai il momento sbagliato per parlare delle loro criticità, qualsiasi esse siano, anche quando e se ci beffeggiano”.
Oltre ad essere un esempio per tutti, genitori e non, su come rispondere alle avversità della vita, di fatto, la testimonianza che ci propone l’autore condividendo il suo rapporto con un figlio difficile aiuta a riflettere sul proprio ruolo di genitore e di figlio e stimola anche tutti gli altri soggetti della “filiera” educativa, ognuno per il suo ruolo.
Ultimo ma non per ultimo, bella e avvincente l’umanità delle “scene” con la nonna materna, visto il forte rapporto che Giuseppe aveva con lei.
La presentazione del libro in programma l’11 maggio più che la presentazione di un libro, oltre a commemorare Giuseppe, è un momento di riflessione per tutti quegli adulti che mettono al centro della propria vita la famiglia.