Che diavolo del gaz? L’Algeria è un partner affidabile? Perché Hirak chiede “uno Stato civile non militare”?
L’Italia alla faticosa ricerca di alternative alla dipendenza energetica dalla Russia di Putin ha stipulato nell’aprile 2022 un accordo con Algeria che verrà approfondito durante la discussa visita del presidente algerino in Italia nei giorni 25-27 maggio. L’Algeria è un partner affidabile? Non è che per liberarsi dalla Russia Italia si lega a un paese che ha altrettante problematicità in quanto a rispetto dei vicini, dei diritti umani e delle libertà democratiche?
Intanto questa notizia ci fa riflettere: Il Presidente Sergio Mattarella ha annullato la visita prevista venerdì 27 maggio agli Scavi di Pompei. Il Capo dello Stato doveva accompagnare il presidente algerino Abdelmajid Tebboune, ma quest’ultimo ha rinunciato all’ultimo momento per motivi personali. Secondo gli osservatori, il probabile motivo era la manifestazione di protesta programmata nello stesso giorno dall’Hirak al parco archeologico di Pompei. È ben nota l’accoglienza di basso livello riservata a lui all’aeroporto di Roma dove è stato ricevuto solo dalla sua ambasciata e il ministro esteri italiano.
Inaffidabilità e ricatto del gas:
È evidente che la produzione dell’Algeria non è così elastica da poter soddisfare la richiesta di tutti paesi dell’Unione Europea. Pertanto, l’incremento dell’offerta verso l’Italia, oltre ad essere discutibile visto che già esaurito il gas, potrebbe tradursi in una diminuzione verso altri paesi, in primis verso la Spagna che paga la vicinanza al Marocco da decenni rivale dell’Algeria per la questione del Sahara Marocchino.
Enorme difficoltà economiche:
L’Algeria ha un’economia fortemente dipendente dalle sue risorse energetiche e con il crollo dei prezzi degli idrocarburi dal 2014, le riserve valutarie di Algeri si sono dimezzate tra il 2018 e il 2021. La situazione è poi stata aggravata dalla pandemia da Covid-19. Oggi non ci sono più risorse per scavare altri giacimenti e calmare le proteste sociali degli strati più penalizzati e frustrati come i giovani che rappresentano il tasso più della disoccupazione nell’area mediterranea, oltre a carovita e la diminuzione di razioni di latte, farina e olio per la popolazione.
Democrazia mai trovata e lotta intestina tra i clan:
Politicamente, il paese non ha mai trovato una sua strada verso la democrazia dopo l’indipendenza concessa dai francesi nel 1962 e non ha avuto da subito vita facile, in considerazione della lotta intestina tra il carismatico leader Ahmed Ben Balla e il suo successore Houari Boumedienne attore di golpe militare rimasto al potere sino al 1978.
Con il crollo del blocco socialista e dell’Urss, l’Algeria dagli anni Novanta si è aperta alle riforme limitate di mercato e al pluripartitismo. Ma questa scelta non ha prodotto effetti positivi, al contrario è stata di fatto la miccia di una violenta guerra civile tra i militari sempre molto presenti nella vita pubblica del paese e i civili. Il colpo di stato militare del 1992, teso a impedire l’ascesa al potere del Fronte Islamico di Salvezza (FIS) che pure aveva vinto il primo turno delle elezioni politiche del 1991 ha aperto un conflitto armato durato fino al 2002 che è costato la vita secondo alcune stime a 250.000 persone. Nello stesso periodo il presidente Boudiaf è stato assassinato da un militare e che oggi i veri autori non sono ancora tradotti davanti al tribunale.
Hirak chiede uno Stato civile non militare:
Non sono mancate nel paese nordafricano le proteste in richiesta di maggiori aperture democratiche: dapprima nel 2010-2012 nel contesto delle Primavere Arabe e poi anche dal 2019 ai giorni nostri con il movimento denominato Hirak che in arabo significa appunto movimento e chiede “uno Stato civile e non uno Stato militare”. La spinta dell’Hirak con forti proteste di piazza ha sancito l’allontanamento dal potere del vecchio presidente Abdelaziz Bouteflika, ma l’avvio di un nuovo e controverso processo politico non ha avuto luogo. L’attuale presidente è sempre contestato dal popolo che lo considera “falso” e “apportato al potere dai militari”. A Roma e a Napoli sono organizzati due manifestazioni di protesta contro la sua visita in Italia. L’esercito mantiene un peso rilevante nelle questioni politiche ed economiche, mentre le tensioni sociali dovute alla rabbia giovanile e alle altre tensioni come la questione dell’autodeterminazione della Cabilia finiscono ancora troppo spesso per essere regolate con l’esercizio della repressione.
A confermare il precario stato dei diritti e delle libertà in Algeria, ci sono i rapporti dell’Onu, l’Ue e di organizzazioni di difesa dei diritti umani come Amnesty International e Humans Right Watch. Le ultime consultazioni elettorali si siano contraddistinte per l’altissimo tasso di astensionismo. Il referendum costituzionale del 2020 ha visto la partecipazione del 23% degli elettori secondo la giunta militare e 9 per cento secondo l’opposizione; dato ripetuto nel giugno del 2021 in occasione delle elezioni politiche, mentre nelle consultazioni locali del novembre del 2021 i partecipanti sono stati poco più del 26%.
Proteste anche in Italia:
In occasione della visita di Tebboune in Italia, l’Ong Riposte Internationale ha lanciato un appello alle autorità italiane affinché affrontino la questione delle condanne arbitrarie e del rispetto dei diritti umani nel Paese. Si denuncia, in particolare, “le violenze del potere algerino contro gli oppositori e il popolo pacifico”; “gli assassini mascherati di detenuti per reati d’opinione nelle carceri algerine”; “Si tratta di parametri che vorremmo che il governo italiano tenesse in considerazione nelle sue future cooperazioni con il regime totalitario algerino”; puntando i fari, in particolare, sulla morte “in condizioni particolarmente oscure del detenuto di opinione nel carcere di Koléa, fermato il 22 febbraio per le sue pubblicazioni sui social network, Hakim Debazi (55 anni)”. “Questo precedente gravissimo non deve restare impunito”, avverte Riposte Internationale che chiede l’apertura di un’inchiesta internazionale interpellando la comunità internazionale di “esigere la cessazione della tortura, degli arresti e delle condanne arbitrarie” in Algeria nonché la “liberazione incondizionata dell’insieme dei detenuti politici e d’opinione.
Se a questo si uniscono la presenza dell’Hirak in Italia per denunciare la mascherata dove i diritti umani e le aspirazioni di un intero popolo vengono sacrificati a beneficio degli interessi economici e la controversia territoriale con il Marocco sopra citata e le conseguenti tensioni internazionali, è lecito domandarsi se, al di là delle contingenze del breve periodo, la volontà di sostituire la Russia con l’Algeria nella fornitura di gas non rischi di aprire altri fronti di criticità dal punto di vista etico e politico.