Uno dei temi del Mondiale di calcio in Qatar è quello della nazionale di casa, composta negli anni “comprando” calciatori in giro per il mondo.
In un precedente articolo vi abbiamo parlato della poca considerazione dei diritti umani che si ha in Qatar (e che è stata evidenziata dai lavori di preparazione delle infrastrutture per i Mondiali di Calcio 2022). Come detto, in Qatar l’85% della popolazione complessiva è composto di immigrati, lavoratori spesso provenienti da paesi in via di sviluppo che qui trovano condizioni di simil-schiavitù, e con scarse possibilità di fuga.
Il Qatar, coerentemente con questa sua politica migratoria, in vista dei Mondiali in casa ha così tentato di comporre anche la propria Nazionale di Calcio, “attirando” da tutto il mondo un gruppo di calciatori cui dare la cittadinanza e schierare a rappresentanza del Paese.
Le origini della nazionale del Qatar
Anche le origini della pratica del calcio in Qatar sono legate all’immigrazione nel Paese. Il Qatar divenne protettorato Britannico nel 1916, dopo quasi cinquant’anni di dominazione ottomana. I sudditi della regina ben presto presero accordi per far partire una campagna di scavi alla ricerca di petrolio, e l’attività iniziò nel 1939. Proprio in quel periodo il calcio iniziò ad essere praticato dai lavoratori europei immigrati per lavorare presso i giacimenti, e presto (nel 1960) nacque la Federcalcio qatariota.
Una nazionale come un club: la campagna acquisti
Dopo alterne vicende fino ai primi anni 2000, la storia del calcio in Qatar prende una svolta con la nascita dell’Aspire Academy, un ambizioso polo sportivo (nel quale sorge anche il Khalifa International Stadium) che puntava allo sviluppo degli sport nella nazione… pescando giovani promesse in giro per il mondo. Lo sport su cui l’accademia si è maggiormente concentrata negli anni è stato il calcio, e i risultati si sono visti nel lungo termine.
Tuttavia, dopo aver ottenuto di ospitare i Mondiali di Calcio nel 2022, il Qatar per anni ha portato avanti una sfacciata politica di naturalizzazione di calciatori stranieri, creando di fatto una squadra per club più che una nazionale. Questo progetto è andato avanti fino all’estate 2017, quando il tecnico Jorge Fossati decise di dimettersi dal ruolo di CT. La federazione decise allora di dare una svolta autoctona alla nazionale di calcio del Paese, valorizzando i talenti cresciuti in casa, affidando la guida tecnica all’allenatore delle giovanili, lo spagnolo Félix Sánchez Bas.
La svolta: solo giovani qatarioti
Dopo la svolta qatariota, i risultati hanno progressivamente iniziato ad arrivare dopo un inizio difficile. Questa parabola ascendente ha finora toccato il punto più alto con la storica vittoria della Coppa d’Asia 2019, la prima dopo nove partecipazioni. La squadra che ha vinto la finale contro il Giappone, a parte il difensore portoghese Ró-Ró, i difensori algerini Boualem Khoukhi e Karim Boudiaf e l’attaccante sudanese Almoez Ali, presentava solo calciatori nati e cresciuti in Qatar.
Successivamente la compagine guidata da Sánchez Bas ha ottenuto altri buoni risultati: semifinale alla Coppa del Golfo 2019, semifinale nella CONCACAF Gold Cup 2021, terzo posto nella Coppa Araba Fifa 2021. Ora verrà messa alla prova dalla competizione più difficile e importante che una nazionale di calcio possa affrontare: i Mondiali, da nazione ospitante. La pressione sarà elevatissima, e sarà curioso vedere come questa squadra si comporterà con una storia così travagliata alle spalle.