Società

Wilma Labate ritira il Premio alla Carriera L’Alambicco e rivela il suo legame con la Sardegna

Il 28 dicembre in anteprima nel capoluogo dell’isola il film “Quei due. La storia di Edda Mussolini e Galeazzo Ciano” non ancora uscito nelle sale

CAGLIARI. “Amo molto Cagliari, amo il Poetto e mi fa sempre piacere ritornare in questa stupenda città, per questo mi onoro di ritirare questo prestigioso riconoscimento conferito da un’associazione come L’Alambicco, da sempre impegnata in Sardegna e oltre nella divulgazione e promozione cinematografica”. Con queste parole la regista Wilma Labate domenica sera ha salutato il capoluogo sardo nella Sala Castello di viale Regina Margherita, ricevendo il Premio alla Carriera dalle mani del direttore artistico Alessandro Macis, e rispondendo alle domande del pubblico nell’incontro coordinato da Macis assieme a Gabriella Gallozzi.

L’artista romana ha voluto manifestare questo affetto per Cagliari e per l’isola concedendo, il 28 dicembre prossimo in accordo con la Rai, alle 20.30, in chiusura della rassegna “Sguardi d’autrice” a lei dedicata, la presentazione in anteprima del suo ultimo lavoro non ancora uscito nelle sale: “Quei due. La storia di Edda Mussolini e Galeazzo Ciano”.

Ma il legame con la Sardegna ha radici lontane. Circa trentacinque anni fa la regista scriveva da Roma per la redazione Cultura dell’Unione Sarda, collaborando con l’allora responsabile Alberto Rodriguez. Tra gli aneddoti di quest’esperienza, Labate ha ricordato una delle primissime interviste fatte a Roberto Benigni, agli esordi di carriera, appositamente per il quotidiano sardo.

L’incontro è stato ammantato da un’atmosfera trascinante, grazie all’apertura di serata con le note al pianoforte del maestro Romeo Scaccia, che ha emozionato gli spettatori interpretando le colonne sonore dei film più noti della Labate.

Particolarmente gradita è stata la statuetta conferita in premio, realizzata dallo scultore di San Sperate Giampaolo Mameli, che riproduce una dea madre stilizzata in bucchero e riflessatura, con attorno al collo una pellicola cinematografica indossata a mo’ di scialle. È una rappresentazione simbolica dell’impegno della regista nel raccontare le donne, il loro mondo difficile e il loro valore spesso sottovalutato. La Labate è stata tra l’altro una delle tre donne italiane fino a ora ad aver ricevuto una candidatura all’Oscar, con il film “La mia generazione” del 1996.

Ma nella sostanza i suoi film hanno raccontato anche gli uomini, l’umanità in generale, attraverso inquadrature profonde, inedite e originali. Non a caso nelle motivazioni del conferimento del premio si legge: “Tra le autrici più sensibili del panorama cinematografico italiano ed europeo, coerente nel suo percorso stilistico ed etico, ha dato volto e voce, innocenza dello sguardo a donne forti, talvolta fragili e violate; a un’umanità che ha inseguito, tra sogno e utopia, un mondo migliore liberato da sfruttamento e disuguaglianze. Un cinema militante, attento a seguire gli eventi storici e sociali, a denunciare gli abusi di

potere, con coraggio e partecipazione”. Il 28 dicembre Wilma Labate, in chiusura di rassegna, interverrà in collegamento da Roma per parlare del suo ultimo film in esclusiva al pubblico sardo.

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