Le deportazioni degli africani dall’Algeria al Niger continuano su larga scala
Le deportazioni in condizioni caotiche e persino mortali degli immigrati africani dall’Algeria al Niger continuano su larga scala, con 5.181 persone deportate tra il 29 ottobre e il 4 dicembre 2022, il numero dall’inizio del 2022 sale quindi a 24.250. L’Algeria, negli ultimi anni, ha risposto agli africani mettendo in pratica cospicui respingimenti, o forse è meglio parlare di vere e proprie deportazioni, sia di persone nigerine che di persone di altre nazionalità africane, prevalentemente provenienti dall’Africa Sub-Sahariana.
Le persone africane respinte sono soggette in questo paese a veri e propri raid da parte delle autorità algerine, nei luoghi di lavoro, nelle loro abitazioni o in strada. Durante questi raid gli africani vengono derubati, picchiati e stipati in camion che li riportano al confine con il Niger. Nello specifico vengono rilasciati nel mezzo del deserto in un punto specifico chiamato “Point 0”, dal quale devono poi raggiungere il confine nigerino percorrendo a piedi, in condizioni psico-fisiche ovviamente indignitose, venti chilometri da soli nel deserto, senz’acqua, senza cibo e senza cure.
Ecco la denuncia di una vittima scaricata con altre nel deserto e spaventate da colpi sparati in aria. È una storia schiacciante quella di Ahmed, guineano, 15 anni ed è stato arrestato a settembre in Algeria mentre era senza documenti nel Paese. Prima imprigionato, è stato poi deportato in Niger. Con centinaia di persone è stato abbandonato nel deserto, a una quindicina di chilometri dalla città nigerina di Assamaka. Una pratica sempre più diffusa negli ultimi mesi. Al sito Infomigrants il giovane africano ha spiegato:
Sono in Niger da tre mesi. Prima ero in Algeria. Non ero io che volevo andarmene, sono stato beccato. Vivevo in Algeria da 5 mesi quando sono stato arrestato perché sono nero. La polizia mi ha chiesto i documenti ma io non ne avevo e non ho voluto mostrare il passaporto perché l’avrebbero strappato. Mi hanno detto “Torna in Africa” e mi hanno portato in prigione.
Ha trascorso tre giorni nella prigione di Adrar con altre persone, poi è stato portato a Tamanrasset. Sono rimasti lì per 3 ore e poi sono stati caricati su dei camion per essere condotti in un posto a 15 chilometri dalla città nigerina di Assamaka.
Siamo stati abbandonati nel deserto alle 2 di notte. Eravamo tanti, circa 400 persone. Uomini, donne e bambini. Quando gli algerini ci hanno lasciato nel deserto, hanno sparato due colpi in aria per spaventarci. Non ci hanno detto altro che “Scendi presto”. Ci hanno lasciato del cibo sulla sabbia e se ne sono andati subito.
Queste operazioni di deportazione di stranieri residenti in Algeria verso il Niger sono sempre più numerose negli ultimi mesi e stanno causando problemi organizzativi nel Paese, soprattutto nella minuscola cittadina di Assamaka, a volte sopraffatta dagli arrivi.
Quando siamo arrivati ad Assamaka, persone dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ci hanno chiesto se tra noi ci fossero minori, hanno preso i nostri nomi e ci hanno dato da mangiare.
Io non volevo dire che avevo 15 anni, perché temevo che per questo motivo sarei stato detenuto più a lungo degli altri in Niger. Ho detto che avevo 18 anni. Siamo stati dieci giorni ad Assamaka, poi siamo partiti per Arlit, dove siamo rimasti un mese e tre settimane. Successivamente, siamo stati trasferiti ad Agadez, poi a Niamey, dove mi trovo da poco più di un mese.
Nel centro OIM dove si trova in questo momento non sono in tanti. Mangiano tre volte al giorno e l’OIM dà il sapone per lavare i vestiti, che lui vende così da comprare una scheda telefonica e chiamare la famiglia.
Le operazioni di rimpatrio verso i Paesi di origine dei migranti espulsi dall’Algeria verso il Niger sono state fortemente rallentate negli ultimi mesi a causa dei vincoli amministrativi e sanitari imposti dagli Stati e talvolta legati all’epidemia di Covid-19. L’insicurezza di alcune zone complica anche i viaggi di ritorno dei migranti.