Nei due lunghi interrogatori avuti prima con la polizia giudiziaria belga, poi con il giudice che coordina le indagini, Michel Claise, Kaili ha sempre ribadito la sua innocenza, sostenendo di non aver mai favorito Qatar o Marocco nelle sua attività di deputata europea e vicepresidente del Parlamento, ma di essersi semplicemente allineata alle posizioni del suo gruppo politico.
Dimitrakopoulos raccolta inoltre quello di una donna profondamente colpita da un mese e mezzo trascorso ormai dietro le sbarre della prigione di Haren in Belgio: “Tremava mentre riferiva al giudice le torture che ha subito, non in carcere, ma nella cella della polizia. Ciò che ha vissuto ricorda il film Fuga di mezzanotte, ma sfortunatamente questo sta accadendo nel centro dell’Europa”.
Il legale Mihailis Dimitrakopoulos aveva spiegato che “da mercoledì 11 gennaio a venerdì 13 gennaio Eva Kaili è stata in isolamento su ordine del giudice istruttore Michel Claise. Per sedici ore è stata in una cella di polizia, non in prigione, e al freddo (siamo al pieno inverno ndr). Le è stata negata una seconda coperta e le hanno tolto il cappotto, la luce della stanza era sempre accesa impedendole di dormire, era nel suo periodo di ciclo mestruale con abbondanti perdite di sangue e non le era consentito lavarsi. Questa è tortura”.
“Eva Kaili è accusata ma c’è sempre la presunzione di innocenza. Siamo in Europa, questi atti violano la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questo è il Medioevo”.
Nonostante il trattamento disumano, degradante e ingiustificato e la gravità delle denunce rivolte dai difensori di Kaili alla Procura federale belga, il parlamento europeo è in modalità Aereo e non vuole sentire i presunti maltrattamenti sulla ex vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili.