Marocchini in Italia rifiutano assurdità e “Chiodo di Giuhà”* nelle moschee
In chiara risposta a quanto sta accadendo in un centro islamico a Comina, nella città italiana, Pordenone, il quotidiano italiano Messaggero ha pubblicato lunedì 20 febbraio, nella sua versione cartacea ed elettronica, scioccanti testimonianze di marocchini, senegalesi e bengalesi sulla tensione, i disordini e conflitti in corso in questo centro, forse sarebbero causati da azioni pericolose e vergognose di un imam egiziano che ha siglato un contratto di lavoro con la moschea e il suo presunto uso dei metodi di “Chiodo di Giuhà” ovvero espressione proverbio nel mondo arabo, viene usata nel linguaggio colloquiale per alludere a clausole capestro spesso incluse nei contratti.
Invece di ascoltare le parole di Dio, i nobili Hadith del Profeta, la buona parola e godere della pace spirituale, siamo sorpresi di vedere che due preghiere collettive separate si tengono nella Moschea Comina, dove i fedeli si riuniscono solo nel suo unico gabinetto per purificarsi. Leggiamo sui Social le congratulazioni a “Giomoa Mubaraka” (Buon Venerdì) accompagnate da: “È pericoloso quello che sta accadendo nel Centro Islamico di Pordenone”. “La comunità musulmana è divisa in due parti, un gruppo che prega al piano terra e un gruppo che prega al il primo piano”, aggiunge il post di un “noto” attivista.
Il 20 febbraio, leggiamo sui media e come ha pubblicato il quotidiano Messaggero, “tensioni, urla e spintoni tra fazioni”; le ferite dei musulmani nel Centro culturale islamico; l’intervento dei rinforzi della polizia e un chiaro appello lanciato da un ex sindaco della città dal cancello della porta della moschea lo stesso giorno: “Per il bene della città, la moschea deve operare in pace e trasparenza”. Si parla di sottomissione e dittatura di un’amministrazione scaduta nei confronti di migliaia di musulmani, in maggioranza marocchini, che hanno contribuito economicamente all’acquisto della moschea e a garantirne le spese. Sentiamo attraverso appelli di soccorso giunti sui media: “Abbiamo bisogno di dialogo e rispetto, come ci insegna la nostra religione: veniamo in moschea per pregare e rafforzare la solidarietà” e ancora “ci sono bambini nella scuola araba ogni domenica che ci guardano e il mese di Ramadan non è lontano”.
È certo che “quello che è successo domenica al Centro islamico di Pordenone è una vergogna e uno scandalo per i musulmani per il potere, il denaro e il sostentamento”, ha postato sulla sua pagina un attivista della regione.
Quattro anni fa, guardavamo in televisione slogan di manifestazioni che denunciavano l’imam; descrivevano le sue azioni come sedizione che diffondevano confusione e odio e chiedevano la sua espulsione. Questo imam è tornato, alla fine dello scorso anno, ad appollaiarsi nuovamente sul petto dei musulmani attraverso la porta della magistratura italiana e il giudice di lavoro, dove ha sfruttato un contratto di lavoro firmato tra lui e un rappresentante della moschea per guidare le preghiere per tanto tempo. Ma chi incoraggia questo imam a diffondere confusione e tensione e a minacciare la pubblica sicurezza italiana e la sicurezza spirituale dei musulmani? Quando finirà questa assurdità? Un musulmano non ha il diritto di pregare senza disturbo in Italia? Non sarebbe meglio di lasciare tranquilli i musulmani e la società italiana?
Tuttavia, sembra che i marocchini in particolare stiano cercando di porre fine alla tensione e alle divisioni artificiali nella Casa di Dio, tensioni che hanno impedito a molti di loro di andare a questo centro. I marocchini e altre comunità hanno espresso la loro determinazione a difendere gli interessi della fede islamica e a consentire ai musulmani in questa città per ottenere l’accompagnamento spirituale che desiderano e per contribuire all’irradiazione della religione islamica.
Va ricordato che i marocchini in Italia hanno potuto, attraverso le moschee che gestiscono, accompagnare molti progetti di costruzione di moschee, nominare guide, interventi culturali e spirituali negli ospedali e carceri. Oltre a pubblicare una serie di guide pratiche e periodici, in collaborazione con le autorità pubbliche, per quanto riguarda il processo di macellazione con rito musulmano; l’organizzazione dell’Hajj alla Mecca; l’organizzazione dei luoghi di sepoltura nei cimiteri e l’avvistamento della luna per l’inizio dei mesi Hegiri, nonché la lotta all’ideologia estremista che distorce il messaggio di pace portato dall’islam e il dialogo tra le religioni. I marocchini hanno anche concluso diversi accordi con enti locali e governi regionali, con le università italiane per promuovere gli interessi culturali dei musulmani.
Da un’altra parte, la crisi della pandemia di Covid-19 ha rivelato il ruolo importante e indispensabile dei marocchini, con la testimonianza di istituzioni pubbliche e osservatori, in quanto sono stati in prima linea e all’avanguardia nella gestione di questa crisi attraverso la diffusione di molte opinioni, consigli, supervisione, solidarietà e aiuto con il proprio sangue, denaro, pane e tempo. Su invito e iniziativa dei marocchini e delle loro associazioni, le moschee hanno distribuito migliaia di pasti ai bisognosi e al personale sanitario e sono stati mobilitati marocchini volontari per accompagnare i malati e le famiglie in lutto. I marocchini si sono anche mobilitati insieme ai sindaci per creare ulteriori luoghi di sepoltura in un momento in cui i cimiteri erano sotto forte pressione.
Oggi i marocchini affermano il loro desiderio di continuare a difendere gli interessi dei musulmani in serenità e tranquillità nelle moschee, e gli interessi della fede islamica in generale e di fornire una buona reputazione ai musulmani in Italia.
Per questo, sono determinati a utilizzare tutti i mezzi offerti dalla democrazia e sosterranno tutti gli attori che lavorano per questo obiettivo.
** Il Chiodo di Giuhà:
Giuhà rimase senza denaro e decise di vendere la sua casa. All’uomo venuto per acquistarla egli disse: Ti vendo tutta la casa, eccetto questo chiodo piantato nel muro.
-L’acquirente replicò: Se questa è l’unica condizione, accetto senza riserve, e acquistò la casa.
Trascorse una settimana. Una mattina Giuhà bussò alla porta di casa. Una volta entrato si diresse verso il chiodo e vi appese un sacco; quindi dopo aver salutato il nuovo proprietario, se ne andò.
Passò qualche giorno, ed ecco che Giuhà si ripresentò nuovamente,questa volta per appendere al chiodo un vecchio burnuss (mantello di lana, lungo, con cappuccio).
Da quel momento le visite di Giuhà si fecero sempre più frequenti, finché una sera sotto gli occhi esterrefatti degli abitanti di casa egli trascinò con sé la carogna puzzolente di un asino e la appese al chiodo.
Il proprietario della casa, non sopportando più le continue intrusioni cominciò ad urlare: Come ti permetti di appestare la mia dimora con questi rifiuti?
Rispose Giuhà: Amico, io ti ho venduto la casa, ma non il chiodo, perciò vi appendo quello che voglio. Se non sei d’accordo vattene, ma sappi che non ti restituirò un soldo.
L’uomo fu costretto ad andarsene e Giuhà riebbe la casa senza restituire un soldo.