Membri di Polisario armato da Algeri coinvolti con gruppi criminali nel traffico di esseri umani e cellule terroristiche in regione sahelo-saharawi
“Come il Sahel è diventato l’epicentro del terrorismo globale?” La questione sollevata dall’Osservatorio Geostrategico di Ginevra è stata oggetto di un bel scambio conoscitivo e di un dibattito estremamente interessante svoltosi giovedì 22 giugno presso l’Università di Ginevra dove erano presenti studenti e professori dell’Università di Ginevra e di istituti di ricerca esteri, rappresentanti di organizzazioni internazionali, diplomatici e giornalisti.
Nel simposio, Alain Juillet, ex direttore dell’intelligence alla DGSE, Paul Kananura, politologo e presidente dell’Afrika Institute e Rémi Baudoui, professore di scienze politiche e relazioni internazionali all’Università di Ginevra, hanno ricordato come e perché il Sahel in Africa era diventato l’epicentro del terrorismo globale. È stata illustrata una mappa completa dei vari gruppi operanti nella regione e evidenziata la mancanza di lungimiranza della comunità internazionale di tutto ciò che accade. La quale, oggi, porta all’idea che questo nuovo bastione del jihadismo possa prima o poi presentare una minaccia per i Paesi occidentali.
Questa conferenza arriva proprio al momento in cui il governo algerino sostiene apertamente il gruppo Polisario che ha legami con il terrorismo menzionati da alcuni oratori. I suoi membri sono coinvolti con gruppi criminali che hanno una mano nel traffico di esseri umani quanto con cellule terroristiche legate ad Al-Qaeda e nelle reti criminali attive nella regione sahelo-sahariana.
“La disintegrazione di questo movimento, finanziato dall’Algeria, e precedentemente armato e agitato dal libico Gheddafi per stabilire la sua influenza nella regione, è oggi un vero motivo di preoccupazione”. Lo ha affermato il presidente dell’Osservatorio geostrategico di Ginevra, Alain Jourdan. Infatti, l’equilibrio di potere che si è legato attorno alla questione del Sahara e che contrappone Algeri a Rabat è mutato di natura, ha detto sottolineando che l’Algeria, che ha espresso la propria disponibilità ad aiutare a combattere il terrorismo nel Sahel, non può essere considerata un partner fidato. Il suo appoggio al Polisario appare più che mai una manovra di destabilizzazione estremamente pericolosa in un contesto regionale già esplosivo. Comprendiamo meglio gli sforzi che sta facendo per tacere sul coinvolgimento di esponenti del Polisario in progetti terroristici e traffici di ogni genere, ha aggiunto.
Rémi Baudoui, professore all’Università di Ginevra e specialista in questione del terrorismo, ha ricordato l’influenza degli eventi mondiali contemporanei sulla situazione nel Sahel e ha elencato i fattori che spiegano il deterioramento della situazione complessiva dei Paesi della zona saheliana. L’emergenza della violenza attraverso la criminalità, le milizie e i gruppi di autodifesa e il terrorismo sono fenomeni in costante crescita nella regione.
Per Alain Juillet, la caduta del colonnello Gheddafi in Libia, l’esodo degli islamisti algerini respinti nel sud e le strategie delle potenze circostanti incidono pesantemente sulla situazione nel Sahel. I numerosi conflitti e disaccordi nazionali, regionali e internazionali hanno portato a un’implosione dell’equilibrio all’interno di questo spazio. A ciò si aggiunge la gestione incompleta delle operazioni antiterrorismo da parte delle potenze occidentali. Ciò ha favorito l’emergere di una nebulosa di gruppi terroristici che si nutrono del risentimento delle popolazioni nei confronti delle potenze straniere.
Secondo Paul Kananura, l’instabilità si ripercuote sulla garanzia della sicurezza sociale, oggi assente nei Paesi del Sahel. Deplora che operazioni internazionali come l’operazione Barkane, l’operazione Serval e l’operazione delle Nazioni Unite non siano state seguite da un mantenimento per garantire la stabilità a valle delle vittorie militari contro i terroristi. D’altra parte, le operazioni sono state precedute da azioni dolose di alcuni gruppi locali. Conflitti locali divenuti internazionali per la loro importanza sono anch’essi oggetto di manipolazioni politiche, attraverso rimpasti finemente giocati.
Paul Kananura ha tracciato un quadro di tutti gli aspetti della società saheliana, concludendo che la regione è vittima di un’instabilità duratura e globale. Si domanda: da dove vengono le risorse dei terroristi indisponibili nella regione? È la strategia giusta per attaccare un modus operandi globale il terrorismo piuttosto che un gruppo specifico? Sarebbe efficiente raggruppare le strategie antiterrorismo invece di svilupparne diverse contemporaneamente secondo le posizioni dei partner? La presenza di nuovi attori dell’antiterrorismo e la convergenza delle strategie militari, di uno sviluppo sostenibile e dei diritti della popolazione sono auspicabili per la riduzione degli atti di terrorismo nel Sahel.
Gli scambi hanno evidenziato un altro problema politico di fondo legato alla questione del Sahara. È stato chiesto se l’Algeria può pretendere di giocare un ruolo nella lotta al terrorismo nel Sahel mentre sostiene il gruppo Polisario, alcuni dei suoi membri sono implicati in casi di terrorismo o coinvolti in traffici illegali. E stato anche illustrato il riavvicinamento dell’Algeria alla Russia e all’Iran che rimescolerebbe le carte in termini di partenariato nella lotta al terrorismo.
Alla domanda sulla questione del Sahara, Alain Juillet ha risposto che nel “Sahara occidentale la soluzione deve passare attraverso un negoziato che deve portare a una forma di autonomia. Tuttavia, non sono sicuro che l’autonomia sia desiderata da tutti. Quello che vuole l’Algeria è l’accesso al mare e se un Paese è autonomo, l’accesso al mare difficilmente è garantito”.
Trova il video completo di questa conferenza sul canale YouTube
https://youtu.be/HZfUiI81LK8