Focus sul ruolo dell’architetto nella città nel centenario di Calvino
Nell’era dell’intelligenza artificiale le città si modificano velocemente e diventa ancor più urgente e attuale il pensiero di Italo Calvino che, con “Città invisibili”, stimola gli architetti contemporanei alla progettazione di città desiderate e sognate, costruite con sguardo critico e con la consapevolezza che le relazioni umane si compiono in spazi che, sulla base della creatività e delle valutazioni di chi le immagina possono diventare sociali, aperti, verdi piuttosto che ripetitivi, anonimi, chiusi. Tra queste riflessioni è stato sollecitato l’intelletto di studenti e professionisti durante il seminario “Terre emerse, città invisibili” al Liceo Leonardo di Giarre organizzato ieri (15 novembre), contestualmente all’inaugurazione della Mostra DI/segni raccontati, in occasione del centenario dalla nascita di Italo Calvino, che coincide con i cento anni dalla nascita dell’Ordine degli Architetti PPC.
«Calvino ha reso immortali le sue città – afferma il presidente dell’Ordine etneo Sebastian Carlo Greco – lasciando ulteriormente spazio alla leggerezza dell’immaginazione visiva e verbale. L’insegnamento è quello del valore della diversità, dell’immateriale, del non-quantificabile. Le mappature mentali sono infinite quante le esperienze cicliche dell’esistenza. Calvino parla di città è la forma più evidente ed emblematica delle relazioni tra gli uomini, dove i nodi vengono al pettine, poiché rispondenti alla punteggiatura che gli stessi lasciano del proprio transito».
«Pentasilea, una delle città “invisibili” di Calvino, è tristemente immagine di una città formata da tanti centri quanti sono i suoi abitanti, ognuno chiuso in se stesso – racconta la presidente della Fondazione degli Architetti di Catania, Eleonora Bonanno – e questa condizione, attinente alle nostre periferie, diventa un monito all’indifferenza, all’assenza di cooperazione e di identità, che solo la partecipazione, l’interesse per il bene comune, l’amore per il luogo in cui si vive possono abbattere».
«Calvino nel 1972 era consapevole della crisi in cui versavano le città in Italia – spiega Fausto Carmelo Nigrelli, presidente SDS Architettura Siracusa UNICT – oggi la crisi è conclamata e recuperare il pensiero di Calvino contribuisce a riconoscere all’architetto il ruolo intellettuale, non solo tecnico, in grado di incidere sul dibattito pubblico per il futuro della città».
«In quest’epoca stiamo dimenticando l’archè – aggiunge l’architetto Claudio Patanè – favorendo la tèchne. La visione e la poesia di Calvino è fondamentale per la formazione dell’architetto, auguriamo ai colleghi architetti e ai giovani che si affacciano alla professione di sfruttare a pieno il visibilio di Calvino perché è portatore di cultura progettuale in bilico tra utopia e realtà».
«Il testo di Calvino – spiega Fabrizio Foti di SDS Architettura Siracusa UNICT – suggerisce agli architetti uno sguardo complesso sulla città e li spinge a tornare ad essere coinvolti nelle scelte politiche, economiche, di sviluppo, se rimangono fuori dal dibattito permane l’assenza di capacità di lettura dell’esistente e delle dinamiche di trasformazione del presente e del futuro».
«Con le città invisibili Calvino – sottolinea Isidoro Pennisi professore dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria – supera la concezione fisica della città, da una visione sul futuro perché orienta lo sguardo all’anima, all’identità, alla genealogia della città. Sono tratti indelebili ed eterni che fino a quel momento e tutt’oggi sono trascurate». Durante l’omaggio di Ordine e Fondazione degli Architetti P.P.C di Catania che hanno lavorato in sinergia con il presidente Salvo Patanè dell’associazione ArchLife, sono intervenuti Alessandro Amaro (coordinatore FAS), Tiziana D’Anna (dirigente scolastico del Liceo Statale Leonardo Giarre), Gabriella Gullotta (docente di lettere del Liceo Statale Leonardo Giarre), Melania Guarrera (consigliera Ordine e Fondazione APPC CT).