Francia: La decisione di vietare arrivo degli imam stranieri non comprende il Marocco
Applicando una promessa, riformulata sotto forma di minacce, del presidente Emmanuel Macron nel 2020, quando voleva lottare contro quello che all’epoca veniva presentato come “separatismo” di ispirazione islamista, il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin ha dichiarato di fermare l’arrivo di imam algerini e turchi a partire dal 1° gennaio 2024. Gli imam marocchini sono esclusi.
Per Parigi, nessun imam deve essere pagato e assunto da uno Stato straniero per applicare in Francia un’agenda politica e ideologica che minacci la sicurezza e la coesione sociale.
Gli imam stranieri che hanno lo status di “dipendenti di Stato” sono 120 provenienti dall’Algeria, e 150 dalla Turchia.
Il Marocco non è interessato di ingerenza negli affari interni francesi o di mancanza di fiducia reciproca. Secondo la visione del presidente Emmanuel Macron, gli imam verranno formati anche in Francia, in collaborazione con il Marocco.
Il Marocco è stato l’unico Paese musulmano a firmare un accordo di formazione per imam destinati a operare sul territorio francese da parte dell’Istituto Mohammed VI per la formazione degli imam di Rabat, nel 2015, alla presenza del Re Mohammed VI e dell’allora Presidente francese François Hollande. Successivamente è stato istituito un meccanismo per questa cooperazione sotto la supervisione di un comitato congiunto e in coordinamento con l’Associazione della Federazione delle Moschee di Francia.
Se il Marocco è stato considerato una delle scuole di formazione di imam più importanti al mondo, grazie al suo significativo contributo al consolidamento del pensiero islamico moderato nel discorso religioso ed è stato scelto dall’Europa, in particolare la Francia, la percezione Macroniana è tuttavia contraddittoria nel fare di tutto per cercare di dare alla moschea di Parigi una preminenza di rappresentanza dell’Islam in Francia. La moschea di Parigi e il suo rettore Chemseddine Hafiz, quest’ultimo arruolato da Algeri, affermano apertamente di essere proprietà di uno Stato straniero, l’Algeria, obbedendo alla sua agenda e applicandone l’ideologia. Sembra così contraddittorio che Macron e Darmanin vogliano lottare contro gli imam stranieri e allo stesso tempo tollerare che la moschea di Parigi, presunto strumento dell’influenza algerina, sia “la vetrina dell’Islam francese”.
Da ricordare che l’organizzazione dell’Islam in Francia e la sua rappresentanza presso lo Stato francese si sono complicate da quando Macron e Darmanin avevano tentato, l’anno scorso, di sciogliere il Consiglio francese del culto musulmano (CFCM) e di alternativa avevano creato il Forum dell’Islam di Francia (FORIF), un’entità confusa dove coerenza, eleggibilità ed efficienza sono totalmente assenti.
Trattandosi di una questione disciplinata da accordi bilaterali tra Francia e i paesi interessati, il nuovo Consiglio Francese del Culto Musulmano (CFCM) ha reagito sui principi generali che circondano la questione degli imam provenienti dall’estero, contando circa 270 imam stranieri distaccati in Francia, ovvero meno del 10% di tutti gli imam praticanti.
Il nuovo CFCM, nato dalla riforma dell’organismo rappresentativo del culto musulmano nel marzo 2023, così come i leader locali delle centinaia di moschee che rappresenta, intendono svolgere pienamente il proprio ruolo nella ricerca e nell’attuazione di soluzioni adeguate e coerenti.