Onde, il nuovo album di Maria Mazzotta: la forza della tradizione attraverso strumenti dal sapore suburbano
Prodotto dall’etichetta discografica Zero Nove Nove, venerdì 23 febbraio esce “Onde”, il nuovo atteso album di Maria Mazzotta. L’interpretazione viscerale di Maria Mazzotta incontra le sonorità elettriche del post rock creando un connubio originale e profondo. Nel nuovo lavoro discografico per la prima volta nel suo percorso di carriera ventennale Maria Mazzotta sceglie di esprimere la forza vitale e schietta della tradizione contadina attraverso strumenti contemporanei e dal sapore suburbano.
Dal 2020, anno che ha segnato il suo esordio solista con la pubblicazione dell’album “Amoreamaro”, non si è mai fermata e ha macinato migliaia di chilometri esibendosi in oltre 200 concerti in più di 25 Paesi tra Europa, America Latina e Asia. Da questo viaggiare deriva la consapevolezza di potersi spingere verso l’espressione vera del proprio vivere la musica popolare, con coraggio e libertà, quelli di una donna che viaggia tra le grandi capitali europee come Parigi e Barcellona fino alle grandi metropoli mondiali come Jakarta e Bogotà portando sempre se stessa sul palco, accompagnata tanto dalle sue fragilità quanto dalla propria forza.
“Onde” è il risultato degli incontri e delle influenze, delle emozioni e delle riflessioni sulla società moderna. “La fortuna” è il brano che apre l’album e con il quale il trio di Maria Mazzotta si dichiara, nel sound e nel messaggio. Un arrangiamento intriso di rock psichedelico per un canto della tradizione salentina che in questa esecuzione ricorda l’avanzata dell’onda che cresce fino a divenire tempesta. Nei versi il racconto dell’incontro con “la fortuna”, figura lucente e disperata che in mare aperto piange per i torti e le ingiustizie subite da chi lo attraversa ed affronta le onde in cerca di un destino migliore e trova invece la sua tomba. Il mare diventa un cimitero con barconi che affondano e navi che non possono attraccare nei porti. Ormai abituati e quasi assuefatti da queste macabre notizie di cronaca, questo brano grida ad alta voce un messaggio di umanità, accoglienza e condivisione.L’invito alla condivisione è ancora protagonista in “Sula nu puei stare” che vede la partecipazione del primo dei due ospiti internazionali: Bombino, eccezionale chitarrista e cantautore del Niger e tra i maggiori fautori del successo globale del “desert blues”. Tracciando una rotta tra il Salento, con l’espressione tipica del canto e del dialetto, e l’Andalusia, con la ritmica fortemente ispirata alla buleria, il trio approda nel Nord Africa dove il terzinato tipico resta al contempo così vicino alla pizzica pizzica salentina. Con Bombino il risultato è un rito propiziatorio fatto di corde di chitarre che si intrecciano, un groove di tapan e percussioni che esorta alla danza e al dialogo senza pregiudizi, l’invito alla solidarietà verso il prossimo a discapito dell’individualità.“Onde” è un racconto sul continuo mutamento, in cui il mare risuona ovunque, dal dolce movimento che può cullare prima di trasformarsi in onda anomala e distruggere, facendo tabula rasa. Custodisce al proprio interno numerose metafore e molteplici stati d’animo che come le onde marine possono assumere mille forme. Mentre tutta l’acqua si muove cambiando forma e potenza, ogni canto si lascia attraversare dai suoni dentro un mare di frequenze in cui le percussioni di Cristiano della Monica e le chitarre di Ernesto Nobili garantiscono la navigazione al canto di Maria Mazzotta. La voce prende il largo, si lascia scagliare lontano e poi affondare, prima di tornare in superficie e, finalmente, riposare. Per i tre musicisti che, da Lecce e Napoli, hanno da sempre il mare nella mente e negli occhi, questo disco racconta il movimento del mare, dal tormento che comporta navigarlo al sollievo che regala, alla fine, ogni approdo.Emozioni contrastanti come in “Pizzica de core (Malencunia)” e nel suo preludio “Nanna core”, nate di getto durante un concerto dal flusso di energia creato tra i musicisti sul palco e il pubblico sugli spalti. Suona come una ninna nanna al proprio cuore per prendere tra le braccia se stessi, cullarsi e dondolare come onde del mare. Prima lentamente, poi sempre più veloce lasciandosi trasportare dall’intreccio di voci sovrapposte ed accompagnate dalla chitarra, fino a diventare ritmo incalzante di taranta nel racconto di un amore sognato e prezioso come coralli e madreperle, che nella profondità del mare si consuma nella misera attesa. Un amore senza distinzione di genere che rappresenta l’ancora di salvezza per sconfiggere la malinconia che tiene il cuore in ostaggio, ma che spesso la società ancora non accetta.
Abbandonarsi alla musica per liberare la mente significa lasciarsi attraversare da vibrazioni e sensazioni date dal suono e dal ritmo per poi esternarle provando a raggiungere, attraverso la “Pizzica de core”, stati di trance che conducono ad una coscienza più profonda. Con la citazione “Ballate tutti quanti, ballate forte, che la taranta è viva e non è morta”, Maria Mazzotta omaggia Daniele Durante, fondatore del Canzoniere Grecanico Salentino e figura di riferimento nell’approccio e nella ricerca della musica tradizionale salentina.
Altra importante dedica è contenuta in “Damme la manu”, brano tra i più conosciuti della tradizione salentina che la Mazzotta interpreta per la prima volta dedicandola al compianto Gigi Chiriatti (intellettuale e studioso del tarantismo), figlio di Lucia De Pascalis, cantora che questo brano aveva dato agli archivi storici. Gli strati di loop di chitarra circolare restituiscono l’immagine corale del canto a più voci, un riff che culla, una preghiera da cantare tenendosi mano nella mano.
Le onde elettromagnetiche, che rappresentano l’elettricità del trio, propagano il suono e l’energia emotiva. In fisica l’onda trasmette energia senza spostare materia, immagine che rispecchia quanto accade dal vivo tra Maria e il suo pubblico, quando la sua voce può graffiare la pelle o donare una delicata carezza al cuore. Il nuovo sound, intriso della potenza espressiva della chitarra elettrica di Ernesto Nobili con la sua personale ricerca effettistica, e delle percussioni customizzate di Cristiano Della Monica, contiene e porta con sé le tracce delle metropoli urbane pur conservando le radici profonde e ben salde della tradizione del Sud Italia. “Il Sud possiede qualcosa di rude e sanguigno, spesso anche le dolci melodie delle ninna nanne, che si possono ascoltare negli archivi storici, sono cantate da voci graffiate; per me questo è traducibile con le distorsioni della musica rock. Sono sicura che nel 2024 Rosa Balistreri canterebbe con la chitarra elettrica collegata ad un amplificatore, sarebbe il connubio perfetto per la sua potenza espressiva e comunicativa” – racconta la Mazzotta.
“Terra ca nun senti” è l’omaggio proprio a Rosa Balistreri, pilastro della cultura popolare italiana, esempio di virtù, coraggio e potenza sia sul palco che nella vita privata. Musicalmente “ruvida” per sottolineare la durezza di una denuncia alla propria terra – “Terra che non senti, che non vuoi capire, che non dici niente vedendomi morire. Terra che non trattieni chi vuole partire e non dai niente per fargli tornare” – è una dedica a tutte le persone costrette a emigrare in cerca di un futuro migliore.
Con “Marinaresca” invece arriva il tributo al Maestro Roberto De Simone e alla sua fondamentale ricerca che ha permesso al grande pubblico di avvicinarsi alla musica tradizionale. Anche questo arrangiamento del trio è intriso di minimalismo post rock con venature indie. La ricerca di questo sound ha radici nel passato, nasce dagli ascolti dell’adolescenza e dalla passione per un genere musicale che per anni la cantante pugliese ha pensato non potesse entrare a far parte della sua produzione discografica. “Dopo essermi esibita negli ultimi 10 anni prevalentemente in duo – racconta la Mazzotta – sentivo forte dentro di me l’esigenza di avere un suono potente sul palco. Nel mio passato sono entrata a far parte del Canzoniere Grecanico Salentino appena maggiorenne esibendomi con dreadlocks e catene al collo, mi appassionavo alle musiche tradizionali e contemporaneamente prendevo un treno per andare a Firenze a vedere i CSI, una delle band più in voga del rock alternativo negli anni ’90. Proprio gruppi come CCCP e CSI, Üstmamò, Marlene Kuntz sono stati fonte di ispirazione, prima ancora che nella ricerca di un sound, nel mio cercare di eliminare ogni barriera e paura per esprimere quello che oggi sento mi rappresenti al meglio. Allora mi sono chiesta perché non unire le mie canzoni e il mondo che ho sempre cantato e praticato con la voce, con tutto ciò che le mie orecchie hanno invece sempre ascoltato e ricercato: chitarre distorte, batteria e suoni così potenti”.
In “Canto e sogno”, il brano più intimo e profondo dell’intero album, Maria Mazzotta si mette in gioco scrivendo il testo, l’unico in lingua italiana del disco, insieme a Silvia Guerra. Racconta di eventi e persone che vanno e vengono nella vita di ognuno, dell’essere pronti ad accogliere e del saper lasciare andare, con lo stesso amore e la buona energia anche quando fa male, consapevoli di avere dentro di sé la cura per guarire le ferite. E come antidoto al male arriva il secondo ospite internazionale, il trombettista Volker Goetze che con poesia e grazia disegna melodie sinuose che portano l’ascolto verso altre dimensioni.
La sua interpretazione profonda e penetrante è per lo spettatore un’esperienza rara e preziosa e ha reso Maria Mazzotta una delle voci più intense del panorama della world music europea: “Onde” è uno spettacolo da vivere in pieno lasciandosi accompagnare e guidare da un’interprete unica.