Cia Capitanata: “Per l’agricoltura nessuna risposta da La Salandra”
“Il parlamentare del centrodestra di Capitanata Giandonato La Salandra è contrario all’attivazione di ‘Granaio Italia’, cioè allo strumento normativo che, attraverso una serie di azioni e controlli anche e soprattutto verso le importazioni massicce di grano dall’estero, garantirebbe maggiori tutele sia per i cerealicoltori italiani sia per i consumatori della filiera grano-pasta. È una posizione, questa, che noi crediamo profondamente sbagliata e certamente contro i nostri agricoltori”. Sono Angelo Miano e Nicola Cantatore, rispettivamente presidente e direttore di CIA Agricoltori Italiani Capitanata, a commentare l’esito della riunione sulla crisi dell’agricoltura tenutasi a Foggia, in Prefettura, alla quale hanno partecipato venerdì pomeriggio. Un incontro al quale sono intervenuti in presenza i sindaci, le organizzazioni agricole, numerosi agricoltori e i parlamentari di Capitanata, mentre l’assessore regionale all’Agricoltura, Donato Pentassuglia, era collegato in remoto. “Nel mio intervento”, spiega Miano, “sono tornato a evidenziare la crisi della cerealicoltura, con l’aumento senza controllo delle importazioni di frumento dall’estero e il vero e proprio crollo del valore riconosciuto ai produttori per il grano duro da loro prodotto. CIA Puglia si sta battendo da oltre un anno con una petizione nazionale che ha superato le 75mila firme e, complessivamente, attraverso l’adesione di 45 comuni, può contare sul sostegno di oltre 1 milione e mezzo di cittadini”. “Quando La Salandra, a proposito di Granaio Italia, ha parlato di eccesso di burocrazia – aggiunge Cantatore – anche chi sta scendendo in piazza con i propri trattori ha protestato, spiegando al parlamentare che non è quella di Granaio Italia la burocrazia che stiamo combattendo tutti insieme, ma le zavorre di carte e incartamenti inutili, che ci fanno spendere soldi e tempo. Per il grano e gli altri prodotti agricoli abbiamo organizzato e guidato tre mobilitazioni di piazza e una lunga serie di iniziative, riteniamo sbagliata e profondamente contraria allo sviluppo della nostra agricoltura la posizione espressa da La Salandra”.
TUTTI I SETTORI IN DIFFICOLTÁ. CIA Agricoltori Italiani di Capitanata, nella sua relazione, ha ricordato di come tutti i settori agricoli siano in gravi difficoltà: dalla vitivinicoltura, messa in ginocchio dalla peronospora, al comparto ortofrutticolo, anch’esso penalizzato dallo scarso valore riconosciuto al lavoro degli agricoltori. I problemi riguardano tutti i settori del mondo agricolo della Capitanata. “La nostra organizzazione”, dichiara Nicola Cantatore, “è in mobilitazione permanente da almeno due anni. Siamo stati i primi a denunciare l’inadeguatezza della PAC e l’urgenza di una sua riforma radicale. Stessa cosa per quanto riguardava la necessità, poi parzialmente accolta dal Governo, di confermare l’esenzione IRPEF e i contributi per l’accesso agevolato alle assicurazioni contro le calamità. Le criticità sono molte, ma si riassumono in alcuni punti: il riconoscimento di prezzi remunerativi ai prodotti coltivati e raccolti dalle imprese agricole; misure che riducano i costi di produzione aumentati a dismisura; azioni per difendere il made in Italy dalle importazioni massicce e dalla concorrenza sleale; mettere al centro delle politiche italiane ed europee il ruolo e il lavoro dei nostri agricoltori”.
LA GHIGLIOTTINA DEI PREZZI AL RIBASSO. Nel 2023, circa 2300 aziende agricole pugliesi sono state costrette a chiudere: costi di produzione alle stelle, minore accesso al credito, taglio dei sostegni alle filiere in difficoltà e la tragica incidenza delle calamità naturali hanno portato a tutto questo. La ghigliottina dei prezzi al ribasso riconosciuti ai produttori colpisce tutti i settori, da quello zootecnico all’ortofrutticolo, dalla cerealicoltura all’uva e agli agrumi. E poi restano in tutta la loro drammaticità i problemi legati ai danni della fauna selvatica. Gli agricoltori si stanno indebitando per continuare a sostenere costi di produzione spropositati, mentre i loro prodotti sui mercati sono messi ‘in fuorigioco’ dalla concorrenza sleale delle importazioni che attingono dai Paesi che producono con standard qualitativi e di sicurezza alimentare molto più bassi dei nostri.