Report sullo sciopero generale di Venerdì 23 Febbraio e sulla manifestazione di Sassari per la fine dei rapporti tra Università di Sassari e Leonardo S.p.a.
Un muro dibandiere sarde e bandiere palestinesi sotto una pioggia a tratti battente e dietro un lunghissimo serpentone di persone che si dirige a passo lentissimo da piazza Azuni a piazza Università occupando di fatto tutto il percorso. Così si presentava stamattina il centro storico di Sassari, in occasione del partecipato sciopero generale indetto da alcune sigle dei sindacati di base e organizzato a Sassari dall’ Assemblea cittadina per la Palestina.
Dietro la prima fila organizzata dai promotori e dagli studenti dell’Università, un grosso spezzone di studenti delle scuole superiori cittadine e della provincia con i loro prof. del neonato coordinamento Docenti per la Palestina e, mescolati alla folla, nutrite rappresentanze delle comunità palestinesi, marocchine, egiziane, gambiane, senegalesi.
Dopo quasi quattro mesi, la situazione in Palestina è drammatica e si moltiplicano le mobilitazioni a livello internazionale per portare sostegno concreto alla popolazione e per fare pressione su Israele perché cessi il fuoco e rispetti le risoluzioni ONU sul ritiro da Gaza e dai territori occupati.
Ma, il corteo di oggi aveva un obiettivo preciso: «chiedere al Senato accademico e al rettore Mariotti di recidere ogni rapporto con Leonardo S.P.A», come ha annunciato a gran voce una delegazione di manifestanti che ha incontrato i rappresentanti del Rettorato.
Per valutare l’entità dello sciopero bisognerà attendere i risultati dei Ministeri competenti, ma alla piazza gremita arriva la notizia di molte scuole chiuse, nonostante il S.I. Cobas, il sindacato promotore che ha raccolto la richiesta dei Giovani Palestinesi, non abbia certo radici profonde nell’isola. A portare la voce degli studenti e degli insegnanti palestinesi è il coordinamento dei docenti sardi: «alla base del silenzio sui fatti di Gaza c’è una deformazione della verità storica e una distorsione del pensiero e delle parole che vengono usate nel discorso pubblico – ha spiegato Giuseppe Tecleme, del Liceo scientifico Marconi – tra le altre cose la scorretta identificazione tra ebraismo, sionismo e stato di Israele consente di accusare di antisemitismo chiunque critichi Israele. Come insegnanti abbiamo il dovere di ricordare gli orrori del passato, ma la vera creazione di pensiero critico sta poi nel saper riconoscere e comprendere quello che accade oggi».
In prima linea anche le comunità migranti di Sassari che da mesi sono mobilitate per tenere alta l’attenzione su quanto avviene in Palestina: «non è vero che da qui non possiamo fare nulla», – sottolinea Dahood Jamal, studente palestinese di medicina – «possiamo boicottare le aziende che hanno nessi economici con Israele, possiamo chiedere alle istituzioni di prendere posizione e possiamo rompere i vincoli tra la nostra università e tutte quelle strutture che in un modo o nell’altro collaborano con Israele. E soprattutto possiamo creare un fronte unico, perché soltanto l’unità potrà bloccare la logica della guerra e della distruzione tanto in Palestina quanto qui in Sardegna».
A prendersi la parte da leone sono però gli studenti, alcuni molto giovani: «a scuola dovrebbero insegnarci la storia al fine di condannare gli errori passati per non ripeterli, e che l’indifferenza non solo è parte di questi ma spesso li alimenta – argomenta Agnese Bussu, rappresentante d’istituto del liceo Azuni e militante del Fronte della Gioventù Comunista – «tuttavia si affrontano raramente discussioni serie sulle complicità dello Stato italiano con il genocidio in atto, basti pensare a ENI, la quale sta partecipando ad un bando sionista per lo sfruttamento dei giacimenti di gas nel mare palestinese».
Se all’Università di Cagliari il braccio di ferro tra Senato Accademico e movimento degli studenti per la Palestina è ancora in corso, a Sassari si è aperto un nuovo fronte per contestare la «penetrazione della guerra in istituzioni che dovrebbero essere portatrici di pace e cooperazione tra popoli» – come ha concluso Mattia Uzzau degli Studenti per la Palestina. Al Magnifico Rettore e al Senato Accademico – ha concluso Uzzau – «abbiamo chiesto di fermare permanente ogni collaborazione tra la nostra Università e Leonardo S.p.A, comprese le sue estensioni di propaganda culturale, quale la Fondazione Leonardo – Civiltà della Macchine. Poiché crediamo la ricerca non debba in nessun modo sostenere la guerra né esserne sostenuta».