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 Repubblica Democratica del Congo: Save the Children, bambine di appena 9 anni vittime di brutali violenze e mutilazioni sessuali

Nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC) donne e bambine in fuga da violenze mortali hanno raccontato di essere sopravvissute ad attacchi sessuali raccapriccianti e mutilazioni genitali, agite con ogni mezzo, anche i più brutali, da parte di uomini armati. È l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.

 Gli psicologi che lavorano con i partner locali di Save the Children nei campi di sfollamento del Nord Kivu hanno documentato atti di violenza sessuale di gruppo anche su bambine di nove anni. Le équipe curano quasi ogni giorno le sopravvissute che devono affrontare gravidanze indesiderate, complicazioni sanitarie, stigma e pensieri suicidi.

 La maggior parte dei casi di violenza sessuale nel Nord Kivu avviene mentre le donne fuggono dall’escalation di combattimenti tra l’esercito della RDC, l’M23 e molti altri gruppi armati, che ha costretto più di 250.000 persone, tra cui circa 130.000 bambini, ad abbandonare le proprie case.

 Elvis, psicologa clinica dell’organizzazione partner di Save the Children, Heal Africa, ha parlato degli orribili attacchi sessuali di cui si è occupata:

 “Ciò che mi addolora di più è la gravità delle atrocità commesse. Alcune sopravvissute raccontano di essere state violentate da più uomini contemporaneamente. Altre sono state violentate in numerose occasioni, durante diversi spostamenti causati dagli attacchi armati, movimenti di ritorno o mentre si procuravano del cibo nel loro villaggio.

 “Queste ragazze si trovano ad affrontare gravidanze indesiderate e ad altissimo rischio. Alcune sopravvissute non riescono a sopportarlo e provano istinti suicidi. Lavoriamo per aiutarle a comprendere che non è colpa loro. Stabilisco insieme alla persona o ai suoi familiari un piano di sicurezza per mitigare il rischio di suicidio.

 “Ci sono anche casi di uomini che vogliono porre fine al loro matrimonio perché credono che la violenza subita dalla loro partner sia stata voluta. Immaginate lo stigma, l’angoscia, il senso di colpa e il rifiuto che devono affrontare queste donne e ragazze sopravvissute alla violenza sessuale. In questi casi, se il partner è disponibile, organizziamo delle sedute di terapia insieme”.

 Il mese scorso, due strutture sanitarie sostenute da Save the Children nel Nord Kivu sono state saccheggiate. Entrambe le strutture aiutano a fornire cure mediche necessarie alle sopravvissute alla violenza sessuale e di genere.

 L’attuale ondata di violenza segue un anno tumultuoso, caratterizzato dall’intensificarsi dei conflitti nel Nord Kivu nel 2023, mentre i combattimenti nella parte orientale del Paese hanno causato lo sfollamento di oltre 1 milione di persone, tra cui almeno 500.000 bambini.

 Save the Children ha documentato più di 800 casi di violenza sessuale e di genere nelle tre province colpite dal conflitto, Ituri, Nord Kivu e Sud Kivu. È probabile che queste statistiche sottostimino il numero reale di casi, poiché la violenza sessuale spesso non viene denunciata a causa dello stigma e della paura.

 Florence*, 15 anni, è stata vittima di atti di violenza sessuale da parte di due uomini mentre fuggiva dalla sua casa:

 “Uno di loro mi ha preso con la forza, mi ha stretto le mani al collo e poi mi hanno violentata uno dopo l’altro. Mi ha stretto il collo così tanto che non avevo più la forza di urlare. Poi se ne sono andati. Avevo paura e vergogna di raccontare questa storia alla coppia che mi aveva accolto nella loro casa perché erano amici dei miei genitori, e anche quando sono arrivata da mia madre non ho potuto dire nulla”.

 Florence ha spiegato di essersi sentita a suo agio nel parlare della sua esperienza solo dopo aver partecipato a un’attività di sensibilizzazione sugli abusi e la violenza contro le donne e le ragazze che Save the Children ha aiutato a organizzare nel campo di sfollamento.

 “Quando ho raccontato agli operatori di Save the Children di essere stata violentata qualche settimana fa, mi hanno subito portata in ospedale e lì l’infermiera mi ha detto che ero incinta”, ha detto Florence. “Il mio più grande desiderio è quello di vedere, un giorno, i miei aggressori davanti ai giudici ed essere condannati”.

 Save the Children e i suoi partner locali sostengono le donne sopravvissute alle violenze sessuali, come Florence, nella RDC, attraverso il supporto psico-sociale, il ricovero in ospedale e presso specialisti, l’organizzazione di gruppi di sostegno in cui le sopravvissute possono condividere le loro esperienze e l’organizzazione di attività di sensibilizzazione sui diritti dei bambini e sugli abusi.

 Save the Children fornisce inoltre alle sopravvissute informazioni sul supporto e sull’assistenza medica per aiutare a prevenire l’HIV/AIDS, le infezioni sessualmente trasmissibili, le gravidanze indesiderate.

 In molti conflitti, la violenza sessuale continua a essere usata come arma di guerra per terrorizzare donne e bambine. Save the Children chiede di porre immediatamente fine all’impunità delle violenze sessuali contro i bambini, rafforzando le leggi e facendole rispettare, e chiedendo ai responsabili di rendere conto del loro operato. L’organizzazione per i diritti dell’infanzia chiede inoltre maggiori investimenti per rafforzare e coordinare meglio la raccolta di dati sulla violenza sessuale e garantire ai sopravvissuti l’accesso a servizi sanitari e di assistenza adeguati per sostenerli nel lungo percorso di recupero.

 Save the Children lavora nella RDC dal 1994 per rispondere ai bisogni umanitari legati all’arrivo dei rifugiati e allo sfollamento delle popolazioni a causa del conflitto armato nelle province orientali. Save the Children ha intensificato la sua risposta umanitaria per sostenere i sistemi di assistenza esistenti, formando i leader locali e le comunità per prevenire e rispondere allo sfruttamento e agli abusi e garantendo l’accesso all’assistenza sanitaria attraverso cliniche mobili.

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