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Iraq: Save the Children, a 10 anni dal genocidio circa 1300 bambini yazidi sono ancora dispersi

A 10 anni dal genocidio perpetrato dallo Stato Islamico, il destino di circa 1.300 bambini yazidi scomparsi in Iraq rimane sconosciuto. Migliaia di loro sono ancora senza casa e vivono a Sinjar in tende o tra le macerie. Lo afferma oggi Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro, in occasione del decennale del genocidio che ricorre il 3 agosto.

Il 3 agosto 2014, infatti, lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS) ha ucciso, catturato e trasferito con la forza tutti i 400.000 yazidi che vivevano a Sinjar[1], mettendo in atto un genocidio che ha colpito in modo sproporzionato soprattutto le bambine e i bambini. Secondo un rapporto di ricercatori di varie nazioni pubblicato sulla rivista PLoS Medicine, circa 10.000 yazidi sono stati uccisi o rapiti e metà di quelli giustiziati erano minori. Inoltre, quasi tutti (93%) di coloro che alla fine sono morti sul monte Sinjar per le ferite riportate o per mancanza di cibo e acqua erano bambini[2].

Secondo una stima dell’organizzazione non-profit Nadia’s Initiative, dei circa 6.400 yazidi rapiti, si stima che circa la metà fossero minori[3]. Bambini di appena sette anni sono stati mandati nei campi di addestramento dell’ISIS e bambine di appena nove anni sono state sottoposte a stupro e schiavitù sessuale, come mostra un rapporto di Save the Children[4].

Oggi, circa 2.700 yazidi risultano ancora dispersi, di questi circa 1.300 erano bambini al momento del rapimento (secondo le stime di Yazda, un gruppo di difesa degli yazidi in Iraq)[5]. Ad oggi, circa 300-400 persone ancora disperse hanno probabilmente meno di 18 anni[6] e oltre 3.500 yazidi sono stati salvati, tra questi 2.000 sono bambini[7].

Behat*, 17 anni, sta ancora cercando i suoi genitori e fratelli scomparsi. Aveva otto anni quando l’ISIS ha attaccato la sua comunità. “Ho stretto forte le mani di mio fratello e ho urlato loro (all’ISIS) di non portarmelo via. Ho anche pianto, nonostante questo lo hanno portato via. Lo hanno preso e non l’hanno mai più riportato indietro. Non l’ho più visto. Non ho trovato alcuna informazione sui miei genitori. Vorrei avere notizie su mia madre e mio padre… se non si vedono i propri genitori da 10 o 11 anni, è molto difficile ricordare i loro volti,” ha raccontato.

Dieci anni dopo il genocidio, circa 200.000 yazidi sono ancora sfollati[8] dalle loro comunità in Iraq, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni delle Nazioni Unite (OIM). Molti sono ancora senza casa, vivono in tende in campi profughi con scarso accesso a un’istruzione o a un’assistenza sanitaria adeguata.

Viyan*, 15 anni, è fuggita da Sinjar quando era una bambina. Vive in una tenda in un campo profughi in Iraq da quasi un decennio. “È molto difficile vivere in tenda con il caldo o d’inverno, con le forti piogge quando la tenda si bagna… I bambini non hanno un posto dove giocare e lo fanno per strada, che è piena di animali randagi e a causa della sporcizia si contraggono malattie. Gli adolescenti e le bambine, alcune anche di circa 10 anni, dicono sempre che vorrebbero essere morti per non dover vivere in questo modo. Questa tragedia, questo massacro accaduto al popolo yazida, non sono stati dimenticati e a Sinjar, in alcuni punti, ci sono ancora i resti delle persone uccise che non sono stati raccolti”.

A Sinjar, case e edifici rimangono distrutti e le strade sono disseminate di macerie e residui bellici, il che la rende, secondo l’organizzazione umanitaria Humanity & Inclusion, una delle regioni più contaminate da ordigni inesplosi in Iraq [9]. Le infrastrutture danneggiate dal conflitto impediscono l’accesso all’acqua e all’elettricità e mancano scuole e ospedali per chi ritorna a vivere qui.

 Secondo un rapporto di Save the Children, molti yazidi soffrono di problemi di salute mentale, con bambini che vivono in solitudine e hanno pensieri suicidi[10].

Athaab*, 26 anni, aveva 16 anni quando è stata rapita e aggredita sessualmente dall’ISIS. È tornata a Sinjar, dove vive in una casa parzialmente distrutta con i suoi figli. La maggior parte della sua famiglia è ancora dispersa. “Anch’io sono stata una di quelle persone catturate con tutta la famiglia. Ci hanno oppresso e torturato. Non sono più riuscita a trovare la mia famiglia quando sono scappata da loro e sono tornata a casa. Ora non ho nessuno. Dopo essere tornata a casa, ho avuto così tante difficoltà. Mancano molte cose a Sinjar. Le scuole e gli ospedali qui sono insufficienti. Nei villaggi non ce ne sono. Tutto ciò che abbiamo a Sinjar non ha senso, se la gente non riesce neanche ad avere un tetto sopra la testa”.

Ajwan*, 39 anni, è alla ricerca della sua famiglia scomparsa: “Sono stata catturata e ho perso la mia famiglia… Mi hanno presa con mio marito, mio figlio e le mie figlie… mi hanno separato dai miei tre figli … È molto difficile. Abbiamo bisogno di molte cose, ma a Sinjar non ci viene fornito alcun servizio. Le mie due figlie attraversano la strada principale per andare a scuola… la scuola è molto lontana e poiché non c’è un ponte pedonale, le loro vite sono in pericolo ogni volta che lo fanno. Ora sono malata, sia perché la mia mente non sta bene, sia… anche perché l’acqua sporca che beviamo  mi fa male allo stomaco. Perciò, ho bisogno di vedere un medico e uno psichiatra. Ho bisogno di andare da qualche parte per dimenticare me stessa, ma non ho un posto del genere dove poter stare”.

“Dieci anni dopo, oltre 1.000 bambini risultano ancora dispersi e le famiglie sono ancora distrutte. Da oltre un decennio i bambini vivono in tende, con un accesso insufficiente ai servizi di base e senza mezzi per tornare con le proprie forze ad una condizione dignitosa. I bambini yazidi, come tutti i bambini, meritano il diritto alla sicurezza, alla protezione e all’accesso all’istruzione” ha affermato Sarra Ghazi, Direttrice di Save the Children in Iraq.

Save the Children chiede alle autorità internazionali e locali di dare priorità al supporto sulla salute mentale dei bambini yazidi e al loro reinserimento nella società. Per l’Organizzazione è fondamentale stanziare un aumento degli investimenti in istruzione, assistenza sanitaria e il raggiungimento di condizioni di vita sicure per le famiglie yazide sfollate e rimpatriate. L’obiettivo di Save the Children è quello di garantire che i bambini yazidi, come tutti i bambini, abbiano diritto alla sicurezza, alla protezione, alla stabilità e a un futuro pieno di speranza.

Save the Children lavora in Iraq dal 1991 ed è tra le più grandi organizzazioni non governative internazionali (INGO) a sostegno di bambini, adolescenti e delle loro famiglie. Save the Children supporta le famiglie yazide nei governatorati di Duhok e Ninewa con reti di protezione dei giovani e attività che supportano i servizi di salute mentale e istruzione per i minori.

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