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L’abbigliamento sardo è strettamente connesso alle tradizioni e alla cultura

L’abbigliamento sardo è strettamente connesso alle tradizioni e alla cultura: lo ha sottolineato la XII edizione di Sestos che si è tenuta a Ittiri
“La tradizione consiste non nell’adorarne le ceneri, ma nel tenerne viva la fiamma” ha ricordato Ambra Pintore, artista e autrice della trasmissione televisiva “Bistimenta” nel corso della serata di “Sestos”, l’evento dedicato all’abbigliamento sardo. Una fiamma che l’associazione Ittiri Cannedu tiene viva da 12 anni grazie alla collaborazione col Comune.
Un pubblico attento e competente ha partecipato alla serata nel Centro per le Arti–Teatro Comunale di via XXV Luglio, a Ittiri.
Gian Mario Demartis, nelle vesti di relatore, oltre che di coordinatore culturale del convegno, ha illustrato un aspetto del vestiario tradizionale sinora trascurato sia dagli studiosi sia dagli appassionati: il rapporto tra l’abito, la saggezza e la poesia del popolo espressa anche coi proverbi, modi di dire e canzoni popolari. Sono stati riportati numerosi esempi in sardo, evidenziando come componimenti di poeti analfabeti, del ‘700 e ‘800, possono fornire dati inediti e interessanti per “capire il costume” e l’ambiente in cui si inseriva. Fra tutti ha suscitato molto interesse la citazione di un brano del poeta ittirese Giommaria Seche, ascrivibile alla fine del 1700, relativo ad una controversia fra appartenenti al ceto dei “vestiti d’orbace” e i cavalieri del paese.
Oscar Sanna, presidente dell’Associazione Sant’Andrea di Gonnesa e collezionista di indumenti antichi, ha presentato gli esiti delle ricerche sull’abbigliamento tradizionale del paese e delle sub-regioni dell’Iglesiente e del Sulcis: è stata focalizzata l’attenzione sul vestiario maschile di quei luoghi, detto “de su Meurreddu”, mostrando sia due bellissimi esemplari tipici, indossati da uomini del posto, sia un repertorio ricco e interessante di stampe, acquerelli, foto d’epoca e documenti, alcuni risalenti al 1700.
Si sono soffermati, poi, su un aspetto poco conosciuto del vestiario femminile logudorese, quello di Cossoine, Giovanni Manca e Maria Luisa Chicconi, operatori dei Beni Culturali, dirigenti del Gruppo Folcloristico Santa Chiara del paese. La relazione ha dato conto, indumento per indumento, delle due principali tipologie del “costume di gala cossoinese”, quella più antica, tipica delle donne abbienti, riconoscibile per la gonna di panno scarlatto, e quella con caratteri più recenti, con gonna nera. Una serie di bellissime immagini di ricami policromi eseguiti con fili i seta e canuttiglio dorato e argentato, confrontata con fotografie d’epoca, ha reso più comprensibile un argomento complesso.
Infine Ambra Pintore, ha raccontato la sua esperienza nella trasmissione “Bistimenta”su Videolina. Il valore della cultura in TV è stato sottolineato da un breve filmato che ha mostrato splendidi dettagli di indumenti popolari di varie comunità dell’Isola. Il discorso è stato ampliato ponendo alcune problematiche sul campanilismo imperante in alcuni ambienti del Folklore in Sardegna e sulle “gelosie” che rappresentano un freno alla trasmissione dei saperi tradizionali fra le generazioni.
Interessante ed emozionante la parte musicale affidata all’organetto di Peppino Bande e alle launeddas di Roberto Tangianu.
Fortemente emozionato Nanni Rocca originario di Ittiri che ha ricevuto il premio “Manos de Oro” e lo ha dedicato alla madre. Questa la motivazione del Premio: “Discendente di sei generazioni di orafi attivi a Gavoi, il Maestro Rocca ne prosegue l’opera da decenni, con risultati eccellenti per perfezione esecutiva, valore estetico e fedeltà storica. Alcune sue opere sono conservate in Musei e importanti collezioni, sono state esportate in numerosissime località del mondo e donate a personalità della politica e della cultura, espandendo la conoscenza e l’apprezzamento delle nostre tradizioni anche fuori dei confini regionali”.
“Sestos” è inserito nel cartellone di Salude e Trigu, gli eventi del Nord Sardegna sotto l’egida della Camera di Commercio sassarese e il patrocinio dell’Università di Sassari, degli assessorati regionali al Turismo e ai Beni culturali e Spettacoli, nonché della Fondazione di Sardegna.

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