Algeria fallita e cerca di accusare gli Emirati Arabi Uniti
Negli ultimi mesi, i media algerini, oltre ai due leader di partiti politici vicini al potere, hanno preso di mira gli Emirati Arabi Uniti, regolarmente accusati di lavorare per destabilizzare l’Algeria. Nonostante le smentite ufficiali in passato di qualsiasi tensione tra Abu Dhabi e Algeri, oggi il regime algerino parla apertamente delle “azioni ostili” degli Emirati.
Al termine della “riunione dedicata all’esame della situazione generale del paese e della situazione della sicurezza legata ai Paesi vicini e al Sahel”, tenutasi il 10 gennaio, dell’Alto Consiglio della Sicurezza algerino, presieduta dal presidente Abdelmadjid Tebboune, Capo Supremo della delle Forze Armate nonché Ministro della Difesa, in presenza del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale Said Chengriha e altri, la presidenza algerina ha annunciato che, nel contesto “della riunione, l’Alto Consiglio di Sicurezza ha espresso il suo rammarico per le azioni ostili contro l’Algeria, provenienti da un Paese arabo fratello”.
Se questo comunicato non menziona il nome di questo “paese arabo fraterno”, il suo riferimento alla situazione nel vicinato maghrebino e saheliano dell’Algeria indica chiaramente che sono gli Emirati Arabi Uniti, regolarmente accusati di rafforzare le loro relazioni con i vicini dell’Algeria, con l’obiettivo di “destabilizzarlo”.
Nell’immaginario del regime algerino ci sarebbe un piano israelo-marocchino-emiratino volto a risvegliare le manifestazioni del movimento di protesta Hirak nelle principali città del Paese, ed a danneggiare le relazioni dell’Algeria con i paesi nordafricani, saheliani e perfino europei.
È proprio questa mania di vedere nemici ovunque che ha indotto, il 21 giugno, alcuni generali dei servizi segreti algerini a fornire al sito locale del canale Ennahar “imminente espulsione” dell’ambasciatore emiratino ad Algeri, in seguito “all’arresto di quattro spie emiratine che operavano per conto del Mossad israeliano”.
Questa vicenda creerà un disordine pazzesco all’interno del regime algerino, costringendo il Ministero degli Affari Esteri a pubblicare, poche ore dopo, una smentita categorica, in cui si evidenzia una presunta “solidità delle relazioni privilegiate algerino-emiratine stabilite tra i due paesi e popoli fratelli”. Nel frattempo, lo stesso ministero ha richiamato i media locali che “l’unica fonte di informazione” sugli affari diplomatici è lo stesso ministero. La vicenda ha causato il licenziamento del ministro delle Comunicazioni, Mohamed Boslimani per aver riciclato questa informazione sui media ufficiali.
L’accesso ai BRICS di paesi arabi e africani come gli Emirati, l’Egitto, l’Arabia Saudita e l’Etiopia, e il miserabile fallimento dell’Algeria nell’entrare nel club dei paesi emergenti ha spinto Tebboune ad aderire apertamente alla feroce campagna dei suoi generali interdetti all’ingresso negli Emirati, con l’obiettivo di accusare Abu Dhabi di aver bloccato l’ingresso dell’Algeria nei BRICS attivando un’attività di lobbying su India e Brasile.
Il 23 agosto 2023, il capo del partito El Bina, Abdelkader Bengrina, aderito ad una presunta campagna nota come “rafforzamento del fronte interno” di fronte ai nemici esterni, è stato incaricato da Tebboune per accusare gli Emirati di incoraggiare Tunisia e Mauritania ad aderire agli accordi di Abraham e normalizzare le loro relazioni con Israele. Anche Louisa Hanoune, patrona del Partito dei Lavoratori, ricevuta recentemente a Mouradia, è stata sollecitata dal presidente algerino a dichiarare alla stampa che gli Emirati Arabi Uniti sono con i paesi confinanti, tra cui la Tunisia e i paesi del Sahel, contro l’Algeria.
In seguito alla visita del Re Mohammed VI del Marocco ad Abu Dhabi lo scorso dicembre, il regime algerino ha spacciato l’idea secondo cui gli Emirati avrebbero preso di mira il deterioramento delle relazioni tra l’Algeria e i paesi del Sahel, versando a tal fine 15 milioni di dollari al Marocco.
Tuttavia, è stato l’appello del Re Mohammed VI, lo scorso novembre, a favore dell’apertura dei paesi del Sahel e del loro accesso all’Oceano Atlantico a creare questo panico nel regime algerino, al punto da farlo delirare attraverso i suoi media. Ciò non ha impedito a questi paesi di essere presenti, il mese scorso a Marrakech, ad un importante incontro a livello dei ministri degli Esteri, che ha coinciso con la presenza ad Algeri di numerosi oppositori maliani, uno dei quali è stato ricevuto dal presidente Tebboune, provocando una crisi diplomatica con Bamako e il richiamo degli ambasciatori dei due Paesi per consultazioni.
Questa crisi arriva sulla scia della sepoltura definitiva da parte dell’attuale autorità maliana dell’Accordo di Algeri del 2015, un accordo che l’Algeria ha regolarmente utilizzato come alibi per interferire scandalosamente negli affari interni del Mali.
Non è escluso che l’acquisizione da parte di Bamako, il 4 gennaio, di una ventina di droni di fabbricazione turca possa essere attribuita da Algeri agli Emirati Arabi Uniti, accusati di aver impegnato ingenti somme di denaro per prendere di mira la sicurezza dell’Algeria.
Di fronte a un isolamento geopolitico sempre più duro, l’Algeria si ritrova nella sua stessa trappola. I vari conflitti regionali, come la crisi libica e la crescente instabilità nel Sahel, hanno indebolito la sua posizione nella regione e hanno contribuito al suo allontanamento dai suoi partner tradizionali. Inoltre, le relazioni tumultuose che ha creato con il Marocco hanno contribuito a rafforzare questo isolamento dovuto al desiderio algerino di destabilizzare la regione, in particolare attraverso il suo continuo sostegno al gruppo Polisario. Le azioni dell’Algeria volte a sfruttare il conflitto artificiale attorno al Sahara Marocchino sono state a lungo criticate e hanno avuto conseguenze dannose per le sue relazioni con altri paesi come la Spagna e hanno portato all’emarginazione dell’Algeria sulla scena internazionale, indebolendone così il peso nelle questioni mondiali.
Inoltre, la politica conflittuale della casta militare al potere non fa altro che rafforzare la percezione negativa sulla scena internazionale di un paese guidato da casta incredibile ed isolata. I partenariati commerciali e gli investimenti esteri stanno diventando sempre più rari, limitando così le prospettive di sviluppo economico del Paese. Questo isolamento diplomatico ha nefaste ripercussioni economiche per il popolo algerino che chiede sempre “uno Stato civile non militare”.