Sardegna: zona franca sì, zona franca no. Acceso dibattito politico
Sardegna, è continua polemica sulla Zona Franca. C’è chi dice no e chi dice si. Se da un lato ci sono noti volti accademici di Sardegna, Paolo Maninchedda, sardista e convinto indipendentista, che è a favore della zona franca vorrebbe che la zona franca ma è molto critico nel processo intrapreso dall’attuale giunta regionale tanto da dichiarare a La Nuova Sardegna che “Vorrei concorrere a realizzare davvero la zona franca e farla diventare uno dei momenti del cambiare tutto in profondità ma per cambiare tutto non bisogna fare casino. Il disordine è il modo migliore per cambiare tutto ma non l’essenziale, cioè per candidare coloro che sono già forti a diventarlo ancora di più divenendo i rappresentanti del cambiamento fittizio”
Dall’altro abbiamo la posizione politica dei grillini che la si evince proprio dal sito del movimento dove l’associazione sarda sostiene che ” la zona franca estesa a tutto il territorio regionale in realtà non sarebbe realizzabile, almeno ai sensi della normativa vigente.”
Sul sito dei grillini sardi troviamo una nota interessante che riportiamo così come proposta
Nel voler contribuire ad alimentare il dibattito sulla zona franca in Sardegna, un gruppo di studio interno all’Associazione 5 Stelle Cagliari (del quale fanno parte il neo parlamentare Andrea Vallascas, il Dr. Nicola Di Cesare che si occupa di analizzare le politiche economiche regionali e l’Ing. Antonio Massoni), sostiene che la Z.F. estesa a tutto il territorio regionale – che secondo alcuni potrebbe essere una grande occasione di sviluppo dell’economia isolana nonché di affrancamento dalla pesante pressione fiscale sui cittadini della regione – in realtà non sarebbe realizzabile, almeno ai sensi della normativa vigente.
Di recente la Giunta Cappellacci ha emanato una delibera nella quale chiede l’istituzione della Zona Franca integrale ma nella sostanza tale delibera non solo non avvia il procedimento giuridicamente previsto per l’istituzione di una qualsivoglia Z.F, ma fa perdere ulteriore tempo prezioso andando a incagliarsi in un contenzioso con lo stato Italiano e con l’UE, che sarebbe già perso in partenza.
Analizzando nel dettaglio tale delibera, si può notare come parli di riconoscimento della Sardegna e delle isole minori circostanti quale territorio extradoganale, con una richiesta indirizzata all’Unione Europea; nella stessa, riferendosi al DLgs 75/1998, la RAS rivendica, all’art. 12, l’attuazione dello Statuto Speciale argomentando che non spetterebbe allo stato Italiano sindacare sull’istituzione della ZF. La delibera, inoltre, comunica alle autorità Europee e a quelle Doganali, nazionale e regionale, la volontà della RAS di rendere immediatamente operative sul territorio dell’intera Isola le prerogative già individuate nel regolamento CEE (esattamente il n. 2913/1992 e nel relativo regolamento di attuazione n. 2454/1993, entrambi richiamati nel D.Lgs. n. 75/1998), con una perimetrazione coincidente con i confini naturali dell’Isola e delle sue isole minori circostanti.
Il problema, a nostro avviso, è che tale delibera chiede alla UE anche alcuni errori e una simile confusione in così poche righe rappresentano quasi un “caso clinico” di natura giuridica. Vediamo perché:
Il primo errore sta nella richiesta velleitaria di revisione del vigente codice doganale attraverso la modifica dell’art. 3 del Regolamento n. 450/2008 (Codice Doganale Europeo), che entrerà in vigore il 24 Giugno 2013, il quale prevede solo ZF intercluse (art. 155) e quindi non estese a tutto il territorio regionale, con l’inserimento del territorio della Sardegna e delle sue isole minori circostanti quale territorio extradoganale dell’Italia, prerogativa attualmente non prevista; questo codice è peraltro emanato da organi comunitari competenti di diretta emanazione della commissione europea, su indicazione di tutti gli enti doganali degli stati membri e dunque non è emendabile a gentile richiesta.
Il secondo passaggio irrealizzabile consta nel non aver considerato che, per attribuire al territorio regionale lo status di ‘extradoganale’, sarebbe necessaria una modifica del Trattato di Lisbona, il che è di per sé proceduralmente impossibile almeno nel medio periodo. Il terzo errore, ancora più grave, è stato commesso nel non considerare quali potrebbero essere in prospettiva le conseguenze di tale attribuzione. Ancora, si sbaglia a nostro avviso nel richiamare l’articolo 12 dello Statuto, ben sapendo che i tributi pagati sul territorio regionale vanno devoluti all’erario Statale prima ancora di vedere la strada del ‘ritorno’ nelle casse regionali. Infine, in ogni caso il Dgls 75/1998 fa riferimento esclusivamente a Zone Franche Doganali Portuali di scarsissimo interesse e per definizione non estendibili ad aree appunto non doganali.
Tali Zone Franche, infatti, non condurrebbero a nessun vantaggio per le attività regionali, in quanto limitate solo ad alcune agevolazioni, peraltro nemmeno fiscali ma solo procedurali, nella movimentazione delle merci.
Fatte queste debite premesse, arriviamo alla questione del 24 Giugno 2013; tale data è indicata dal Nuovo Codice Doganale Comunitario come termine ultimo per l’entrata in vigore degli articoli, tra i quali quello che impone che le ZF Doganali possano essere solo ‘intercluse’ cioè chiuse e delimitate alle aree portuali e, dunque, sempre di ZF doganali si parla. Questo Codice è peraltro già superato da ulteriori rimaneggiamenti che sono a tutt’oggi all’esame delle commissioni comunitarie che si occupano della sua stesura, ma questa è ancora un’altra storia.
Quando parliamo di ZF occorre anzitutto decidere di cosa si sta parlando. Allora scendiamo ancora più nel dettaglio. Esistono diverse forme di Zone Franche nel mondo e il loro numero, attualmente superiore alle mille unità, è tendenzialmente in aumento.
La Convenzione Internazionale di Kyoto del 1973 definisce Zona Franca come «… la parte del territorio di uno Stato in cui le merci che vi sono introdotte, sono considerate come fossero fuori dal territorio doganale, per quanto attiene ai diritti e alle tasse d’importazione e non sono sottoposte agli usuali controlli dell’autorità di Dogana». L’Ordinamento dell’Unione Europea, dunque le legislazioni degli Stati membri, definisce ZF «… ogni territorio istituito dalle autorità competenti degli Stati membri, dove si possono introdurre merci, avvantaggiandosi dei rimborsi sulle esportazioni o sui costi di importazione; inoltre, sono esentate dai dazi doganali, dei prelievi agricoli, delle restrizioni quantitative e di qualsiasi tassa o misura di effetto equivalente». L’UE mira a definire l’esperienza di Zona Franca in base ai suoi più generici caratteri di area ove è sospesa l’applicazione parziale o totale di norme fiscali e commerciali in vigore nella Comunità e applicabili al caso.Nel Testo Unico delle Leggi Doganali italiane, si intende per ZF «… una parte del territorio doganale, non delimitata da recinzioni, dové ammesso il consumo di determinati prodotti in esenzione o con la riduzione di imposta, entro limiti stabiliti».
Queste sono le così dette Zone franche per contingenti, previste per la Regione Valle d’Aosta e per la Provincia di Gorizia, le zone di Livigno, Campione d’Italia, lago di Lugano, Ponte Tresa e Porto Ceresio.
Le Nazioni Unite hanno elencato ben 23 denominazioni di ZF in base agli obbiettivi economici che le diverse Aree Economiche Speciali perseguono che nel dettaglio possiamo elencare come le seguenti:
“Zone Franche commerciali” «… aree dove si svolge il trasbordo, lo stoccaggio e dove le merci sono in attesa di essere reimportate, possono essere destinate a migliorarne la qualità o la presentazione».
“Porti Franchi” «… dove è possibile compiere tutte le operazioni inerenti, l’imbarco, sbarco, trasporto di materiali e trasformazioni; consentendo così agli agenti economici operanti nel porto un’immunità doganale, sia per incrementare i traffici, che facilitando l’impianto di stabilimenti industriali nell’area franca».
“Punti Franchi” «… presentano dei limiti dimensionali e hanno un carattere prettamente commerciale, senza dare fastidio e intralcio alle altre attività portuali».
“Zona Franca portuale” «… le merci entrano ed escono in una zona del porto chiusa, senza formalità doganali».
“Deposito Franco” «… è un edificio in prossimità della linea Doganale marittima in cui le merci sostano in sospensione di tributi e senza prestazione di garanzia; le merci introdotte possono essere sottoposte soltanto alle manipolazioni usuali che non ne alterino la natura e vengono immagazzinate a condizioni fiscali vantaggiose».
“Zone Franche industriali” «…aree nelle quali è concessa anche la trasformazione, che da valore aggiunto alle merci».
“Zone Franche di seconda generazione” «… aree in cui, oltre alle agevolazioni fiscali, sono presenti vantaggi finanziari, sociali e amministrativi, sia per le imprese che per i lavoratori; di fatto, sono connesse con le attività commerciali e produttive che, oltre a favorire le classiche operazioni, stimolano la trasformazione delle merci, anche per il mercato interno».
“Zone Franche speciali” «…sono aree stabilite dal governo, per stimolare ed equilibrare l’agricoltura, l’industria, il commercio e il turismo… ogni zona amministra da se il proprio sviluppo economico, industriale e fiscale, senza l’aiuto del governo nazionale… vengono offerte strutture adeguate, al fine di creare un collegamento con le comunità circostanti… talora sono previsti incentivi finanziari, infrastrutture o la formazione per il personale impiegato: in sostanza, può essere una specie di incubatore in cui alle aziende viene dato tutto il necessario per svilupparsi».
“Zone Franche d’Impresa” «…sono aree destinate a godere di uno statuto speciale al fine di rilocalizzare le imprese industriali; di attrarre investimenti internazionali orientati alla sola esportazione, permettendo l’ingresso libero di materie prime e semilavorati».
“EPZ o Export Processing Zones” «…rappresentano le zone franche più diffuse al mondo, specie nei paesi in via di sviluppo, godendo di incentivi addizionali che le caratterizzano».
Gli incentivi di cui godono normalmente le ZF sono i seguenti:
1) Offerta di importazione esentasse di materie prime o semilavorati disponibili nel mercato interno;
2) Esenzione temporanea, dai tre a dieci anni, spesso prorogabile, sulla tassazione dei redditi;
3) Offerta alle imprese di riduzione o annullamento delle pratiche burocratiche e doganali, con relativa diminuzione dei costi amministrativi e dei ritardi; possibilità di rimpatrio totale dei profitti; evitare l’iter di approvazione per importazione di strumentazione estera e possibilità di utilizzare le quote di importazione assegnate al Paese ospite, di certi blocchi commerciali come l’UE;
4) Offerta alle imprese di tariffe generalmente più basse per affitto di stabili, spazi e per l’energia elettrica;
“Zona Franca di Consumo” «…determinati quantitativi e tipologie di merci possono essere importate dal resto del mondo per essere consumate all’interno della zona franca considerata alle imprese di tariffe generalmente più basse per affitto di stabili, spazi e per l’energia elettrica».
“Zona Franca Doganale” «…le merci entrate usufruiscono dei vantaggi doganali ma godono dell’appartenenza europea».
“Zona Franca di Produzione” «…le aziende beneficiano sia di esenzioni doganali per le merci e i prodotti importati da qualunque paese, che di agevolazioni fiscali, nel rispetto della normativa comunitaria, per quanto riguarda le imposte dirette, indirette e le misure di flessibilizzazione del lavoro»…….
Ora che abbiamo il quadro generale della situazione dovremmo domandarci: di quale ZF abbiamo bisogno ?
Occorre argomentare, giunti a questo punto della trattazione, che a nostro avviso l’istituzione della extraterritorialità fiscale della Sardegna rappresenterebbe un ‘suicidio’, per due ordini di motivi. In primo luogo perché la Regione vedrebbe ridotto il proprio bilancio del 90% senza che nulla possa contribuire al funzionamento della macchina regionale e dei servizi connessi (sanità, scuole, università, strade etc.), riducendoci probabilmente ad una situazione da ‘far west’. In secondo luogo la Sardegna diventerebbe terra di conquista di qualsiasi forma di traffico o malaffare, che potrebbe agire in totale assenza di controlli sulla provenienza legale, qualità e certificazione delle merci. Queste considerazioni non sono solo frutto di riflessioni personali, ma sono state condivise da più parti nel corso del nostro percorso di approfondimento sulla questione. Ma c’è ancora un altro motivo da aggiungere ai precedenti. La Sardegna, in realtà, non è stata mai individuata nel Trattato di Lisbona come zona extraterritoriale della UE e, dunque, tutto il ‘castello di carte’ costruito intorno alla ZF integrale crolla miseramente.
L’unica strada a nostro avviso percorribile – dettata dal buonsenso – potrebbe essere quella di studiare un nuovo pacchetto di ‘fiscalità di vantaggio’ e di ‘servizio’, al fine di dare supporto e crescita (nonché lavoro) a migliaia di nuove imprese che potrebbero insediarsi nelle aree industriali già esistenti e infrastrutturale, adiacenti ai porti già indicati nel famoso Dgls 75/98.La chiave giuridica per arrivare alla definizione di una simile ipotesi potrebbe essere trovata nella formulazione degli articoli 107 – 108 – 109 del TFUE (trattato di Funzionamento dell Unione Europea) all’interno dei quali si fa riferimento ai casi previsti per l’istituzione delle ZF che possono considerarsi compatibili con il mercato interno: “Gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all’articolo 349 ovvero della Guadalupa, della Guyana francese, della Martinica, della Riunione, di Saint Barthélemy, di Saint Martin, delle Azzorre, di Madera e delle isole Canarie, aggravata dalla loro grande distanza, dall’insularità, dalla superficie ridotta, dalla topografia e dal clima difficili, dalla dipendenza economica da alcuni prodotti, fattori la cui persistenza e il cui cumulo recano grave danno al loro sviluppo”. Nessun’ altra. L’articolo 108 TFUE dice che “A richiesta di uno Stato membro, il Consiglio, deliberando all’unanimità, può decidere che un aiuto, istituito o da istituirsi da parte di questo Stato, deve considerarsi compatibile con il mercato interno, in deroga alle disposizioni dell’articolo 107 o ai regolamenti di cui all’articolo 109, quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione”.
Cioè il Consiglio dovrebbe deliberare all’unanimità l’istituzione delle ZF per la Sardegna su richiesta del governo Italiano e previa proposta della Regione Sardegna.
Questa strada, opportunamente ponderata nei termini di fiscalità di vantaggio, ci pare l’unica percorribile a patto che la sua formulazione sia supportata dai necessari passi istituzionali già previsti dal Trattato di funzionamento dell’UE, da parte del governo regionale e non da sterili e ingannevoli dichiarazioni di intenti mascherati da delibera regionale.