Pizzolungo, 2 aprile 1985. Morte di innocenti. Strage di mafia?

Era il 2 aprile 1985, era il litorale di Pizzolungo. E’ strage, strage di innocenti.
Una Ritmo e l’Argenta attraversano la litoranea di Pizzolungo, a bordo c’è un magistrato, il magistrato Carlo Palermo. C’è traffico, le sirene sono spente.
Il magistrato percorre quella strada tutti i giorni. Lui non muore per puro caso ma perdono la vita degli innoccenti, una madre e due bambini morti ammazzati. E’ la strage di Pizzolungo.
Il protagonista principale di questa tragica pagina è Carlo Palermo. La location di questa storia invece è Trapani, Sicilia.
In quegli anni le bella Trapani vive un particolare intreccio tra mafia, massoneria e sembra società segrete, forse persino Gladio. Il magistrato forse ha scoperto nuove trame, ulteriori intrecci.
Mentre l’auto percorre la strada come ogni mattina, uno smottamento d’aria, un boato, il magistrato è fuori dall’auto in piedi, gli uomini della scorta feriti. Su un muro una macchia di sangue. E’ una fatalità.
Nei pressi dell’autobomba la vettura di Palermo supera una Volkswagen Scirocco guidata da Barbara Rizzo, 30 anni, che accompagna a scuola i figli Salvatore e Giuseppe Asta, gemelli di 6 anni. A morire quel giorno non è il magistrato ma sono Barbara Rizzo ed i suoi figli: i gemelli Giuseppe e Salvatore Asta. Forse l’auto di Barbara è quel qualcosa in più che salva Palermo ma a morire sono 3 vittime innocenti. E’ orrore intorno. Sangue, brandelli di corpi e pezzi di auto. Un corpo di bimbo irriconoscibile è schiacciato su una palazzina, un orecchio su un comodino.
Arrivano i soccorsi e con essi anche Nunzio Asta, marito di Barbara e suo cognato. Non sospettano di nulla, ore dopo però una telefonata della polizia chiede la targa dell’auto della moglie, ma Nunzio non pensa immediatamente all’attentato, scoprirà poi da una sua collaboratrice che i suoi figli non sono mai giunti a scuola.
La strage di Pizzolungo, studiata per il magistrato Carlo Palermo, oltre ai 3 morti innocenti ha procurato il ferimento di 4 agenti di scorta: sulla Fiat Argenta 132, l’autista Rosario di Maggio e Raffaele Mercurio, rimangono leggermente feriti mentre gli altri due vengono gravemente colpiti dalle schegge, Antonio Ruggirello a un occhio, Salvatore La Porta alla testa e in diverse parti del corpo.
Una storia di mafia e non solo.
Lunghe indagini portano a alle condanne di Gioacchino Calabrò, Vincenzo Milazzo, Filippo Melodia. Ma la sentenza è stata cassata nel ’91 perchè, da successive inchieste e dibattimenti sarebbe emerso che gli imputati non avrebbero commesso il fatto. I mandanti si è sempre pensato fossero il braccio armato di Cosa Nostra corleonese ovvero Totò Riina, Vincenzo Virga, e i loro «gregari» Balduccio Di Maggio, Nino Madonia, ma anche Gino Calabrò, condannato solo per la ricettazione dell’ auto rubata usata per la strage e l’alcamese Vincenzo Milazzo, morto ammazzato nell’ estate del ’92, che si scoprirà poi aver avuto contatti con la massoneria e i servizi segreti.
Le indagini avrebbero messo in luce l’ombra della la cosca mafiosa di Alcamo che faceva capo a Vincenzo Milazzo la stessa cosca che sembra gestisse una delle raffinerie di morfina di cui abbiamo accennato prima. Palermo, aveva condotto l’inchiesta sulla morfina nelle campagne di Alcamo in contrada Virgini.
Durante le indagini per chiarire il movente della strage, depongono dei pentiti. Per Francesco Di Carlo, “la mafia doveva dimostrare di essere più forte dello Stato, si era fatto un gran parlare di questo magistrato che arrivava da Trento a Trapani, divenne obiettivo per questa ragione”. Una conferma della longa mano di Vincenzo Milazzo arriva dal pentito di Alcamo Nino Cascio invece in una deposizione si ricordava avere appreso dal capo cosca Milazzo della strage, “mi disse che se l’avesse avuto lui in mano il telecomando non lo avrebbe premuto”.A premere il timer secondo le investigazioni sarebbe stato Nino Melodia, altro boss di Alcamo, in carcere, ma per altri motivi legati alla mafia.
Ancora oggi il movente fa discutere. Qualcosa di misterioso e non indagato però sembra esserci nella strage di Pizzolungo, dietro c’è chi sospetta ci sia persino Matteo Messina Denaro e la sua banda, altri invece che sia opera di servizi segreti deviati e massoneria.
La pagina su Pizzolungo è ancora lunga, difficile da scrivere e riscrivere.
E’ sempre un dolore ricordare ciò! Preghiamo!