Italia

La vita a rischio di un pentito. Luigi Bonaventura sceglie di uscire dal programma di protezione

Bonaventura

Scegliere di cambiare vita e passare a collaborare con la giustizia non deve essere facile. Sicuramente non lo è per chi sin da giovanissimo è stato addestrato a fare il “soldato” del crimine organizzato sino a diventare, poi, in giovane età, reggente di una delle più grosse cosche calabresi.

Luigi Bonaventura, poco più di 40 anni, pentito di ‘ndrangheta da anni vive sotto protezione e falso nome in un centro del litorale molisano. Con lui, per ovvi motivi, fanno parte del programma di protezione i figli, la moglie e qualche parente. Bonaventura è un pentito riconosciuto affidabile da ben 9 procure italiane ed 1 straniera e in numerose sentenze.

Quando circa 7 anni fa Bonaventura inizia a parlare ha poco più di 30 anni ma riesce lucidamente a raccontare oltre 25 anni di storia di ‘ndrangheta, riempie verbali con fatti ed analisi, fa arrestare il padre e tira fuori dalla memoria ipotetiche liason Lega Nord e ‘Ndrangheta, ipotesi che sembravano fantascientifiche poi invece inchieste ed investigazioni hanno dato ragione al giovane boss crotonese.


Luigi Bonaventura però per il crimine organizzato è un “infame”, su di lui pende una condanna a morte, eppure si trova ad affrontare una particolare situazione, ci sarebbero, a suo dire, diverse falle nel programma di sicurezza, falle che lo starebbero spingendo a scegliere di uscire dal protocollo di cui usufruiscono collaboratori di giustizia e familiari.

Ma l’ndrangheta, come tutte le altre organizzazioni criminali di stampo mafioso, non tollera il “tradimento”. E’ noto un pò a tutti che i particolari vincoli presenti nelle cosche hanno reso per diversi anni l’ndrangheta un’associazione criminale impossibile da infiltrare dove per altro pentiti e collaboratori non ve ne erano. Pentirsi e collaborare potrebbe significare andare incontro alla morte, mettere a rischio i propri figli e parenti. Spesso però prevale la forza d’animo e la volontà di far “crescere i propri figli con sogni e desideri” così si sceglie di collaborare con la giustizia ed entrare a far parte del Programma di Protezione Testimoni.

Una vita difficile e a rischio continuo quella del “pentito” , specie se lo Stato non protegge quanto deve. Presto arrivano attentati e minacce che tendono a mettere a rischio la vita, in questo caso di Luigi Bonaventura e della sua famiglia. Così il protetto matura la volontà di uscire dal programma di protezione testimoni. Non si sente più sicuro.

Su di lui pesa ancora aver fatto parte di una delle cosche più potenti e forti della Calabria, la  Bonaventura-Vrenna-Corigliano la seconda vita è complicata, il programma ha troppi “buchi” e nel Molise, nonostante si creda il contrario, le infiltrazioni mafiose e ‘ndranghetiste sembrano essere sin troppe.

Mentre scriviamo alla mente non può che non tornare l’assurda vicenda di Lea Garofalo che, una volta uscita dal programma di protezione però si è trovata completamente sola, noto è infatti l’episodio accaduto a Campobasso, un agguato sventato dalla giovanissima figlia Denise così come è impossibile non ricorda altre vicende che hanno come sfondo il Molise.

Sembre in Molise era stato mandato Angelo Izzo, uno degli assassini del Circeo. Izzo trascorreva la semilibertà a Ferrazzano. E’ lì che Izzo uccide Maria Carmela Limucciano e la figlia Valentina Maiorano. Maria Carmela Lumucciano era la moglie di mGiovanni Maiorano, collaboratore di giustizia ex uomo della Sacra Corona Unita. Era il 2005.


Ed è sempre in questo angolo di Italia che hanno luogo gli attentati tali  o presunti che vedrebbero Bonaventura e famiglia tenuti costantemente sotto controllo dall’ndrangheta. Dell’odissea dell’ex boss non è la prima volta che scriviamo. Protezione che è stata già messa a rischio diverse volte, ed è infatti lo stesso pentito a denunciare nel 2011 un presunto attentato nei suoi confronti ordito dagli uomini della famiglia Ferrazzo, non più di qualche mese fa alla famiglia poi viene recapitata una busta con proiettili.

Bonaventura, attraverso i suoi legali gli avvocati Ruggiero Romanazzi e Giulio Calabretta più volte ha lamentato più volte la delicata situazione in cui vive ed i vari problemi riscontrati nonostante il regime protetto.

Il programma di protezione stabilito per Bonaventura ed i suoi familiari è scaduto nel 2011 e da quel giorno lo stesso ex boss non avrebbe mai firmato nessuna proroga anzi, ne avrebbe richiesto la risoluzione, confermando però la volontà di collaborazione con lo Stato. Nel frattempo a marzo 2013 viene notificato un prossimo cambio di località protetta, cambio obbligato che dovrebbe avvenire entro il 6 maggio 2013. A marzo, lo Stato ha proposto all’ex boss e alla sua famiglia un cambio di località che però, secondo quanto riferito dallo stesso Bonaventura sembra essere ad alta infiltrazione ndranghetistica e mafiosa, anche questa località avrebbe e gli stessi criteri di mimitismo adottati a Termoli, dunque con gli stessi punti critici più volte palesati e lamentati.

Intanto però Bonaventura e famiglia vivono nel Molise, regione dove ci sarebbero altri collaboratori di giustizia ed affiliati, i vari cognomi  risulterebbero residenti in regione quelli di Garofalo, Ferrazzo, Cosco , Mesoraca, Pucci,Speranza e Amodio tutti uomini originari della Calabria e per giunta tanti della stessa provincia di crotone,ma dove la logica in tutto questo? Situazione infatti questa che avrebbe compromesso notevolmente la protezione dell’ex boss.

Ma non è solo Bonaventura che più volte si è lamentato della particolare situazione in cui versano i “protetti” in terra di Molise ed è sempre in questo lembo di Italia, un tempo ritenuto senza infiltrazioni criminali, che invece diventa costantemente background di atti e fatti che possono anche significare il contrario.

Secondo Bonaventura il programma di sicurezza, nei sui confronti, avrebbe delle falle, falle che ha più volte esposto agli organi competenti, stranezze che partirebbero dalla consegna del documento, alla scelta dell’abitazione (appartamenti già in uso da altri protetti) all’iscrizione alle scuole primarie dei figli curata dal NOP,etc azioni queste che potrebbero aver notevolmente messo a rischio l’anonimato che invece doveva essere garantito. Bonaventura, da noi sentito conferma il rischio quotidiano in cui è costretto a vivere e dice “ mi trovo costretto ad abbandonare il programma di protezione come ha dovuto fare Lea Garofalo, la cui storia e tragica morte è a tutti nota”.

Può un pentito affidabile per ben 10 Procure vivere sotto la costante minaccia del crimine organizzato?

 La situazione in cui vive l’ex boss non è certo delle migliori ed infatti anche qualche giorno fa, attraverso i difensori, gli avvocati Romanazzi e Calabretta  che hanno inviato al ministero dell’Interno, alla presidenza del Consiglio dei Ministri e al Servizio Centrale di Protezione la richiesta di uscire dal programma di protezione ma anche l ennesima  richiesta urgente di una scorta a sua protezione e sopratutto un’audizione presso la Commissione Centrale competente per poter spiegare le  motivazioni della decisione presa dalla sua persona. Decisione che ovviamente, Bonaventura, ha ponderato consapevole dei nuovi rischi che potrebbero arrivare ma, l’ex boss  quale altra alternativa  avrebbe?

Una situazione delicata ed intricata in continua evoluzione

 


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Hamlet

"Amo ricercare, leggere, studiare ogni profilo dell'umanità, ogni avvenimento, perciò mi interesso di notizie e soprattutto come renderle ad un pubblico facilmente raggiungibile come quello della net. Mi piace interagire con gli altri e dare la possibilità ad ognuno di esprimere le proprie potenzialità e fare perchè no, nuove esperienze." Eleonora C.

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