Medicina A rischio salute i figli di donne obese
La probabilità di finire in ospedale nei primi 5 anni di vita è del 50% superiore, per condizioni che vanno da infezioni a disturbi respiratori, metabolici ed endocrini
I figli nati da donne obese hanno un rischio del 50% maggiore di finire in ospedale nei primi cinque anni di vita, per cause che vanno da infezioni a disturbi respiratori, metabolici ed endocrini. Lo indica uno studio della Griffith University, in Australia, condotto su oltre 5.500 donne e sui loro figli, il primo a studiare il legame fra il peso della madre prima della gravidanza e i ricoveri in ospedale della prole.
Lo studio, guidato dall’epidemiologa Cate Cameron, “è significativo perché è il primo a collegare il peso della madre basato sull’indice di massa corporea prima della gravidanza e la salute della prole, misurata in termini di ricoveri in ospedale lungo un periodo esteso, di cinque anni“, scrive l’autrice sull’International Journal of Obesity. “Non si tratta di incolpare le donne, non vogliamo certo dire che sia colpa della madre se il piccolo finisce in ospedale. Ma se la donna riesce a ridurre il suo peso, se compie qualsiasi passo per essere in buona salute, il beneficio non sarà solo per lei, ma anche per il nascituro“. Il prossimo passo, aggiunge la studiosa, sarà di analizzare il materiale genetico prelevato e conservato, per comprendere quale sia il processo biologico in atto, usando i dati del Dna prelevato dal sangue del cordone ombelicale dei neonati. Ancora una volta, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, l’obesità e gli stili di vita eccessivi quando si tratta di alimentazione, finiscono nel mirino della ricerca anche se questa volta non per le conseguenze personali che possono portare ma per quelle che riguardano i nostri figli. In tal senso, non finiremo mai di ripetere, attraverso la nostra attività d’informazione che biosgna cercare di condurre uno stile di vita che sia il più sano possibile, partendo dalla nostra alimentazione quotidiana.
Lecce, 14 agosto 2014
Giovanni D’AGATA