Stromboli: l’isola mai doma

Chi vive o semplicemente soggiorna a Stromboli sa di affrontare un’isola che non conosce riposo, tra bombe di fuoco e d’acqua: scopriamola meglio

Quest’isola ha un carattere così peculiare e riconoscibile che ha finito per dare il nome a un tipo di eruzione, quella “stromboliana”, che si ripresenta similmente in buona parte dei vulcani sulla Terra.
Stromboli è la più settentrionale e orientale delle isole dell’arcipelago delle Eolie, e senza dubbio è la più attiva e riconoscibile tra le sette che lo compongono. Un’isola estrema, dal carattere indomito.
Le origini di Stromboli

Stromboli è un’isola vulcanica, la cui formazione è iniziata più di un milione di anni fa nelle profondità del mare, per poi iniziare ad emergere 200mila anni fa. Questa sua prima emersione prese forma in quello che oggi è noto come “strombolicchio”: una prima isola vulcanica, che nel tempo ha esaurito la sua attività, subendo l’erosione da parte degli agenti atmosferici. Oggi a ricordarla rimane solo lo scoglio che ha preso questo nome (e che altro non è che lava solidificata di questo primo vulcano).
Circa 100mila anni fa il magma ha cominciato a seguire una nuova via, più meridionale, per sfociare in superficie: ecco l’apparizione dell’attuale Stromboli, plasmata nei millenni, eruzione dopo eruzione, fino alla morfologia odierna.
Il vulcano
Come accennato, l’attività di questo vulcano è così peculiare e riconoscibile da aver dato il nome a un tipo di eruzione che si incontra in tantissimi vulcani del mondo: quella stromboliana. Il termine fu coniato dal famoso sismologo e vulcanologo Giuseppe Mercalli, noto soprattutto per aver definito la cosiddetta “scala Mercalli” per la valutazione dell’intensità di un terremoto.
Stromboliana è un’attività vulcanica debole ma incessante, caratterizzata dalla continua emissione di lapilli e bombe di lava a decine o anche centinaia di metri nell’aria. Il vulcano di Stromboli si distingue comunque anche per attività ben più intense, i parossismi, capaci di formare colonne eruttive alte fino a 8-9 chilometri: gli ultimi esempi sono quelli dell’estate 2019.
La vita sull’isola
L’insediamento più antico ritrovato a Stromboli è il villaggio di San Vincenzo, nella parte nord-orientale dell’isola, nei dintorni dell’omonima trazione. Si tratta di un insediamento strategico, risalente all’età del bronzo (tra il 2300 e il 1500 a.C.), da cui era possibile monitorare il Tirreno meridionale, fino allo stretto di Messina. Gli scavi hanno tuttavia suggerito che l’occupazione del territorio sia iniziata ben prima, nel tardo neolitico (circa 3500 a.C.).
Oggi l’isola è abitata nelle sue estremità nord-est e sud-ovest, ovvero nelle aree meno interessate dall’attività del vulcano e più adatte agli insediamenti umani: i paesi di Stromboli e Ginostra.
Stromboli è l’abitato più esteso: occupa buona parte della costa nord-est e un pezzo di quella sud-est. Si divide nelle frazioni di Scari, San Vincenzo, Ficogrande e Piscità. L’altra area antropizzata, Ginostra, è più ristretta e si estende senza grande densità sulla costa su-ovest: rispetto a Stromboli e alle sue frazioni, è più esposta alla furia del vulcano, che non manca di coprirla di cenere durante le eruzioni più violente.
I rischi di Stromboli
Vivere a Stromboli non è semplice, sia per l’isolamento che per le condizioni ambientali. A volte anche il soggiorno può risultare complicato: lo hanno imparato sulla loro pelle i turisti che negli scorsi giorni hanno visto l’isola venire inondata dal fango trascinato a valle dalle bombe d’acqua che hanno buona parte d’Italia. La terra, arsa da questa calda estate e dall’incendio che a maggio aveva mandato in fumo cinque ettari di macchia mediterranea, è stata lavata via dalla furia dell’acqua, sommergendo l’abitato di Stromboli.
Tuttavia, i rischi più comuni a Stromboli sono legati al vulcano: lo sanno bene i due turisti che, il 3 luglio 2019, sono stati travolti dal parossismo nel mezzo di una escursione nell’area della Sciara del fuoco. Solo uno dei due, un brasiliano, è sopravvissuto all’evento, fornendo poi il video del momento in cui è avvenuta l’esplosione.