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L’Arcipelago del Sulcis: un pieno di isole, culture e bellezze naturali

Il Sulcis è un territorio tutto da scoprire, tra miniere, monti selvosi e un bellissimo mare. Ma le sue perle sono costituite dalle isole dell’Arcipelago del Sulcis.

L’arcipelago del Sulcis visto dal satellite Sentinel-2 (da Sentinel Hub EO Browser)

Tre dei quattro punti estremi del territorio della Sardegna sono casa di isole e arcipelaghi incredibili: l’Asinara a nord-ovest, l’arcipelago della Maddalena a nord-est, e infine l’Arcipelago del Sulcis a sud-ovest.

Quest’ultimo è formato da varie isole: le più importanti sono Sant’Antioco e San Pietro (spesso indicata come Carloforte, suo capoluogo), seguite dall’Isola Piana. A queste si aggiungono svariati isolotti: l’isola dei Ratti, gli isolotti di fronte alla costa nord di San Pietro, l’isola del Corno, l’isola Genio e poi le isole del Vitello, della Vacca e del Toro. Conosciamole meglio.

Come visitare l’Arcipelago del Sulcis?

Il modo più consono per visitare l’Arcipelago del Sulcis (o meglio le sue due isole maggiori) è quello di seguire la SS126 se si arriva da Sassari (questa strada provinciale parte da Marrubiu e conduce all’abitato di Sant’Antioco) o la SS195 se si parte da Cagliari e dintorni. Altra opzione, se si arriva da nord, è continuare per la SS131 fino a Sanulri, quindi svoltare per la 293, poi la 130 e quindi passare oltre Iglesias inserendosi nelle 126. Tutte queste strade alla fine conducono all’abitato di Sant’Antioco, che è collegato alla terraferma da una sottile striscia di terra su cui scorre la 126, passando affianco a un esteso sistema di stagni e saline.

Da Sant’Antioco sarà poi possibile prendere un traghetto per Carloforte (raggiungibile anche dal porto di Porto Vesme) o noleggiare imbarcazioni per avvicinarsi agli isolotti minori dell’arcipelago.

Le regole dell’Arcipelago del Sulcis

Può sembrare strano, ma in realtà l’Arcipelago del Sulcis non è un’Area Marina Protetta. Non vi sono quindi restrizioni alla circolazione marina o alle attività che si possano svolgere, se non quelle relative al Codice della Nautica e alla pesca.

Dal 2012 l’associazione Italia Nostra sta spingendo affinché nell’Arcipelago venga istituita una AMP. Italia Nostra mette in risalto come la pesca incontrollata, l’edificazione senza limiti e la mancanza di regole che proteggano la fauna e la flora locali stiano mettendo a rischio la biodiversità di questa area di Sardegna. Al 2020 il processo di istituzione dell’AMP stava affrontando la fase istruttoria, ma ancora non pare si siano raggiunti risultati, e non è nota l’eventuale zonizzazione che verrebbe applicata.

Le isole dell’Arcipelago

Come detto, sono svariate le isole e gli isolotti che compongono questo arcipelago. Ad eccezione delle due isole maggiori, tutte le altre isole e isolotti sono per lo più rocciose e inospitali, se non per l’avifauna. Scopriamole in breve.

Sant’Antioco

arcipelago del sulcis sant'antioco

A Sant’Antioco, presso l’odierno centro abitato, un tempo sorgeva la città fenicia di Sulki, da cui Sulcis. Oggi vi è un ridente centro turistico sul mare, che comunque conserva la sua storia molto stratificata. L’altro centro abitato dell’isola è Calasetta, all’estremo nord, uno dei luoghi in cui ancora oggi il dialetto locale è il tabarchino, una variante del dialetto ligure. A parte le aree limitrofe ai due grandi centri abitati, densamente coltivate, l’entroterra isolano si presenta intatto.

Intorno all’isola sorgono piccoli agglomerati di case, e sono numerose le spiagge e le calette di grande bellezza presso cui sostare e godersi il mare.

 San Pietro

arcipelago del sulcis carloforte

Quest’isola è quella più fortemente legata all’epopea dei “tabarchini”, i pescatori di Pegli (un noto quartiere di Genova, sul lato ponente) che si erano stabiliti sull’isola di Tabarka, in Tunisia, nel 1500. A inizio 1700 questi pescatori genovesi dovettero fuggire per vari motivi, e ottennero dall’allora Re di Sardegna il permesso di ripopolare San Pietro e la parte nord di Sant’Antioco.

Presso San Pietro e a Calasetta i pegliesi hanno diffuso la loro cultura, portando i loro usi e costumi e una grande maestria nel lavoro di pescatori e tonnarotti.

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