CDH ONU. IOPDHR-GINEVRA presenta rapporto sull’illegalità e le violazioni dei diritti nei campi di Tindouf in Algeria
Nel quadro della 52a sessione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (CDH), la ONG l’Osservatorio Internazionale per la Pace, la Democrazia e Diritti dell’Uomo (OPDHR-GINEVRA), ha presentato, a Ginevra il venerdì 10 marzo, suo rapporto sull’attuale situazione dei diritti umani nei campi di Tindouf in Algeria.
“Di fronte all’assenza di un quadro legislativo in materia di asilo conforme alle regole internazionali, la situazione delle popolazioni nei campi di Tindouf non è cambiata, e di questa situazione l’Alto Commissariato per i Rifugiati (HCR) ha la piena responsabilità nell’assenza del paese ospitante” che rifiuta di rispettare gli obblighi internazionali, sottolinea il rapporto.
Durante la presentazione del rapporto, Aicha Duihi, Presidente dell’IOPDHR, ha fatto sapere che il processo di monitoraggio si è svolto su tre assi principali: diritti civili e politici, diritti economici, sociali e culturali, nonché diritti riguardanti le donne e bambini.
“L’Algeria è la responsabile di tutti gli atti e le azioni illegali commessi sul suo territorio dalle milizie “polisario”, compresa la rinuncia all’accordo internazionale di cessate il fuoco del 1991 e la sua dichiarazione di fare ricorso all’ostilità armata”, contro il Marocco, ha detto, aggiungendo che “il trasferimento algerino dei suoi poteri politici, militari, giudiziari e amministrativi, compresa la protezione dei diritti umani alla milizia separatista straniera suscita molte preoccupazioni all’interno della comunità internazionale”.
Dalla sua parte, la presidente del Centro Internazionale della Diplomazia, Karima Ghanem ha sottolineato che “da quasi cinquant’anni i campi di Tindouf vivono in un’anarchia legale senza precedenti nella Storia dei campi profughi nel mondo, dove migliaia di saharawi vivono in condizioni disumane in tende o case di fango e dipendono principalmente dagli aiuti umanitari internazionali, mentre il gruppo “polisario” gestisce i campi al posto del paese ospitante (Algeria) contrariamente alle regole del diritto internazionale e lontano dagli occhi della comunità internazionale”.
“Poiché le operazioni di monitoraggio internazionale sono nella migliore delle ipotesi sporadiche o parziali, non possono rivelare completamente questa natura sistematica delle gravi violazioni dei diritti umani commesse contro la popolazione dei campi (…), finora, i campi non hanno visto un’operazione di censimento della popolazione nonostante le richieste internazionali (raccomandazioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU ndr), e lo Stato algerino non riconosce effettivamente la popolazione come rifugiati”, ha osservato Ghanem, denunciando il fatto che “HCR non è in grado di comunicare direttamente con le persone sequestrate nei campi militari, in flagrante violazione della Convenzione sui rifugiati del 1951”. La presidente del centro internazionale della diplomazia ha sottolineato, inoltre, “la responsabilità giuridica, politica e morale dell’Algeria circa la situazione dei diritti umani”.
Da parte sua, il presidente dell’associazione Convergenze di Dialogo delle Culture, Zouhair El Youbi, ha evidenziato “il peggioramento della situazione umanitaria e dei diritti umani nei campi di Tindouf, rivelato in diverse testimonianze scioccanti che non arrivano la comunità internazionale, a causa dell’omertà imposta alla popolazione”.
“La violazione di ”polisario” dell’accordo di cessate il fuoco e il tentativo di ritorno alle armi aprono la strada ad un’escalation del reclutamento di bambini e a una maggiore pressione sui diritti e le libertà fondamentali”, ha ammonito El Youbi, evocando la drammatica assenza di medicinali che vengono venduti al mercato nero come gli aiuti alimentari internazionali che si ritrovano sui mercati algerini”. “In assenza di un censimento della popolazione è facile manipolare cifre e indicatori”, ha proseguito, sottolineando che “il regime algerino perpetua la logica dei privilegi invece che dei diritti, che ha portato alla creazione di una dirigenza del gruppo Polisario e suoi subordinati ben finanziati, ma separati dalla popolazione generale che continua a subire atrocità quotidiane”.
La presentazione del rapporto, seguita dalla stampa e media internazionale, è stata scandita dalle testimonianze di attivisti per i diritti umani, che hanno vissuto la situazione dei diritti umani nei campi. Così Hamada El Behi, attivista per i diritti umani che ha vissuto 40 anni di sofferenze nei campi di Tindouf prima di tornare in Marocco, ha sottolineato “la necessità di spingere la comunità internazionale ad adottare soluzioni concrete e reali per porre fine al dramma della popolazione, divenuto un business per l’Algeria, interrogandosi sul fatto che questo paese costringa i donatori ad acquistare gli aiuti destinati ai campi sui propri mercati “.
Da parte sua, l’attivista Ali Salem Al Souaih ha sollevato la questione della sparizione forzata e le fosse comuni nei campi di Tindouf e delle gravi violazioni dei diritti umani che si sono perpetrate nei campi, chiedendo “una coalizione che si rivolga alla comunità internazionale per scoprire le fosse comuni delle vittime assassinate dal polisario”, tra cui suo padre, ucciso dalle milizie sul territorio algerino.