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L’aumento dell’uso di aria condizionata non porterà beneficio a tutti

Con il continuo aumento delle temperature la percentuale di famiglie con aria condizionata residenziale (AC) potrebbe crescere dal 27% a circa il 41% a seconda degli scenari climatici e socioeconomici. Questa situazione potrebbe raddoppiare i consumi di elettricità e portare a un incremento di anidride carbonica equivalente emessa da 590 a 1.365 milioni di tonnellate. Tuttavia, ciò non significa che l’accesso all’AC sarà uguale per tutti. Un nuovo studio condotto da ricercatori del CMCC analizza la futura adozione globale dell’AC e l’uso dell’energia entro il 2050, nonché le disuguaglianze che ne deriveranno.

La questione del raffreddamento in un mondo in continuo riscaldamento è da tempo una fonte di preoccupazione per i decisori politici a livello globale. Durante la 28ª Conferenza delle Parti (COP28) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), sessantaquattro paesi hanno firmato il Global Cooling Pledge con l’ambizione di ridurre del 68% le emissioni legate al raffreddamento entro il 2050, aumentare l’accesso al raffreddamento sostenibile entro il 2030 e aumentare l’efficienza media globale dei nuovi condizionatori d’aria del 50%.

Infatti, con l’aumento dell’adozione dell’AC come strategia di adattamento, è aumentato anche l’interesse nell’impatto che avrà sul consumo di energia, le emissioni e le disuguaglianze. Un quadro completo delle potenziali disuguaglianze nell’espansione futura dell’uso dell’AC, e quindi anche degli impatti che avrà sulla povertà energetica derivanti dall’aumento dell’uso di elettricità per il raffreddamento, è un’area che richiede ulteriori approfondimenti. 

“Valutare le proiezioni sull’adozione e l’utilizzo del raffreddamento e le loro disuguaglianze ha importanti implicazioni politiche per la pianificazione energetica globale, regionale e nazionale, nonché per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni,” afferma Giacomo Falchetta, ricercatore del CMCC e primo autore di un nuovo studio intitolato Inequalities in global residential cooling energy use to 2050.

Lo studio stima che la percentuale di famiglie che possiedono AC potrebbe crescere dal 27% a una quota compresa tra il 33% e il 48% entro il 2050, il che implica un aumento del consumo di elettricità globale per l’AC residenziale e quindi anche delle emissioni. Inoltre, lo studio rivela le tendenze attuali e future nel campo del raffreddamento, fornendo informazioni importanti per lo sviluppo di soluzioni eque attraverso misure come i sussidi pubblici, le donazioni internazionali, la pianificazione urbana ed edilizia, e il raffreddamento passivo.

Lo studio indica che, sebbene ci sarà una forte crescita nell’adozione e nell’utilizzo globale dell’AC per far fronte al calore, su scala locale e in assenza di politiche dedicate, la crescita futura della proprietà e dell’uso dell’AC sarà distribuita in modo altamente disuguale tra le regioni e i gruppi di reddito. 


“Ci sono sempre più prove che indicano che l’accesso al raffreddamento è una questione sistemica e multidimensionale che si collega ai dibattiti sulla giustizia dell’adattamento ai cambiamenti climatici, e quindi è al centro delle conferenze climatiche globali”, afferma Enrica De Cian, coautrice dello studio, professoressa all’Università Ca’ Foscari Venezia e ricercatrice del CMCC.

Lo studio si basa su un database di microdati a livello di nucleo familiare che copre più di 500 unità amministrative subnazionali in 25 paesi, e rappresenta il 62% della popolazione mondiale e il 73% del consumo globale di elettricità. La combinazione di copertura globale e alta granularità dello studio offre quindi una visione delle disuguaglianze – sia attuale che futura – nella distribuzione dell’AC e del suo utilizzo. Allo stesso tempo, aiuta anche a identificare aree critiche di vulnerabilità in diverse regioni e comunità bisognose di interventi per aumentarne la capacità adattiva.

“La granularità delle nostre proiezioni è un contributo importante per l’implementazione delle politiche,” spiega Falchetta. “Ad esempio, mostriamo che in regioni altamente esposte, come l’Asia meridionale e l’Africa subsahariana, entro il 2050 l’AC sarà ampiamente disponibile solo per le persone appartenenti a gruppi a reddito più elevato, mentre la stragrande maggioranza delle famiglie più povere ne resterà priva.”

I dati emersi dallo studio sono pubblicamente disponibili e possono essere utilizzati per valutazioni più accurate della vulnerabilità al calore, oltre che per supportare i decisori che operano all’intersezione tra salute pubblica, pianificazione infrastrutturale e politiche energetiche e climatiche.

“La nostra analisi dimostra l’importanza di prendere in considerazione informazioni più granulari se si vogliono affrontare i temi della povertà energetica e delle disuguaglianze legate al raffreddamento,” afferma Falchetta.

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