Possibilità di “prepensionamento” per chi ha disabili gravi in famiglia?
E’ corretto e degno di una società civile equiparare il lavoro di cura nei confronti dei disabili gravi e gravissimi ai lavori usuranti, ovvero consentire il prepensionamento per i lavoratori o lavoratrici con a carico familiari gravemente disabili.
E’ l’idea innovativa oggetto di una potenziale proposta di legge da presentare alla Camera, partorita dall’ avv. Eugenio Gargiulo, noto legale foggiano, che da diversi anni si occupa del problema dei disabili, soprattutto quelli gravi e gravissimi, partendo dal presupposto della necessità di garantire a tutti eguali diritti e pari opportunità.
L’idea di una proposta di legge in tale direzione, spiega l’avvocato Gargiulo, ”ha come obiettivo quello di migliorare la qualità della vita sia delle persone con disabilità gravi e gravissime che quella dei loro familiari che vivono quotidianamente il dramma della cura, spesso con scarsi supporti”.
”Si tratta -evidenzia ancora Eugenio Gargiulo- di una condizione vissuta in solitudine e con grande senso di impotenza: molto spesso le famiglie si ritrovano senza amicizie o possibilità di vita sociale ‘normale’, sia per la continuità, diurna e notturna del lavoro di cura, sia per la grande difficoltà, quando non nell’impossibilità, di portare con se il familiare disabile, sia per l’innegabile ‘distacco’ operato da persone che, spesso non volendo, si trovano in realtà in una posizione discriminante verso il ‘diverso’ rappresentato dal disabile. A questa condizione, che sembra senza possibilità di appello, si aggiunge il peso della necessità di dover lavorare per il sostentamento della famiglia. Vi è quindi –sottolinea Gargiulo- una sovrapposizione tra attività, che di fatto rende stressante la quotidianità”.
La proposta dell’avv. Eugenio Gargiulo di una disciplina normativa in materia di prepensionamento di lavoratori e lavoratrici con a carico familiari gravemente disabili, darebbe voce a tutti quei genitori di disabili che hanno rappresentato le difficoltà e le esigenze di tante famiglie.
La eventuale proposta di legge da presentare, commenta l’avv. E. Gargiulo ”intende equiparare il lavoro di cura nei confronti di familiari disabili gravi o gravissimi al lavoro usurante, che e’ disciplinate dal decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374. In particolare la proposta di legge consisterebbe in un unico articolo, che aggiunge alla Tabella A, allegata al decreto legislativo n. 374/93 il seguente capoverso: ‘lavoro di cura ed assistenza a familiari invalidi al 100 per cento”’.
In particolare la proposta dovrebbe prevedere che ”il lavoro di cura ed assistenza a familiari invalidi, con totale e permanente inabilità lavorativa, ai quali e’ riconosciuta una percentuale di invalidita’ pari al 100 per cento, con necessità di assistenza continua, in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita e che sono gestiti totalmente nell’ambito della famiglia, svolto da lavoratori e lavoratrici, e’ equiparato alle attivita’ usuranti”.
Nelle intenzioni dell’avvocato foggiano , questa equiparazione dovrebbe valere per lavoratori e lavoratrici che seguono figli, coniugi o fratelli , ma non in caso di anziani disabili. Questo -aggiunge- per evitare che ci possano essere abusi o di mandare in pensione anticipata persone che svolgono si un lavoro di cura, ma per un tempo limitato (soprattutto per la sopraggiunta morte della persona anziana), mentre il caso del lavoro di cura per disabili gravi e gravissimi, soprattutto se figli, si presuppone protratta per un lungo periodo, a volte anche decenni.
L’equiparazione, in estrema sintesi, comporta la possibilità di anticipare il pensionamento fino ad un massimo di 60 mesi (5 anni). La proposta prevede quindi la possibilità, ma non l’obbligo, per i lavoratori e le lavoratrici, che si prendono cura della persona disabile all’interno della famiglia, di poter accedere al prepensionamento, purchè l’assistenza sia rivolta ad un inabile al 100% di gravità, ossia ad una persona che abbia necessità di assistenza continua, in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
Una battaglia di civiltà e di solidarieta’, quella avviata dall’avv. Eugenio Gargiulo, che comporta inoltre dei notevoli benefici sociali!
”Innanzi tutto – conclude l’avv. E. Gargiulo – il soggetto disabile può così avere una maggiore e migliore opportunità di essere curato e assistito nell’ambito familiare, invece di essere affidato ad appositi centri i cui costi ricadono sulla pubblica amministrazione, nelle sue varie diramazioni. Inoltre -conclude- si avvia un consistente risparmio derivante dall’eliminazione dei costi dovuti per supplenze e per sostituzioni a causa delle inevitabili assenze dal posto di lavoro (oltre ai periodi di congedo previsti dalla normativa vigente)”
Ma quante sono le persone che potrebbero, almeno teoricamente essere coinvolte dal provvedimento? Come risulta dall’indagine ”L’integrazione sociale delle persone con disabilita”’, pubblicata dall’Istat nel luglio 2004, le persone con disabilità non anziane (al di sotto dei 65 anni) attualmente residenti in Italia sono 1 milione e 641 mila, e di queste, ben il 41,4% raggiunge il livello massimo. Il 91,5% delle persone con disabilità vive in famiglie, il 6,2% vive da solo. Dunque le persone con disabilità tendono a rimanere nella famiglia di origine piu’ spesso di quanto accada nel complesso della popolazione.
Tra i disabili mentali la percentuale di chi rimane in famiglia come figlio e’ molto piu’ alta (50,6% a fronte del 22,1% del totale delle persone con disabilità) e la quota sale al 61,1% tra coloro che hanno un’età compresa tra i 35 e i 49 anni.
La famiglia costituisce. Pertanto, il perno dell’assistenza e della cura della malattia e nella tutela della salute della persona disabile ed e’ intorno alla famiglia che ruota tutta una serie di problemi.
Infatti laddove e’ presente una persona affetta da disabilità grave o gravissima, oltre alla normale attivita’ lavorativa fonte di sostentamento, per i lavoratori e le lavoratrici si aggiunge anche il carico dell’accudimento quotidiano delle persone disabili, che provoca un logoramento e uno stress fisico e psicologico di notevole portata, che equipara tale attivita’ alla stregua dei lavori usuranti. A questo aspetto, si aggiunge, molto spesso, anche la difficoltà economica derivante dall’esigenza di dover provvedere con propri mezzi alla copertura della spesa per l’aiuto di persone esterne al nucleo familiare, laddove i servizi socio-assistenziali non riescono a coprire in toto le pressanti esigenze del disabile.
Foggia, 15 maggio 2014 Avv. Eugenio Gargiulo