Gli italiani hanno ormai le tasche vuote! Il reddito reale è diminuito dell’1,1% e i consumi si sono contratti del 2,6%
Mentre si moltiplicano e crescono i mercati degli indumenti usati
Questa la fotografia scattata dalla Banca d’Italia nell’ultima relazione annuale. Una ulteriore conferma della gravissima situazione in cui si trova l’Italia che evidenzia come tutte le misure sino ad oggi attuate sono state inefficaci ed inadeguate. Infatti è sceso ancora, in termini reali, il reddito disponibile delle famiglie italiane nel 2013, ma i consumi sono diminuiti ancora di più, perché si cerca di risparmiare qualcosa per rimettere insieme il gruzzoletto eroso negli anni peggiori della crisi. In dettaglio, il reddito reale è diminuito dell’1,1% (sempre meglio del -4,6% del 2012) e i consumi si sono contratti del 2,6%. La propensione al risparmio è invece salita di 1,4 punti. Il reddito lordo disponibile ha registrato un lievissimo incremento (+0,3%), ma è quello in termini reali risulta ancora in contrazione. A scendere sono in particolare i redditi da lavoro, sia quello dipendente (-0,5%), ma soprattutto quello degli autonomi (-1,3%). Ma in flessione sono anche i redditi netti da proprietà, come per esempio gli affitti percepiti dai proprietari di immobili o le rendite finanziarie, che subiscono una diminuzione dell’1,8% soprattutto a causa, spiega Bankitalia, di “minori interessi, dividendi e altri utili distribuiti”. Il reddito disponibile è stato invece sostenuto dall’azione delle Amministrazioni pubbliche, che aveva largamente concorso alla sua contrazione nel 2012: sono scese le imposte correnti sul reddito e sul patrimonio e al tempo stesso hanno accelerato i trasferimenti e le prestazioni sociali (al 3,1 dal 2,2%). Tornando invece ai consumi, la contrazione è stata del 2,6%, quindi sensibilmente superiore a quella dei redditi. Un fenomeno del genere, fa notare il rapporto della Banca d’Italia, “non si era registrato nemmeno in occasione di recessioni particolarmente pronunciate, come quelle dei primi anni Novanta e del 2008-2009”. Le famiglie, quindi, hanno decisamente ridotto i propri acquisti (rinunciando soprattutto a prodotti considerati non essenziali, come abbigliamento, scarpe, mobili, elettrodomestici), ma l’hanno fatto anche per rimettere qualcosa da parte. La propensione al risparmio è infatti aumentata di 1,4 punti arrivando al 9,5% e tornando così ai livelli precedenti la crisi del debito sovrano. “All’aumento avrebbe contribuito oltre all’adeguamento dei consumi alle ridotte prospettive reddituali, anche il tentativo di ricostituire il livello di ricchezza desiderato, compensando l’erosione subita nel corso della crisi”.Saranno solo dati empirici, sarà solo l’osservazione della realtà, ma passeggiando per i mercati settimanali si può assistere ad uno spettacolo incredibile: crescono e si moltiplicano le bancarelle degli indumenti usati e migliaia di cittadini si recano a frugare a cercare l’occasione. Si trova di tutto, proprio di tutto, ma ciò che colpisce che oltre ai classici capi d’abbigliamento quali pantaloni, t-shirt, camice, gonne ed accessori, come borse e borselli, si trova qua e là anche sola biancheria intima. Il tutto a 1, 2 massimo 5 euro. E pensare, che dove c’era un mese prima una bancarella con abiti nuovi oggi se ne trova una che espone merce usata. Sono per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, i segni tangibili della crisi che avanza e che travolge anche cittadini e famiglie che solo un paio d’anni fa non avrebbero mai pensato di essere costretti a rivolgersi a questo tipo d’acquisti. È giunta finalmente l’ora che il Paese cambi marcia.
Lecce, 1 giugno 2014
Giovanni D’AGATA