Presentato oggi il Rapporto Mondiale Alzheimer 2014
Presidente Salvini Porro: “Il Rapporto pone come priorità globale l’inserimento dell’Alzheimer e delle altre demenze nei Piani nazionali di salute pubblica.
In Italia stiamo mettendo finalmente le prime basi”
Milano, 17 settembre 2014 – La Federazione Alzheimer Italia (rappresentate per l’Italia di ADI – Alzheimer’s Disease International) presenta oggi per la prima volta in Italia il nuovo Rapporto Mondiale Alzheimer 2014, intitolato “Demenza e riduzione del rischio: analisi dei fattori di protezione modificabili”.
“Il Rapporto Mondiale Alzheimer 2014 presenta una importante analisi critica dei potenziali fattori di rischio di demenza relativamente a quattro ambiti principali: evolutivo, psicologico e psicosociale, legato allo stile di vita e cardiovascolare”, commenta Gabriella Salvini Porro, presidente Federazione Alzheimer Italia. “Inoltre, e prima di tutto, il Rapporto chiede che la demenza sia inserita nei Piani nazionali di salute pubblica al pari di altre importanti malattie non trasmissibili. In Italia il 27 giugno di quest’anno il Piano Demenze è stato presentato al Ministro della Salute Lorenzin. E il 14 novembre si terrà presso il Ministero la Conferenza Internazionale sulla Demenza cui partecipa anche la Federazione Alzheimer Italia. Auspico che il Piano entri in vigore al più presto per aiutare i malati e i loro familiari e rappresenti il primo passo per la creazione di una rete di servizi indispensabile”.
Il Rapporto viene diffuso in occasione della XXI Giornata Mondiale Alzheimer, che si celebra il prossimo 21 settembre, durante il Mese Mondiale Alzheimer, campagna internazionale di sensibilizzazione per contrastare l’emarginazione sociale legata alla malattia.
ADI (Alzheimer’s Disease International, federazione internazionale di 84 associazioni che si occupano di Alzheimer in tutto il mondo) ha commissionato la redazione del Rapporto a un gruppo di ricercatori guidati dal prof. Martin Prince del King’s College di Londra.
I fattori di rischio.
Dal Rapporto emerge come il controllo di diabete e ipertensione e le misure per astenersi dal fumo e contenere il rischio cardiovascolare possano ridurre le probabilità di comparsa della demenza anche in una fase avanzata della vita. Indica inoltre che il diabete può aumentare il rischio di demenza del 50%. Obesità e scarsa attività fisica sono importanti fattori di rischio di diabete e ipertensione e, come tali, dovrebbero essere oggetto di attenzione.
Il rischio cardiovascolare è in fase di miglioramento in molti Paesi ad alto reddito, ma in vari Paesi a reddito medio-basso si osserva una crescita dei fattori di rischio cardiovascolare, con un’incidenza crescente di diabete, cardiopatie e ictus.
L’astinenza dal fumo risulta strettamente legato a una riduzione del rischio di demenza: gli studi sull’incidenza della demenza tra soggetti dai 65 anni in su dimostrano che gli ex-fumatori presentano un rischio simile a chi non ha mai fumato, mentre per coloro che continuano a fumare il rischio risulta essere molto più elevato.
Lo studio indica inoltre che i soggetti che hanno avuto migliori opportunità d’istruzione presentano un rischio di demenza più basso in età avanzata. Secondo lo studio l’istruzione sembrerebbe non avere alcun effetto sulle alterazioni cerebrali che portano alla demenza, ma che ne riducesse l’impatto sulle funzioni intellettive.
L’evidenza suggerisce inoltre che chi arriva in età avanzata con un cervello meglio sviluppato e più sano abbia maggiori probabilità di vivere una vita più lunga, più felice e più autonoma e un rischio minore di demenza. È importante favorire la salute del cervello per tutta la vita, ma soprattutto nella parte centrale, in quanto le alterazioni cerebrali possono avere inizio anche alcuni decenni prima della comparsa dei sintomi.
L’importanza dei Piani nazionali.
Lo studio sollecita inoltre ad includere maggiormente le persone anziane nei programmi per le malattie non trasmissibili, diffondendo il messaggio che non è mai troppo tardi per cambiare, in quanto il corso futuro dell’epidemia globale di demenza dipende soprattutto dal successo o dal fallimento dei tentativi di migliorare la salute pubblica globale in tutta la popolazione. Uno sforzo comune per affrontare il crescente onere delle malattie non trasmissibili è strategicamente importante, efficiente ed economicamente vantaggioso. L’adozione di uno stile di vita più sano rappresenta un passo positivo verso la prevenzione di varie patologie a lungo termine, quali cancro, cardiopatie, ictus e diabete.
L’indagine sulla conoscenza della popolazione in tema di riduzione del rischio di demenza.
I dati di un’indagine diffusa da Bupa* hanno tuttavia dimostrato che molte persone non hanno ben chiaro quali siano le cause e le azioni da intraprendere per tentare di ridurre il proprio rischio di demenza.
Poco più di un sesto (17%) degli intervistati sanno che i rapporti sociali con amici e parenti può influire sul rischio. Solo un quarto (25%) ha riconosciuto il sovrappeso come possibile fattore di rischio e solo uno su cinque (23%) ha affermato che l’attività fisica può influire sul rischio di demenza e di perdita di memoria. Dall’indagine è inoltre emerso che più di due terzi (68%) degli intervistati nel mondo temono di contrarre la demenza in età avanzata.
*Se non altrimenti specificato, i dati derivano da YouGov Plc. Il campione comprendeva un totale di 8.513 soggetti provenienti da Regno Unito (2.401), Australia (1.000), Cile (1.000), Cina (1.031), Polonia (1.002) e Spagna (1.077). L’attività pratica si è svolta online tra il 17 e il 25 luglio 2014. I dati sono stati ponderati e sono rappresentativi di tutti gli adulti (dai 18 anni in su) in ciascun paese. A ogni Paese è stata applicata una ponderazione uniforme per calcolare una ‘media globale’.
I commenti.
Martin Prince: “Numerosi studi indicano che l’incidenza della demenza è in calo nei Paesi ad alto reddito, grazie al miglioramento dell’istruzione e della salute cardiovascolare. Dobbiamo dunque fare tutto quanto in nostro potere per accentuare questa tendenza. Con un costo globale di oltre 600 miliardi di dollari, la posta in gioco non potrebbe essere più alta”.
Marc Wortmann, direttore esecutivo di ADI: “Dal punto di vista della salute pubblica, è importante ricordare che gran parte dei fattori di rischio di demenza si sovrappongono a quelli di altre gravi malattie non trasmissibili. Nei Paesi ad alto reddito si insiste sempre più sull’importanza di uno stile di vita sano, ma questo non sempre succede nei Paesi a reddito medio-basso. Secondo le stime, nel 2050 il 71% dei soggetti con demenza vivranno in queste zone. Ecco perché la realizzazione di campagne di salute pubblica efficaci può contribuire a ridurre il rischio globale”.
Graham Stokes, DG di Dementia Care, Bupa: “Età e caratteristiche genetiche rientrano tra i fattori di rischio, ma l’astinenza dal fumo, il consumo di cibi più sani, l’attività fisica e una buona istruzione, se associati all’abitudine di mantenere il cervello in esercizio, contribuiscono in misura significativa a contenere al minimo le possibilità di soffrire di demenza. Possono fare tutto questo anche le persone che soffrono già di demenza, o che presentano segnali della malattia, contribuendo a rallentarne la progressione”.
Il Rapporto completo sarà disponibile su: www.alz.co.uk e www.alzheimer.it
I risultati dell’indagine sono disponibili su: www.bupa.com/dementia