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A San Salvatore di Sinis una maratona particolare: la Corsa degli Scalzi

Il piccolo borgo di San Salvatore sorge lungo le strade che da Oristano portano alle splendide spiagge del Sinis sull’ampio specchio di mare tra Capo Frasca e Capo San Marco, agli stagni di Mistras  e agli scavi archeologici di Tharros. Il villaggio si è formato tutto intorno all’ipogeo di età nuragica, dove veniva praticato il culto delle acque e poi, con l’avvento in Sardegna della religione cristiana e con la colonizzazione romana dell’Isola, è andato via via estendendosi.

L’ ipogeo, la cui attuale architettura risale all’età imperiale romana, è composto di sei stanzette ed un corridoio che porta al pozzo, intorno al quale ci sono gli accessi a tre camere. Nella più grande di queste, molto interessante per la presenza di un betilo nuragico c’è un altro pozzo. Le pareti delle camere si adornano ancora di moltissimi disegni e graffiti di varie epoche e di svariati soggetti.

Il santuario, dopo il periodo nuragico, fu dedicato dai punici al culto di Sid, il loro dio guaritore; dai romani fu dedicato forse ad Asclepio, e infine, in epoca cristiana, a San Salvatore. Ed è proprio a Santo che si dedicano i riti e gli onori durante la prima settimana di settembre e che culminano nella prima domenica del mese con la corsa degli scalzi.

La leggenda racconta che le origini della manifestazione risalirebbero all’impresa di un gruppo di giovani, abitanti di San Salvatore, che nel 1506, dopo aver abbandonato il villaggio stanchi delle incursioni moresche che interessarono questo territorio per un lungo periodo di tempo, tornarono in dietro per sottrarre il simulacro del Santo al saccheggio degli invasori, trascinandosi delle frasche per simulare un grosso manipolo di armati e per metterla al sicuro ed in custodia nella chiesa  di Santa Maria Assunta a Cabras, luogo poco distante. I Mori, a causa del polverone sollevato nella corsa dai pochi abitanti, credettero di aver di fronte un esercito possente e numeroso, così si dettero precipitosamente alla fuga. Il simulacro del Santo tornò allora a casa, ma ogni anno in questa data, l’episodio è rievocato per ringraziare il San Salvatore di aver protetto il paese dall’invasione.

Questa immensa processione a piedi nudi prende il via dalla chiesa Maggiore di Cabras, paese a cui oggi appartiene il villaggio di San Salvatore, da dove un corteo di donne in costume preleva il simulacro in legno del Santo, Santu Srabadori per condurlo nella chiesa del villaggio laddove i riti religiosi si susseguono per nove giorni. In genere si tratta di fedeli che devono sciogliere un voto: non a caso il tragitto da percorrere (su camminu), duro, polveroso e irto di pietre, un vero martirio per chi corre a piedi nudi, ma la grande fede dei corridori fa sopportare stoicamente il dolore.

La corsa vera e propria ha inizio all’alba del primo sabato di settembre quando i corridori, migliaia di giovani, scalzi e con indosso il tradizionale saio bianco, stretto in vita da un cordone, prendono in consegna la statua del Santo che viene portata dalla Chiesa di Santa Maria Assunta, dove normalmente è conservata, nel santuario di San Salvatore. I partecipanti alla corsa sono centinaia e la Statua è poggiata su di una portantina. L’organizzazione della corsa viene affidata ai corridori più anziani che  hanno il compito di istruire i partecipanti sulle modalità di comportamento nel seguire lo stendardo e il cocchio con il Santo. Dopo una corsa strenua, questa particolare processione, arriva al villaggio dove sono presenti delle piccole abitazioni rurali, le domigheddas.

Il medesimo rituale si svolge la domenica seguente, giorno della festa solenne. Al tramonto il simulacro del Santo, assieme al suo gonfalone, è riportato indietro da is corridores, tra  canti sacri (is coggius) e scoppi di mortaretti. L’itinerario contrario si conclude all’ingresso del paese di Cabras, dove attende un’immensa folla che darà vita a una processione che si concluderà di fronte al sagrato della  chiesa  di Santa Maria Assunta. Il rito della corsa degli Scalzi, oltre a commemorare l’antico storico episodio, vuole contemporaneamente essere una preghiera della popolazione tutta  al fine di ottenere la fertilità della terra, un  buon raccolto e una buona pescosità  negli stagni .

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