Basta terrorismo contro il metodo Zamboni. Al bando il turismo sanitario: aumenta i rischi
Un nostro affezionato lettore ci segnala un notizia importante sul mondo della Sclerosi Multipla e la ricerca e noi, ovviamente rilanciamo immediatamente.
Nei giorni scorsi diverse testate giornalistiche hanno strumentalmente enfatizzato i risultati della recente pubblicazione dell’Università di Calgary “Complicanze in pazienti con Sclerosi Multipla, dopo trattamento della CCSVI all’estero”, analizzando 5 casi di complicanze da trattamento della CCSVI, le note stampe concludevano tutte più o meno nello stesso modo, “l’inizio di un’ondata di complicazioni per curare le quali non esistono ancora linee guida standardizzate”.Una profezia negativa senza nessuna prova.
Certo è vero, nessuno di noi vuole sminuire la realtà pesante di chi si sottopone a tecniche sperimentali, anche perchè chiunque si sottopoga ad interventi correttivi della CCSVI, sa bene a cosa può andare incontro ma è giusto sottolineare che è scorretto demonizzare i tentativi fatti dalla ricerca come è sbagliato creare un alone negativo intono allo studio portato avanti con tenacia e alacrità dal Prof. Zamboni, così come è reale ed evidente che lo staff di ricerca emiliano non può e non deve essere additato come responsabile della libera interpretazione di studio e pratica di altri medici che utilizzano lostent e altre metodiche, che fanno parte anche del protocollo sperimentale del Prof Zamboni . Spesso chi scrive le notizie non è medico nè tanto meno scienziato e, fare titoli di alta risonanza per i giornalisti è facile, attira letture, fa share, e così persino il Corriere Canadese, in un articolo del 25 agosto titolava “Troppe complicanze nella terapia Zamboni”ha sbagliato generalizzando le complicanze riscontrate in soli 5 casi. Probabilmente cioè è stato fatto per una sorta di incompetenza di chi scriveva ma è scorretto continuare a gettare del “fango” sul metodo Zamboni. Come ci segnala il nostro lettore, anche noi vogliamo sottolineare che la terapia proposta da Zamboni é l’angioplastica dilatativa (PTA) e, per ora ci sono solo 5 prove di letteratura scientifica che analizzano il profilo di safety (sicurezza e garanzia) della PTA su un campione di circa 1000 pazienti. Questi studi hanno documentato che la PTA provoca solo complicanze minori e in bassissima percentuale. La piú frequente è la aritmia cardiaca transitoria segnalata da piú autori in una misura dell’ 1 %. Importante è dire che sino ad ora non si è riscontrato nessun caso di morte e nessuna complicanza oltre quelle già note, infatti la letteratura medica ha sancito che la PTA proposta da Zamboni é sicura. Inoltre l’inserimento dello stent è stato da sempre sconsigliato dal prof Zamboni e, probabilmente è a questa tecnica che si devono imputare le complicanze, ma questa tecnica non fa parte del protocollo sperimentale di cui massimo esponente e studioso è il prof Zamboni.Inoltre il professore ha più volte sottolineato che il turismo sanitario non è un buon metodo di cura e, il medesimo scienziato si batte affinchè gli studi ed i protocolli si compiano e si approfondiscano nei Paesi di appartenenza.
A tal riguardo è intevenuto anche il Dr. Sandy McDonald che ha sottolineato come gli studi documentati dall’Università di Calgary possano più che approfondire la ricerca fare una sorta di terrorismo scientifico creando mero allarmismo. Infatti i ricercatori hanno esaminato le potenziali complicanze in cinque pazienti che sono stati trattati con angioplastica nell’Europa orientale, ma come spesso capita con il turismo sanitario i pazienti non erano stati correttamente informati nè sulle pratiche nè tanto meno sugli ipotetici risvolti negativi a cui potevano andare incontro, attualmente sottolinea il professor Sandy McDonald , non è dato sapere quale sia stato il vero trattamento medico a sui i 5 pazienti sono stati sottoposti e tanto meno quale sia stata la profilassi seguita nell’intervento. A riscontro della non pericolosità della CCSVI si fa poi presente che ben 12mila pazienti sono stati trattati con questo metodo e non esiste nessun dato che teorizzi o testimoni le complicanze che invece nei 5 pazienti (trattati erroneamente) si sono verificate.Inoltre è bene sapere che non esiste nessun intervento medico chirurgico scevro da rischi. Su i casi in oggetto, si legge in una nota, i ricercatori dell’Università di Calgary ipotizzano che uno stent sia migrato in un paziente, ma non vi è alcuna prova su dove lo stent fosse originariamente collocato e soprattutto come lo stent sia stato collocato in loco. Mentre a il professor Sandy McDonald in una sua nota sottolinea quanto sia importante che le persone con CCSVI che scelgono di essere trattate chirurgicamente si rivolgano a medici con una certa esperienza e sopratutto che chiedano di avere tutte le informazioni sui potenziali rischi e benefici della procedura. Attualmente sono ancora necessari i studi randomizzati, controllati in doppio cieco studi per valutare l’efficacia e i potenziali rischi di questo trattamento.