Rinforzare la muscolatura? Basta bloccare l’azione del gene responsabile dell’inibizione della loro crescita
Chi desidera migliorare le proprie prestazioni nel Body Building o comunque chi ama sfruttare al massimo le proprie qualità fisiche, presto avrà aiuto dalla ricerca scientifica.
In Svizzera è stato reso noto che è un gene ad inibire la crescita dei muscoli.
La scoperta è quella dei ricercatori dell’Università svizzera di Losanna e del Salk Institute della California; l’esperimento, condotto sui topi, è stato frutto di una manipolazione: i super-topi sono in grado di correre il doppio rispetto ai loro simili non trattati e senza il minimo di affaticamento. Un inibitore naturale è in grado, nei ratti da laboratorio, di far incrementare la forza dei muscoli in maniera esponenziale.
I ricercatori sono riusciti a bloccare il gene che inibisce la crescita dei muscoli, permettendo così ai topi di sviluppare una massa più densa e ricca di centraline elettriche che permettono ai topi corse senza soste, niente stanchezza, mancanza di dolore e resistenza al freddo. La ricerca potrebbe suggerire terapie per le degenerazioni muscolari associate all’eta’ oppure causate da disordini genetici, come ad esempio la Sclerosi Multipla.
Gli scienziati non hanno ancora individuato nessun effetto collaterale deleterio dovuto all’eliminazione del recettore NCoR1, responsabile della degenerazione, nei tessuti dei topi. L’esperimento è stato replicato anche su dei vermi nematodi, con gli stessi risultati. Questo particolare fa supporre che lo studio, si possa applicare a diverse creature viventi.
Inoltre, nei giorni scorsi, a Milano, i laboratori dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” hanno terminato uno studio di ricerca che dimostra come, agendo sul enzima JNK, sia possibile eliminare completamente i deficit cognitivi che presentava la cavia presa in esame .
“Abbiamo messo a punto e somministrato il primo trattamento cronico a base di un peptide inibitore di JNK a un topo affetto d’ Alzheimer, dichiara Tiziana Borsello, ricercatrice del “Mario Negri. “L’inibitore specifico utilizzato, il D-JNKI1, si è dimostrato in grado di prevenire l’azione dell’enzima JNK su entrambi i markers. Il trattamento cronico a base dell’inibitore è stato in grado di annullare completamente i deficit cognitivi e le alterazioni elettrofisiologiche caratteristiche della malattia senza effetti collaterali rilevanti”. Una scoperta destinata senz’altro a ridurre gli effetti della malattia di Alzheimer e contenerne i danni.