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L’eccidio di Cadibona, 11 maggio 1945, approfondimento

L'eccidio di Cadibona, 11 maggio 1945, approfondimento L’eccidio di Cadibona fu una esecuzione illegale di 38 prigionieri politici fascisti durante il viaggio di trasferimento dalle carceri di Alessandria a Savona iniziato il 10 maggio.
L’11 maggio 1945, trentotto prigionieri politici fascisti, cioè appartenenti alle disciolte formazioni della Repubblica Sociale Italiana, collaboratori dei nazi-fascisti, vennero uccisi in una località a breve distanza dall’abitato di Cadibona, lungo la strada statale che porta alla galleria di Altare.
Essi appartenevano ad un gruppo di 52 persone, fra le quali 13 donne, detenute nelle carceri di Alessandria e poste in traduzione per Savona per essere giudicate dalla Corte di Assise Straordinaria. Era il secondo viaggio che veniva effettuato, il primo trasporto di prigionieri comprendeva il generale Farina, comandante della Divisione S.Marco, non aveva creato problemi, ma il Comando Alleato, temendo un linciaggio da parte della folla inferocita, aveva sottratto il Farina dagli uomini della nuova polizia partigiana.
Scortavano il secondo trasporto cinque agenti di Pubblica Sicurezza ausiliari: tre sottufficiali e due guardie, tutti ex partigiani delle Brigate garibaldine.
Le indagini sui fatti di Cadibona traggono origine dall’attività del Padre Giacomo, Cappuccino, al secolo Traverso Eugenio, che – come dirà il 26 giugno 1953, al Pretore di Varazze – parecchi mesi prima della primavera del 1949 iniziò la pratica per la riesumazione dei cadaveri di Cadibona, presso la competente Direzione Onoranze Caduti del Ministero Difesa di Roma, a seguito delle continue preghiere e sollecitazioni di molti famigliari dei caduti.
L’azione penale contro i presunti responsabili dell’uccisione dei detenuti politici era promossa dalla Questura di Savona soltanto nel 1950. A conclusione della lunga istruttoria il giudice rinviava i cinque partigiani e l’allora commissario dell’Ufficio politico della Questura di Savona, al giudizio della Corte d’Assise. Gli imputati, durante l’interrogatorio, negavano d’aver preso parte materialmente all’eccidio. Questi asserivano che sarebbe stato compiuto da partigiani a loro sconosciuti, i quali avrebbero ricevuto l’ordine per telefono, ordine partito dall’ufficio politico della questura di Savona. Ricordiamo che il questore nominato dal CLN era Armando Botta, comunista condannato dal Tribunale Speciale, fu sostituito il 1 giugno 1945 dal questore di nomina governativa Michele Di Guglielmo. La sostituzione, sollecitata dal Comando Alleato, aveva dato luogo a vivaci proteste da parte degli ex partigiani e dai militanti comunisti.
Iniziatosi il dibattimento davanti la Corte di Assise di Verona, trasferito nella città veneta per legittima suspicione, questo veniva sospeso per impedimento (grave malattia) di uno degli imputati, e rinviato a nuovo ruolo. Intanto sopravveniva il Decreto del Presidente della Repubblica in data 11 luglio 1959 n. 460 il quale coll’art. 1 lett. a) concede amnistia per i reati politici ai sensi dell’art. 8 C.P. commessi dal 25 luglio 1943 al 18 giugno 1946, e gli atti venivano trasmessi al Tribunale ai sensi dell’art. 153 II° cpv C.P. per l’eventuale provvedimento di estinzione. Con la sentenza del 14 ottobre 1959 tutti gli imputati vengono amnistiati.
BIBLIOGRAFIA
Roberto Nicolick, 39 biglietti di sola andata. Cronaca dell’eccidio di Cadibona, Savona, 2009.
Antonio Martino, L’eccidio di Cadibona. Indagini su un episodio di violenza postbellica dimenticato (1945-1959), Savona, 2009.
Emilio Scarone, 11 Maggio 1945 Colle di Cadibona. Il massacro di 38 “repubblichini”, Pinerolo, NovAntico Editrice, 2010.

Per ulteriori info si può consultare lo spazio di Antonio Martino 

Antonio Martino

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9 Commenti

  1. Hai ragione Giuseppe,dal 8 settembre 43 al 25 aprile 45 nell’Italia occupata vi fu una vera guerra civile, che da una parte si è sempre chiamata guerra di liberazione. Una guerra terribile, vi furono membri della stessa famiglia schierati su fronti opposti. Ma l’eccidio di Cadibona si colloca nella violenza seguita al 25 aprile, quel “redde rationem” che i vincitori hanno preteso dai vinti. Una violenza che si è protratta per tutto l’anno e anche nel 1946 in certe zone dell’Emilia. Nel mio libro ho messo una ampissima bibliografia che inizia da circa 20 anni fa. Ma a Savona il fenomeno è stato rimosso, come se i fascisti uccisi non ci fossero mai stati e questa la colpa che faccio a loro, e al fatto che se si parla, scrive di questo, automaticamente viene tacciato come revisionista, o come simpatizzante del fascismo. Mentre nella Emilia rossa 20 anni fa Massimo Storchi scriveva “Uscire dalla guerra” qui a Savona ancora oggi si ignorano i fatti. Trovo questa città irrimediabilmente ancorata ad un passato che non vuole passare.

    1. Giusto Antonio. Infatti, qui a Savona, si comincia ad aprire un buco nell’omertà su questo eccidio;questo grazie anche al sig. Roberto Nicolich, il quale nel suo libro”39 biglietti di sola andata”, ne descrive la storia grazie ad indagini approfondite.

    1. Salve Antonio, non ritocchiamo i testi inviati, non sapremo dove correggere….:'( spiacenti….se vuole pubblichiamo altro ma la lettura del testo sembra chiaro.
      In guerra, non ci sono nè vinti nè vincitori…..A quasi 70 anni…. forse….

    1. Salve, su FB cerchi Pinuccio Caviglia. Il prof di storia di mio figlio è il sig. Milazzo, che sicuramente conoscerà.

  2. Con Giuseppe Milazzo e Pino Cava ho scritto la biografia del sindaco Andrea Aglietto. Milazzo è molto preparato come ricercatore è scrupoloso, il suo libro su Beppin da Ca è un esempio. Sta lavorando da tempo ad un libro sull’avvento del fascismo a Savona.

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