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Pasqua 2013 con Papa Francesco L’arte e le Crocifissioni del ’900 ”Camminare con la croce di Gesù”

Francesco Guadagnuolo - Primo ritratto di Papa Francesco 19-03-2013
Francesco Guadagnuolo – Primo ritratto di Papa Francesco 19-03-2013

“Camminare con la croce di Gesù” queste parole espresse da Papa Francesco nella sua prima omelia si addicono bene al saggio che vi presentiamo dello Storico dell’Arte Renato Mammucari dove si parla della Croce di Gesù interpretata da diversi artisti del ’900. Il secolo precedente è stato afflitto da dolorosi avvenimenti pesante da ricordare, ma gli artisti hanno trovato in Cristo motivo di conforto.
La Chiesa si prepara ai riti della Settimana Santa dove viene rivissuta la Crocifissione di Cristo e la sua Resurrezione, due momenti centrali della vita della Chiesa.
Auguriamo a Papa Francesco attraverso il primo ritratto realizzato dal noto pittore Francesco Guadagnuolo, nell’Anno della Fede, che il Suo nuovo Pontificato consolidi la comprensione tra gli uomini e la speranza di ritrovarsi nei veri valori cristiani, favorire l’integrazione dei popoli di culture differenti per arrivare a moderni obiettivi sulla via dell’ecumenismo e incoraggiare tutti al piacere della Fede nell’alleanza con Gesù.


«Nell’arte del Novecento il “Volto di Cristo” è stato interpretato da numerosi artisti come più vicino alla condizione dell’uomo contemporaneo, perché il XX secolo è stato terribile, difficile da dimenticare, afflitto da guerre, genocidi, governi totalitari e persecuzioni razziali. Così l’arte del sacro è stata specchio del male, di tutte le atrocità e le persecuzioni messe in atto dall’uomo nei cento anni, appena trascorsi. Non c’è pittore, scrittore, musicista che non si sia interrogato sulla provenienza di questo male e sulla vita dell’uomo su questo pianeta, sulla sua natura, sulla sua origine e sullo scopo ultimo della sua esistenza. L’uomo, nei momenti di disperazione e di abbandono, sente la necessità di contare su un essere soprannaturale, un Dio cui rivolgersi per liberarsi dal male e per dare un valore all’esistenza su questa Terra.
Il Novecento ha costretto tutte le culture coinvolte ad una riflessione epocale sulla storia. Numerosi artisti hanno rappresentato, ognuno a modo proprio, il tema della Crocifissione: Severini, Matisse, Rouault, Picasso, Dix, Dalì, Sutherland, Schiele, Kokoscka, Carrà, De Chirico, Chagall, Cagli, Cassinari, Pirandello, Bacon, Fontana, Martini, Manzù, Greco, Minguzzi, Annigoni, Fazzini, Guttuso, Congdon, Hainal, Guadagnuolo, per fare alcuni nomi, hanno contribuito a rappresentare, con le loro opere di ispirazione sacra, il male attraverso la tensione dei corpi e l’escavazione interiore rivelando che esso sta, purtroppo, all’interno degli uomini e nella vita tra gli uomini. È il male che mette l’uomo contro l’uomo, l’arte contemporanea lo testimonia bene un po’ in tutte le direzioni: dall’aggressività all’assassinio, dal sopruso alla menzogna. In architettura Le Corbusier, Gaudì, Michelucci hanno dato un nuovo impulso alle costruzioni religiose e alle urgenze dei tempi moderni. Così nel mondo della letteratura Greene, Peguy, Jimenez, Merton, Ungaretti, Quasimodo, Luzi, Betocchi, Cattafi, Turoldo, Guidacci, Campo, Testori, Mundula, hanno seguito Dio nella ricerca di soggetti d’impegno sociale. Anche la musica e il cinema hanno trattato tante volte il tema del male, un male profondo, massificato in noi e che porta allo smarrimento della vita e alla ricerca di Dio (Lorenzo Perosi, Goffredo Petrassi, Domenico Bartolucci per la musica sacra; Zeffirelli, Pasolini, Gibson per aver girato memorabili films sulla vita di Cristo).
La politica, caso raro, ha espresso un uomo come Mohandas Gandhi che, nel dominio crudele della ragion di Stato, arrivò ad affermare i suoi ideali eleggendosi portavoce della “non violenza”. Anche un altro uomo straordinario, Martin Luther King, ha lottato contro l’odio e la violenza razziale. L’etica ha dovuto fare i conti con i tempi moderni: Maritain, nel suo “Umanesimo integrale”, relaziona la fede religiosa ai problemi politici, la coscienza religiosa viene, in questo modo, affrontata in rapporto alla vita senza tralasciare i temi drammatici e angosciosi che concernono la condizione esistenziale dell’essere umano.
Nella crisi che ha pervaso tutto il Novecento, gli artisti hanno ricercato quella spiritualità abbattuta proprio nel tema del Cristo e della “Crocifissione”, che diventa così il soggetto sacro più rappresentato. Il Crocifisso è l’archetipo umano e il Volto di Cristo dialoga con l’uomo contemporaneo per dare ancora delle risposte riguardo ai crimini sul pianeta e al male dilagante. La croce diventa documento di vita dolorosa volto a rappresentare, con il tema della “Crocifissione”, i disastri creati dall’uomo e le più assurde atrocità, pensiamo alle due sanguinose guerre mondiali, all’esplosione della bomba atomica, sino ad arrivare alla persecuzione etnica (una per tutte l’antisemitismo).
L’arte si sa vive di fatti e l’artista vive la storia del suo tempo, ma chi è quell’uomo che non vive la cronaca quotidiana? Dopotutto l’artista è un uomo per cui inevitabilmente diventa, con la sua opera, un testimone del suo tempo.
Pablo Picasso nel 1930 dipinge una “Crocifissione” che preannuncia “Guernica”. Picasso con il suo stile cubista rivela come le atrocità della guerra portano solo morte, dolenza e tormento nella vita dell’uomo. La Crocifissione, come “Guernica”, grava sulla sciagura belligerante, divenendo punto di riferimento per parecchi pittori. In Italia Renato Guttuso, con la sua “Crocifissione” di impianto cubista e di vigorosa espressività, ha raccontato le vergogne del Nazismo e della guerra. Nel disegno iniziale dell’opera uno dei carnefici a cavallo, che simboleggia il male, presenta i tratti di Adolf Hitler. In un incontro con Guttuso, Picasso affermava: «Non c’è tema più bello di una crocifissione, tanto è vero che esso è stato affrontato per più di mille anni milioni di volte», probabilmente è quello che ha pensato Guttuso mentre dipingeva la sua Crocifissione, ispirandosi alla “Guernica”, nella quale è chiaro l’accento di denuncia nei confronti del Generale Franco che fece bombardare dall’aviazione tedesca la città basca. Guttuso scrisse nel suo diario: «Questo è tempo di guerra e di massacri: Abissinia, gas, forche, decapitazioni, Spagna, altrove. Voglio dipingere questo supplizio del Cristo come una scena di oggi. Non certo nel senso che Cristo muore ogni giorno sulla croce per i nostri peccati…ma come simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio, per le loro idee». La tela è stata esposta nel ’42 al premio Bergamo, creato da Giuseppe Bottai, suscitando non poche polemiche, ma Bottai lo difese permettendosi di aggiudicarsi il secondo premio.
Già nel Postimpressionismo, Paul Gauguin vedeva l’essere umano circondato dal male: nel tema de “Il Cristo giallo”, che assume i lineamenti facciali dell’artista, l’uomo si colloca in una misura più mistica della vita. Rouault, con il suo “Cristo” esprime gli orrori della guerra con dramma e passione e ciò gli ha permesso di rappresentare episodi della vita di Gesù, inserendovi la possibilità di riscatto e di un futuro di attesa. La sua fede richiama il dramma esistenziale dell’uomo, le 58 tavole su “Il Miserere” ne sono un esempio, per poi arrivare, nel pieno della maturità, al “Cristo in croce” nato in un clima più disteso.
Nel 1907 Egon Schiele dipinge tre crocefissi visti di scorcio, sottolineando la solidarietà nel dolore, per cui la sofferenza di Gesù diventa emblema di tutta l’umanità. Nel 1921 il pittore Emil Nolde affronta il tema della Crocifissione in una serie di tavole dal titolo “Martyrium”.
Eduard Munch, nel suo “Golgota”, si raffigura nudo sulla croce come Cristo, ma attorniato da strani personaggi e maschere che guardano verso lo spettatore come in un’affollata processione paesana di natura devozionale. Paul Delvaux dipinge un esile Cristo, avvolto di luce bianca, che richiama il tema della morte. Oskar Kokoschka, nel 1945, realizza un manifesto per la metropolitana di Londra dal titolo “Cristo aiuta i bambini affamati”. Chagall dipinge una delicata “Crocifissione bianca”, al culmine della sua attività creativa, raffigurando di candido bianco il suo popolo perseguitato, che fugge dalla Sinagoga incendiata in Germania. Ottone Rosai rappresenta un “Uomo crocifisso”, dal chiaro richiamo politico, un operaio in croce con le industrie sullo sfondo, che incarna l’isolamento e gli sconcerti arrecati dalle violenze del XX secolo. Sutherland si dedicò alla pittura religiosa, emblematica la “Crocifissione” del 1946 per la Chiesa di St Matthew a Northampton, traendo ispirazione dai dilemmi di più dolorosa verità con un’energica pennellata così espressionista da trascinare una natura svilita e straziata. Aligi Sassu, con la sua Crocifissione con gli uomini rossi, ricerca, attraverso il colore rosso, il sangue che avviluppa tutta l’iconografia cristiana. Alberto Giacometti, con le sue sculture allungate, segno di sofferenza religiosa e ricerca dell’assoluto, dà vita ad una sua “Crocifissione”. Manzù, nelle formelle in bassorilievo, esprime il tema della Crocifissione intrisa di simboli di guerra e politica.
Tre artisti diversi tra loro legano al tema della Crocifissione la Resurrezione: Fazzini, Guadagnuolo e Vangi e lo fanno in un modo nuovo per l’iconografia cristiana.
Pericle Fazzini realizza nel 1975, per la Sala Nervi in Vaticano, “La Resurrezione”; un’apoteosi scultorea in bronzo di grande impatto scenografico, che unisce la Crocifissione al momento della Resurrezione. Nel 1987 il siciliano Francesco Guadagnuolo realizza una sua “Crocifissione”, nel dramma dell’uomo contemporaneo, che viene presentata a Roma all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, sorprendendo i presenti per aver prodotto una nuova immagine della Crocifissione; grazie a tale opera viene indicato dalla critica come l’interprete del nuovo realismo del dopo Guttuso. Nella “Crocifissione” di Guadagnuolo, Cristo continua a morire in un mondo ancora da salvare. L’artista fa vedere i vizi dell’umanità e i mutamenti dei popoli e dimostra che la classe politica, nonostante le sue insidie, menzogne e fallimenti, sia ancora a governare. Vediamo in quest’opera il nostro pianeta ferito, afflitto dall’ingiustizia, dallo spasimo umano e dalla cosiddetta cultura della morte (terrorismo), piaga nel terzo Millennio. Il tema prevalente in quest’opera è la meditazione sull’inquietudine e la crisi umana dei nostri tempi: l’uomo vive nel dubbio e trovandosi carente di certezze diventa inabile nel dare risposte circa la propria esistenza. Il dolore personale, unendosi allo strazio degli altri uomini, diventa universale. Ci si domanda quale destino sia riservato all’umanità: l’essere umano vive di rinunce, ma viene ancora sorretto da certi valori etici, nell’attesa di un’esistenza più umana. L’uomo riuscirà a dare senso alla propria vita? Questo interrogativo appare in tutta l’opera che è avvolta da un senso metafisico sul mistero della vita, della morte e della Resurrezione. Predomina la figura di Cristo, il cui corpo pare mutarsi in anima avvolta da intensa luce solare, che apre alla redenzione dello spirito.
Nel 1999 Giuliano Vangi modella, con argento, oro, bronzo e nichel, un Crocifisso per il Presbiterio del Duomo di Padova, tributario nell’aspetto alla scienza tecnologica. L’opera manifesta la vittoria della vita sulla morte, la Risurrezione, e lo stesso artista a proposito delle braccia dice: “Spalancate non nel supplizio, ma piuttosto in quest’abbraccio redentivo per l’intera umanità”.

Una nota sestina di valenti studiosi, Monsignori dell’Arte del Vaticano del ’900, ha dedicato moltissimi studi, saggi e pubblicazioni all’arte sacra e al Crocifisso: Giuseppe De Luca, Giovanni Fallani, Ennio Francia, Pasquale Macchi, Sante Montanaro, Pietro Garlato cui va il merito di essere stati i pionieri dell’arte moderna e contemporanea nella Chiesa, con una mente aperta che spesso sconvolgeva i più conservatori. Tra i Pontefici del ‘900, Paolo VI aveva intuito l’importanza dell’arte contemporanea e della vicinanza con gli artisti così utili per la grandezza e il cammino della Fede cristiana.
Con questa indagine artistica abbiamo voluto indicare come il tema del sacro e della sofferenza avvicina tutti. Il Crocifisso rimane il tema principale dell’intera iconografia cristiana e nel secolo appena trascorso costituisce una forza estetica non comune nell’atto di fronteggiare il male. Il Volto di Cristo da sempre nella storia ha rappresentato la libertà, e per popoli ancora bisognosi, come quello africano, indiano e palestinese e del sud dei vari continenti, esclusi da una vita dignitosa, il Cristo è sempre più vicino alla condizione dell’uomo d’oggi e alla sua immagine che incarna la lotta per la dignità umana, la difesa dei principi di libertà e dei diritti umani». (Renato Mammucari – Storico dell’Arte)

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