Vento a Tindari di Salvatore Quasimodo Analisi del testo

Vento a Tindari è la poesia che Salvatore Quasimodo dedica alla terra natale ormai lontana. Infatti la lirica, che fa parte della raccolta “ Acque e terre”, è un canto di nostalgia e di amore per la Sicilia.
Vento a Tindari di Salvatore Quasimodo Parafrasi
Tindari, sei mite e sospesa fra i colli e le acque delle Eolie, sacre ad Eolo; oggi mi assali e mi prendi il cuore. Salgo su scogli alti, mentre ascolto il vento che smuove i pini, e la mia comitiva si allontana come un’onda di affetto e di suoni.
Tu, che io ho dovuto lasciare con dolore, mi conquisti come le cose oscure ed il silenzi e sento morire l’anima. Tu non conosci la terra, dove io affondo e compongo poesie segrete; di notte sei illuminata da una luce diversa; e la gioia, che non mi appartiene, fa parte di te. L’esilio è un’esperienza dura e la ricerca dell’armonia per me è un desiderio forte di morte. Ogni amore è uno schermo che allevia la tristezza e cammino nel buio per trovare il lavoro.
Tindari, ritorna serena; un amico gentile mi toglie dai miei turbamenti per farmi sporgere da una roccia che tocca il cielo. Io fingo di avere paura davanti a loro che non sanno che la malinconia mi aveva scosso nel profondo.
Significato ed analisi
Salvatore Quasimodo è nato a Modica, in Sicilia, nel 1901. Intraprende studi tecnici e frequenta la facoltà di ingegneria di Milano. Nel frattempo coltiva la passione per la letteratura ed i classici latini e greci.
Ottiene nel 1941, presso il conservatorio di Milano, la cattedra di Italiano. Nel 1959 vince il premio Nobel che, in molti, hanno ritenuto immeritato. Il poeta muore a Napoli nel 1968.
La sua poetica è influenzata prima dal panismo prima e poi dall’ermetismo.
La lirica è ambientata in provincia di Messina, a Tindari. La località si affaccia sul Golfo di Patti, nel Mar Tirreno dove si trovano le Isole Eolie, conosciute anche come Lipari.
Il poeta si trova con alcuni amici in gita a Tindari. Mentre la compagnia si allontana, lui sale su alcune rocce e immagina di dialogare con la sua terra. Esprime tutta la sua amarezza per la lontananza, che definisce esilio, e per essersi dovuto allontanare forzatamente. Lo scrittore allude al fatto che per lavorare si è dovuto trasferire al Nord Italia, lasciando la Sicilia. Ora, non sente più la gioia ma soltanto l’ansia di una morte precoce.
Il linguaggio scelto comunica tristezza, solitudine e malinconia.