Negli anni, durante la preparazione degli stadi e delle infrastrutture per il Mondiale, sono state tante le segnalazioni di violazioni dei diritti umani.
Anche recentemente, Amensty International è tornata a denunciare la poca importanza che Fifa, ente organizzatore dei Mondiali di calcio, e il Qatar, nazione ospitante l’edizione 2022, hanno dato in questi anni al rispetto dei diritti umani. La costruzione dei nuovissimi stadi in vista della manifestazione, iniziata più di 6 anni fa, è stata fin da subito accompagnata da segnalazioni di violazioni dei diritti umani nei confronti dei lavoratori, quasi tutti stranieri, che si sono occupati di portare avanti i lavori.
Delle cattedrali (letteralmente) nel deserto costruite grazie allo sfruttamento di lavoratori stranieri: cosa è successo in questi anni preparatori del Mondiale in Qatar 2022?
Lo stadio Khalifa di Doha
Già a marzo 2016 Amnesty International pubblicò un dettagliato report in cui raccoglieva le testimonianze di 132 lavoratori immigrati impegnati nei lavori di ristrutturazione del Khalifa International Stadium. Questo stadio, tra gli otto che ospiteranno le 64 gare del torneo, è insieme con l’Ahmed bin Ali l’unico preesistente e solo rimaneggiato.
Nel suo report, Amnesty mostra come questi lavoratori, reclutati in maniera ingannevole da paesi asiatici in via di sviluppo (Bangladesh, India, Nepal), abbiano affrontato condizioni lavorative inaccettabili. Molti hanno denunciato di aver ricevuto paghe molto inferiori a quelle promesse, di essere stati stipati in alloggi sovraffollati e costretti a turni estenuanti nelle difficili condizioni climatiche del Qatar.
A tutto ciò si aggiunge il fatto che non fosse concesso lasciare il lavoro e tornare in patria, con la minaccia di vedersi ritirare il passaporto e di finire in carcere come clandestini. In Qatar, infatti, vige il sistema kafala: il lavoratore migrante non può cambiare lavoro o lasciare il paese senza il permesso del datore di lavoro, che lo “controlla” in qualità di sponsor che lo accoglie. Del resto, l’85% degli abitanti in Qatar sono lavoratori immigrati.
I diritti umani in Qatar
Ma il problema dei diritti umani in Qatar non si ferma al solo sfruttamento di lavoratori immigrati. Come in molte nazioni islamiche, anche il Qatar presenta (per usare un eufemismo) diverse criticità a livello di rispetto dei diritti delle donne e della comunità LGBTQ+.
In Qatar, infatti, vige la legge della Sharia, che prevede un ruolo secondario e sottomesso della donna, cui sono riconosciuti meno diritti rispetto all’uomo, e punizioni severe nei confronti degli omosessuali.
Bisogna dire che negli ultimi decenni il Qatar sta lentamente migliorando sotto l’aspetto della garanzia dei diritti umani, ma ancora molta strada è da fare.
Richieste di risarcimento e contro-accuse
A maggio 2022 Amnesty ha chiesto alla Fifa e al Qatar, alla luce delle testimonianze sulle violazioni dei diritti umani, un mega-risarcimento a favore dei lavoratori sfruttati durante i lavori per i Mondiali 2022. Ben 440 milioni di dollari, per risarcire le centinaia di migliaia di lavoratori stranieri sfruttati dal 2010 nei cantieri di Qatar 2022.
Da parte del Qatar, naturalmente, sono arrivate contro-accuse di ipocrisia e di avanzare critiche dopo aver taciuto o addirittura appoggiato l’allestimento delle strutture del Mondiale 2022. Un esempio recente di questa dialettica ha coinvolto la Danimarca.
Di certo anche i paesi occidentali non si possono dire estranei allo sfruttamento del lavoro e al mancato rispetto dei diritti umani. Ma il problema di fondo è che per mera opportunità economica si sia deciso di tenere i Mondiali di calcio proprio in un Paese con simili criticità.