In occasione del bicentenario di Giuseppe Verdi è stata ricostruita la copia fortemente lacunosa di Giuseppe Verdi nella vita e nella gloria, film di Giuseppe De Liguoro realizzato un secolo fa per il primo centenario del grande compositore italiano.
Il lavoro si è svolto sulla base di una copia conservata in Cineteca Nazionale. Si deve invece ad una collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino il lavoro su I promessi sposi di Eleuterio Rodolfi, su riduzione e sceneggiatura di Arrigo Frusta, anch’esso del 1913, importante produzione della Ambrosio di Torino (si ringrazia il Museo Nazionale del Cinema anche per la foto di scena originale qui pubblicata, appartenente al prologo del film, andato perduto). Questa pellicola è l’unico esemplare supersite delle molte trasposizioni primo novecentesche da Manzoni. Terzo restauro presentato è Il gallo nel pollaio, del 1916, diretto da Enrico Guazzoni per la Palatino Film, in collaborazione con la Società Italiana Cines. Il restauro è avvenuto in collaborazione con la Fondazione De Filippo su una pellicola in edizione norvegese ritrovata presso la National Library of Norway di Oslo. La Palatino Film nasceva grazie ad una collaborazione tra Guazzoni e Vincenzo Scarpetta – figlio del noto commediografo partenopeo Eduardo Scarpetta. Il gallo nel pollaio rappresenta un importante documento, sia sul piano della scrittura che della recitazione della tradizione scarpettiana.
GIUSEPPE VERDI NELLA VITA E NELLA GLORIA (Italia 1913)
Regia: Giuseppe De Liguoro, Labor Films, Milano; lunghezza originale: 2000m; lunghezza attuale copia: 585m.; durata: 32 min a 16 fps; didascalie in italiano. Copia 35mm appartente alla Cineteca Nazionale, Roma
Nel 1913, in occasione del centenario della nascita di Giuseppe Verdi, Giuseppe De Liguoro, grande nome del cinema italiano, decise di realizzare un’ambiziosa biografia nei veri luoghi verdiani. Cent’anni dopo del film rimangono dei frammenti. La Cineteca Nazionale presenta alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone un’ipotesi di ricostruzione del film in versione italiana. Il lavoro si è in basato su un rullo nitrato conservato negli archivi della Cineteca, dei frammenti restaurati dalla Cineteca del Friuli, e su foto e testi d’epoca, tratti dal programma di sala del film. Un lavoro di filologia su un titolo dimenticato del nostro cinema.
I PROMESSI SPOSI (Eleuterio Rodolfi, S. A. Ambrosio, Torino, Italia, 1913).
Riduzione e sceneggiatura: Arrigo Frusta, dal romanzo diAlessandro Manzoni, 1842;personaggi e interpreti: Gigetta Morano (Lucia Mondella), Mario Voller Buzzi (Renzo Tramaglino), Umberto Scalpellini (Don Abbondio), Eugenia Tettoni (la monaca di Monza), Antonio Grisanti (l’Innominato), Luigi Chiesa (Don Rodrigo), Ersilia Scalpellini (Agnese), Bianca Schinini (Perpetua), [Carlo Campogalliani (Griso), n.c.], Edoardo Rivalta (Cardinale Borromeo), Vitale De Stefano (Attilio), Filippo Costamagna (Tonio), Ubaldo Stefani (Bortolo), Anna Crosetti (bimbo di Tonio), Cesare Zocchi, Rina Albry, Giulietta De Riso, Lia Negro. Si ringrazia Gianna Chiapello per l’identificazione di alcuni interpreti; visto di censura: n. 583 del 1.12.1913;lunghezza originale: 1587/1800 metri; prima proiezione: Lido di Venezia, settembre 1913.
L’adattamento de I promessi sposi realizzato dalla Ambrosio fa parte della serie speciale identificata dall’etichetta come “Serie d’Oro” e ha come punti di forza il collaudato sodalizio artistico del regista con l’attrice Gigetta Morano e l’abile penna del direttore dell’Ufficio Soggetti della casa torinese, Arrigo Frusta. La trasposizione filmica della Ambrosio, unica giunta sino a noi tra gli adattamenti d’inizio Novecento, è ora visibile grazie al restauro realizzato in collaborazione da CSC – Cineteca Nazionale e Museo Nazionale del Cinema di Torino. Il recupero è partito dall’unica copia nitrato, fortemente compromessa dal decadimento e incompleta. Il restauro restituisce un film di un valore in parte insospettato; particolarmente forti le scene della rivolta per il pane, e intensa e toccante la parte finale, in cui Renzo si aggira in una Milano devastata dalla peste, drammaticamente simile a un girone dantesco. Il lieto fine è seguito da un curioso epilogo a sorpresa, in cui i personaggi rendono omaggio al loro creatore.
IL GALLO NEL POLLAIO (Palatino Film, Roma, IT 1916)
Regia: Enrico Guazzoni; soggett e sceneggiatura: Vincenzo Scarpetta; personaggi e interpreti: Vincenzo Scarpetta (Vincenzo), Elvira Radaelli (cugina Betta), Giuseppe Gambardella (un passante), Lorenzo Soderini (?); data v.c: 21.12.1916 (no.12304); lunghezza originale: 700 m.; 35mm, 594 m., 30’14” (18 fps), col. (imbibito/tinted); fonte copia/print source: Cineteca Nazionale, Roma.
Didascalie in italiano / Italian intertitles.
Copia restaurata in versione italiana nel 2012 dalla Cineteca Nazionale in collaborazione con Fondazione De Filippo su pellicola poliestere da copia nitrata in edizione norvegese imbibita (636 m.) ritrovata presso la National Library of Norway di Oslo. A Pordenone la proiezione del film sarà accompagnata da alcuni brani musicali composti da Vincenzo Scarpetta, messi a disposizione da sua nipote Mariolina Scarpetta. Le canzoni: Canzona Spruceta, Nu Mistero, Piripignoccola, Senza Core, sono state inviate al maestro Antonio Coppola che le ha assemblate in una colonna per il film.
Il film è una delle prime produzioni della nuova società Palatino Film costituita da Enrico Guazzoni nel 1915 con la collaborazione della Società Italiana Cines. Il gallo nel pollaio doveva essere il primo episodio di una serie nata dalla collaborazione fra Guazzoni e l’attore Vincenzo Scarpetta (figlio del noto commediografo partenopeo Eduardo), annunciata fin dal 1914 ma che poi sarà interrotta dopo il secondo film, Scarpetta e l’americana, girato nello stesso ’15 ma che uscirà nel ’18. Scarpetta, oltre che l’attore protagonista, è probabilmente anche l’autore del soggetto e della sceneggiatura che riprende la tradizione teatrale della commedia leggera di gusto francese, condita da propensioni al grottesco e dall’istrionismo di Scarpetta. Un film guidato da Guazzoni con il giusto ritmo verso la sua scontata conclusione. Non sembra che la chiarezza del racconto abbia risentito della perdita di circa cento metri che la copia ritrovata registra rispetto all’originale. Il lavoro di restauro, nel quale le didascalie in norvegese sono state tradotte in italiano cercando di rispettare il font originale, restituisce alla copia attuale anche le perdute colorazioni.
Susanna Zirizzotti
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